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Natalie Clifford Barney inedita. Poems & poemes: autres alliances

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Rinuncia: eroismo della mediocrità

(Le renoncement: héroïsme de la médiocrité.)

(Pensées d’une Amazone, Émile-Paul, 1920)

Natalie Clifford Barney nacque a Dayton, in Ohio, il 31 ottobre del 1876, da una famiglia incredibilmente ricca. Il padre, Albert Clifford Barney, era un ricchissimo imprenditore dell’industria ferroviaria, presidente della Barney Railroad Car Foundry, figlio di un facoltoso produttore di vagoni ferroviari.

La madre, Alice Pike Barney, di origini ebraiche, fu un’affermata ritrattista. Aveva abbandonato la pittura dopo il suo matrimonio, ma nel 1882, in seguito a un incontro casuale con Oscar Wilde presso il Long Beach Hotel di New York, dove lo scrittore si trovava per una delle sue conferenze americane, Alice fu persuasa, proprio da Wilde, a riprendere a dedicarsi alla pittura, arrivando più tardi ad esporre i propri dipinti anche allo Smithsonian American Art Museum di Washington DC.

Alice decorò con illustrazioni ad acquerello il primo chapbook di poesia: Quelques Portraits-Sonnets de Femmes di Natalie. Il libretto fu pubblicato nel 1900 in 500 copie dalla Librerie Paul Ollendorf, quando Natalie si era trasferita a Parigi. Le poesie erano dedicate a 5 figure femminili, 4 delle quali erano state amanti di Natalie. Il tema del lesbismo causò un tale scandalo, anche negli Stati Uniti, da indurre il padre a recarsi a Parigi per comprare e distruggere tutte le copie del libretto e le lastre utilizzate per la stampa. Natalie continuò a scrivere utilizzando lo pseudonimo di Tryphé fino alla morte del padre, avvenuta nel 1902, dopodiché riprese a firmare gli scritti con il proprio nome.

A dieci anni si trasferì con la famiglia dall’Ohio a Scott Circle, nell’area di Washington D.C.

Fin da bambina dimostrò propensione ad apprendere la lingua francese. La governante le leggeva i romanzi di Jules Verne in lingua originale. Ugualmente dimostrò un carattere ribelle e un forte senso di sé. Fu consapevole di essere attratta dall’universo femminile già all’età di 12 anni. La sua prima esperienza amorosa la ebbe all’età di 17 anni, quando conobbe, presso il suo cottage estivo di Bar Harbor, nel Maine, una ragazza di nome Eva Palmer, con la quale rimase amica per molto tempo. Qualche anno dopo, entrambe si sarebbero trasferite a Neuilly, in Francia. Natalie ed Eva condividevano gli stessi interessi per la letteratura, il teatro, la poesia greca e l’equitazione.

Eva diede prova di lealtà nei confronti di Natalie quando, durante un breve soggiorno a Londra, le fu offerto di unirsi alla compagnia teatrale di Mrs. Patrick Campbell, ovvero di Beatrice Rose Stella Tanner, ma a condizione che si dissociasse pubblicamente da Natalie, sempre al centro di intrigues d’amour. Anche se l’offerta era molto allettante e avrebbe potuto coronare i suoi sforzi artistici, Eva rifiutò la proposta per non perdere l’affetto dell’amica.

Natalie definì Eva Palmer una vergine medioevale, per la straordinaria bellezza e i lunghissimi capelli rossi.

In Francia, Natalie frequentò, con la sorella, Laura, il collegio Les Ruches, a Fontainebleau, fondato dall’educatrice femminista, Marie Souvestre.

Per tutta la vita fu accompagnata da una grande fama di tombeuse des femmes e di grande salonnière.

Nel 1899, conobbe, a Parigi, Liane de Pougy, scrittrice, ballerina e cortigiana, originaria della Valle della Loira, figura tra le più affascinanti e chiacchierate della Belle Époque. Liane de

Pougy era apertamente bisessuale e aveva divorziato, qualche anno prima, da un tenente di vascello, uomo crudele e violento. Un giorno Natalie si presentò alla sua residenza, vestita da paggio fiorentino, affermando di essere una messaggera d’amore inviata da Saffo.

