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Nanga Parbat. Intervista a Orso Tosco

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Questa settimana, per Le Tre Domande del Libraio, incontriamo lo scrittore ligure Orso Tosco. Lo avevano lasciato lo scorso anno alle prese con un romanzo pirotecnico come “London voodoo” che faceva seguito all’altrettanto avvincente “Aspettando i Naufraghi”, entrambi usciti per minimum fax rispettivamente nel 2022 e nel 2018. Lo ritroviamo alle prese con la grande montagna in un libro che racconta la storia delle ascese tentate sul Nanga Parbat, le ossessioni, i sacrifici e le morti sul più maledetto degli 8000 metri. Il primo libro pubblicato da 66thand2nd a inizio 2023, dal titolo “Nanga Parbat. L’ossessione e la montagna nuda”, è stato parecchio venduto tra i lettori in libreria e soprattutto molto apprezzato dai nostri amici alpinisti,  che in una libreria di viaggio come i Diari di bordo sono particolarmente attenti e competenti.

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Orso, ci vuoi spiegare, entrando nel dettaglio, il tuo percorso nella scrittura e come è nata l’idea e come sei arrivato poi a 66thand2nd a pubblicare un libro che parla di montagne e alpinismo,  per te che arrivi dal mare della riviera ligure?

Buongiorno Antonello  e buongiorno alle amiche e agli amici in lettura. Nanga Parbat è un libro a cui sono arrivato mosso dal desiderio di tentare un percorso radicalmente diverso rispetto al mio romanzo precedente, London voodoo. Se infatti la Londra che ho descritto era volutamente trasfigurata, sovraccaricata e distorta, alla base c’era in ogni caso un forte legame personale con una città che considererò sempre la mia seconda casa. E visto che anche Aspettando i Naufraghi era legato ai miei luoghi, quelli dell’infanzia, quelli a cui sono tornato dopo il decennio londinese, ho pensato che potesse essere salutare un tentativo di esplorare zone nuove, le più lontane possibili, zone in apparenza aliene: e cosa c’è di più distante e alieno di un ottomila per uno che, giustamente lo sottolinei anche tu, arriva dal mare e non è manco riuscito a diventare marinaio? Però così facendo mi rendo conto di non risponderti pienamente. Perché di luoghi distanti e alieni ce ne sono molti. E allora perché proprio il Nanga Parbat? La ragione va trovata in due dei protagonisti del mio libro: Daniele Nardi e Tom Ballard. Nelle loro caratteristiche così diverse, quasi opposte, mi è parso di trovare qualcosa, un appiglio in grado di farmi superare la mia scarsa dimestichezza con il loro mondo. Da un parte l’outsider, uno che ha iniziato tardi, e dall’altra il figlio di una grande alpinista, uno che ha iniziato ancora prima di nascere, e nel mezzo la roccia, i ghiacci e le scelte, scelte estreme, persino più affilate delle pietre in caduta libera. Di fronte a un coraggio che spesso agli occhi di noi profani può assomigliare quasi a sconsideratezza, ho finito col trovare un po’ di coraggio anch’io. E subito dopo, leggendo, mi sono imbattuto in un gran numero di storie meravigliose, tutte legate indissolubilmente al Nanga Parbat.

Ci racconti qualcosa in più su questo libro portandoci nel dietro le quinte della lavorazione, in quella che è stata l’officina di lavorazione al linguaggio in un libro tanto diverso dai precedenti e che, poi, ha portato ad avere questa voce facilmente riconoscibile che abbiamo ascoltato in Nanga Parbat?

Io credo che ogni storia abbia il desiderio di essere raccontata con la propria voce, il problema è che ci sono pochi, pochissimi scrittori in grado di possedere e utilizzare una varietà di registri adeguata, e io non sono uno di quelli. Però sono fedele al motto dei marinai quando dicono che il mare fa quel che vuole, e noi quel che possiamo. E riguardo allo stile che ho cercato di adottare per Nanga Parbat, sapevo sin dal principio che sarebbe stato radicalmente diverso rispetto a quello di London voodoo. Quest’ultimo era un noir molto urbano, caratterizzato da un ritmo ossessivo e percussivo, uno stile che non avrebbe mai funzionato con le storie che ho raccolto per tentare di tratteggiare un ritratto dell’Ottomila pachistano: in questo caso avevo bisogno di una struttura solida ma al tempo stesso misteriosa, leggermente sfumata e minacciosa come certi i sogni, e all’interno o nei paraggi di questa struttura sapevo di dover ricreare una sorta di chiaroscuro in grado di restituire il senso di spossatezza e maraviglia che caratterizza gli alpinisti chiamati a imprese che potremmo definire sovrumane. Spossatezza, meraviglia, luce accecante e buio assoluto, gelo e felicità suprema. Approcciando una gamma di sensazioni tanto ampia, non potevo che chiedere aiuto a poeti, artisti e pensatori di grandezza assoluta, le loro parti a rileggerle adesso, mi sembra che assomiglino ai ponti temporanei che gli alpinisti creano per superare quelle porzioni di vuoto che oltrepassano le loro possibilità fisiche. Allo stesso, ogniqualvolta mi sono trovato dinanzi a un punto, a uno spazio mentale che superava le mie possibilità fisiche, mi sono rivolto a loro, alle loro intuizioni, alla loro capacità di farsi strada nell’ignoto.

Arriviamo alla trama… i nostri lettori di Satisfiction sono abituati in questo spazio settimanale a cercare stimoli e suggestioni capaci di invogliarli alla lettura. Una montagna che incanta e uccide. L’ossessione per la conquista del Nanga Parbat, l’Ottomila chiamato la mangiauomini. Ci esponi al meglio, e fin dove è possibile, la storia che anima questa narrazione, soffermandoti su quelli che sono i principali attori che la movimentano?

Non c’è bisogno della montagna per conoscere l’ossessione, tanto meno di un ottomila così isolato, così dichiaratamente inaccessibile. Ma io credo che chi avrà voglia di addentrarsi tra queste pagine, avvertirà la netta sensazione di come, seguendo le vicende di chi si è innamorato del Nanga Parbat, sia possibile ritrovare una parte importante di noi stessi: quella che si nutre ed è costantemente alla ricerca di un certo tipo d’intensità, quella che ci spinge a trovare coraggio dove sembra mancare, una parte che ci attrae e ci spaventa perché ne avvertiamo tutto il potere, e sappiamo bene che potrebbe condurci tanto verso il raggiungimento dei nostri sogni più remoti quanto alla rovina. Ripercorrendo le epoche che segnano questa narrazione, da Mummery, figlio agiato della Rivoluzione industriale, passando per le guerre mondiali, gli anni settanta, sino a giungere ai nostri giorni, mi sono reso conto che in ognuna di questa storie, per quanto incredibili, estreme e apparentemente irraggiungibili, vi fosse sempre una parte di me, di noi.

Vi auguriamo una buona Lettura del Libro “Nanga Parbat. L’ossessione e la montagna nuda ”

Antonello Saiz

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