Con la sfrontatezza dei suoi giovani anni, riuscì a conquistare ciò che quasi non osava sperare. La relazione amorosa durò meno di un anno, ma lunga abbastanza da provocare un grande scandalo nelle cronache mondane parigine. In seguito, Liane de Pougy, narrò la loro storia nella novella autobiografica Idylle Saphique, pubblicata a Parigi nel 1901.

Nel 2019, l’editore Gallimard ha pubblicato ben 172 lettere inedite di Natalie e di Liane de Pougy, in cui si narrano le tappe di questo breve ma intenso innamoramento.

Intorno agli inizi del 1900, dopo la fine della relazione con Liane de Pougy, Natalie conobbe Renée Vivien, poetessa di origini britannica, trasferitasi in Francia ancora giovanissima. Con lei, in occasione di un viaggio in Grecia, Natalie aveva in progetto di fondare, senza poi riuscirvi, una colonia neo-saffica sull’isola di Lesbo, per solo donne dedite alla poesia.

La relazione durò, tra alti e bassi, pressoché fino alla morte di Renée Vivien, avvenuta nel 1909, per una grave pleurite.

Nel periodo in cui conobbe Renée Vivien, Natalie aveva letto e approfondito Opals, la raccolta poetica d’esordio di Olive Custance, pubblicata originariamente nel 1897. Per i temi lesbici trattati, Natalie iniziò una fitta corrispondenza con la poetessa inglese. Nel 1901, le due si incontrarono in casa di Renée Vivien, dove diedero vita a un ménage à trois.

Sia Natalie che Renée Vivien, successivamente, narrarono nei loro scritti, ciascuna, la loro breve storia intrattenuta con Olive Custance, la quale tornata in Inghilterra, l’anno successivo, si unì in matrimonio al poeta, Bosie Douglas, noto per essere stato amante di Oscar Wilde. Natalie fu investita del ruolo di madrina del loro unico figlio, Raymond Wilfred Sholto Douglas, nato alla fine di quello stesso anno.

Nel 1902, dopo la morte del padre avvenuta per gravi scompensi cardiaci ed alcolismo, Natalie e Laura ereditarono una fabuleuse fortune, in milioni di dollari.

Circa dieci anni dopo, nel 1911, la madre, Alice, che, agli inizi del 1900, si era convertita alla fede Bahá’í, come la figlia Laura, convola a nozze con il figlio dell’ambasciatore statunitense in Svizzera, più giovane di una ventina d’anni. I due resteranno insieme per 9 anni, divorziando nel 1920.

Nella primavera del 1909 Natalie fa la conoscenza di Elizabeth de Gramont, duchessa di Clermont-Tonnerre, diretta discendente di Enrico IV, nota anche con l’appellativo di “duchessa rossa” per il suo sostegno al socialismo che la spinse anche a compiere un lungo viaggio in Unione Sovietica, nel 1932. Con Elisabeth de Gramont, Natalie, intraprese una lunga relazione che durò fino alla morte della duchessa, avvenuta nel 1954. Incominciato clandestinamente, l’intrigo amoroso venne scoperto dal marito della duchessa, il generale e nobile, Aimé Marie Gaspard de Clermont-Tonnerre, che pretese il divorzio nel 1920. Sia pure non praticando la monogamia, le due compagne redigerono un vero e proprio contratto di matrimonio, nel 1918, che avrebbero dovuto onorare, nello spirito, fino alla morte, annoverando, tra le altre cose, la data del loro anniversario, fissata il 1° maggio del 1910.

Il 1909 fu anche l’anno in cui, al 29 di rue Jacob, nel Quartiere Latino, sulla rive gauche di Parigi, Natalie riprese ad organizzare incontri ed eventi, ogni venerdì, con artisti e intellettuali.

Nel pavillon interno della sua abitazione fece costruire un piccolo tempio greco, che battezzò: Temple de l’Amitié, dedicato all’Amicizia. Qui si radunò in breve tempo un pubblico sempre più vasto ed eterogeneo di personalità eccentriche, non solo lesbiche e femministe, ma anche la crème de la crème di intellettuali, artisti e personaggi del jet set dell’epoca. Durante gli incontri in rue Jacob si discuteva di arte, musica, letteratura, si mettevano in scena spettacoli teatrali e si dibatteva di qualsiasi altro argomento fosse ritenuto di interesse.

Prima di inaugurare a Parigi questo Salon letterario, come venne definito, gli incontri avvenivano regolarmente a Neuilly, già dagli inizi del 1900. Da qui, però, Natalie dovette trasferirsi quando il proprietario dello stabile non volle più rinnovarle la locazione, a causa delle innumerevoli rappresentazioni teatrali, che organizzava al suo domicilio, allestite, spesso, in onore di Saffo, ritenute troppo licenziose.

Sebbene abbia ospitato alcuni dei più importanti scrittori del suo tempo, Natalie si sforzò di mettere in luce soprattutto le figure femminili e la loro arte. Nel 1927 creò l’Académie des Femmes in contrapposizione a quella maschile, da cui le donne erano estromesse, per dare la possibilità ad artisti di sesso femminile di promuovere la loro scrittura e, in generale, di potersi esprime in qualunque forma d’arte.

Il salotto letterario di Natalie fu frequentato da tutte le più grandi personalità artistiche. Gli incontri erano anche un mezzo di collaborazione con artisti di varie nazionalità. Natalie sosteneva l’idea che scrittori francesi, americani e britannici dovessero conoscersi e tradursi a vicenda le rispettive opere. Furono frequentatori del Salon: Lucie Delarue-Mardrus e Colette, (con le quali Natalie ebbe anche una relazione), Ezra Pound, Anatole France, Paul Morand, Pierre Louÿs, Vita Sackville-West, James Joyce, Milosz, Paul Valéry, Hemingway, Max Jacob, Gertrude Stein, T.S. Eliot, Djuna Barnes, Proust, Truman Capote, F. Scott Fitzgerald, Mata Hari, Sinclair Lewis, Greta Garbo, Radclyffe Hall, Marguerite Yourcenar e tanti altri.

Dalla sua biografia, pubblicata nel 1992, intitolata: Chère Natalie Barney: portrait d’une séductrice”, scritta dal giornalista francese, Jean Chalon, scelto da Natalie come suo confidente, si riporta uno stralcio di una lettera, indirizzata a Natalie, di Marguerite Yourcenar, il 29 luglio 1963, nella quale la scrittrice, ripensando agli anni della Belle Époque, scrive: “Mi sono detta che hai avuto la fortuna di vivere in un’epoca in cui la nozione di piacere rimaneva una nozione civilizzante (oggi non lo è più)”.

Il poeta e scrittore Remy de Gourmont, caro amico di Natalie, scrisse per lei Lettres à l’Amazone, nel 1914, e Lettres intimes à l’Amazone, rendendola celebre con l’appellativo: “L’Amazzone di Remy de Gourmont”, frase incisa anche sulla lapide di Natalie, nel cimitero parigino di Passy. Il nome “Amazzone” venne coniato dallo scrittore per l’abitudine di Natalie di montare a cavallo senza sella, come una guerriera amazzone.

Natalie esercitò innegabilmente una notevole influenza su molte scrittrici del suo tempo ed è considerata un punto di riferimento del movimento femminista del XX secolo.

Lucie Delarue-Mardrus si ispirò a lei nel plasmare la figura di Laurette Wells, uno dei personaggi del romanzo: L’Ange et les Pervers del 1930; oltre a ciò, la sua raccolta poetica: Nos Secrètes Amours fu ispirata alla storia sentimentale intrattenuta con Natalie. Colette la identificò nel personaggio di Miss Flossie in Claudine s’en va, del 1903; quarto e ultimo romanzo incentrato sulla fortunata serie del personaggio omonimo. Renée Vivien si rivolse a lei nel romanzo autobiografico Une femme m’apparut, del 1904. Djuna Barnes la concepì nella figura di Dame Evangeline Musset, nel romanzo Ladies Almanack, del 1928. Radclyff Hall la ritrasse in Valérie Seymour nel suo più noto romanzo: The well of loneliness, del 1928. La poetessa Marina Cvetaeva le dedicò Lettre à l’Amazone, del 1932, composta durante il periodo in cui soggiornò in Francia, in risposta alle riflessioni stimolate dalla lettura di Pensées d’une Amazone, scritto da Natalie, nel 1920.

Il Salon fu attivo per oltre 60 anni e fu al centro della vita parigina per tutto il periodo che attraversò le due guerre.

Chiuse temporaneamente durante la Seconda Guerra Mondiale, quando Natalie si trasferì a Firenze con la compagna, Romaine Brooks, ma, fatto ritorno a Parigi, nel 1947, riprese a organizzare i consueti incontri settimanali.

Le sue posizioni sulla guerra furono originariamente discordanti: accusava gli Alleati di invasione e assumeva posizioni nazionalistiche; al contempo subì controlli da parte della polizia fascista, nel periodo in cui si trovava a Firenze, per la sua discendenza ebraica, riuscendo a scampare all’arresto solo quando la sorella le fece recapitare un certificato autenticato di cresima. Riuscì, oltretutto, a mettere in salvo una coppia di ebrei, facendoli imbarcare su una nave per l’America. Alla fine della guerra riconobbe, comunque, agli Alleati il ruolo di liberatori.

La relazione tra Natalie e Romaine Brooke fu sempre piuttosto aperta e si perdonavano spesso incontri occasionali da parte di entrambe. La gelosia di Romaine Brooke si manifestava solo quando avvertiva che una frequentazione si sarebbe potuta trasformare in un rapporto più serio e perciò minaccioso per la loro relazione, come accadde quando Natalie si legò a Dolly Wilde, ultima nipote di Oscar Wilde, la quale a volte si fermava da Natalie, anche per intere settimane.

Dolly Wilde era completamente dipendente da eroina e alcool, e Natalie cercava di aiutarla, finanziandole periodicamente trattamenti di disintossicazione. Romaine Brooke esasperata per quella morbosa frequentazione rivolse alla compagna un ultimatum e ottenne in questo modo l’allontanamento di Dolly Wilde.

In generale, a Romaine Brooke non piaceva il ménage che conduceva Natalie, sempre circondata da persone e al centro dell’attenzione; non le piacevano i suoi amici e non aveva doti di grande intrattenitrice, come quelle di Natalie. Per di più, spesso era in viaggio per l’Europa, e, a differenza della compagna, quando ritornava amava stare in solitudine.

Per soddisfare questo bisogno di riservatezza, di comune accordo si fecero costruire una residenza estiva composta da due ali separate unite da una sala da pranzo, che chiamarono Villa Trait d’Union (villa con il trattino).

Insieme a Romaine Brooks, Natalie restò per buona parte della sua vita, fino a quando un pomeriggio d’inverno del 1957 incontrò su una panchina della Promenade des Anglais, Janine Lahovary, moglie di un ambasciatore rumeno, quando ormai Natalie era ottantenne, mentre Janine Lahovary era pressappoco di 25 anni più giovane.

Alla morte dell’ambasciatore, nel 1963, Janine Lahovary dalla Svizzera si trasferì a Parigi per andare a vivere con Natalie. Restarono insieme fino alla morte di Natalie, il 2 febbraio del 1972. Janine Lahovary morì l’anno successivo.

Benché soffrisse negli ultimi anni di attacchi di paranoie e depressione, morì, all’età di 95 anni, per insufficienza cardiaca, proprio in quella stessa casa parigina che era stata il luogo di uno dei più importanti e longevi salotti letterari del XX secolo.

Durante i suoi ultimi anni la sua figura cadde progressivamente nell’ombra. Tuttavia, fu riscoperta a partire dagli anni 90’ quando furono tradotte alcune opere in inglese.

Scrisse quasi tutta la sua opera in lingua francese, ad eccezione del romanzo: The One Who Is Legion, pubblicato nel 1930, e della raccolta poetica: Poems & poemes: autres alliances, pubblicata nel 1920, in cui, però, solo una sezione fu scritta in inglese, mentre l’altra sezione, fu scritta in francese.

Nel 1974 l’artista Judy Chicago le assegnò un posto nell’opera artistica femminista, intitolata: The Dinner Party, una installazione composta da 39 posti apparecchiati disposti lungo una mensa a forma di triangolo equilatero di circa 15 metri per lato. I 3 lati, costituiscono gli archi temporali che vanno: dalla Preistoria all’Impero Romano; dalla nascita del Cristianesimo alla Riforma; dalla Rivoluzione Americana al Femminismo. Lungo ogni arco temporale, 13 posti per altrettante figure femminili.

Nel 2009, la sua città di origine, Dayton, in Ohio, ha eretto, in Cooper Park, un monumento storico a commemorazione della sua opera per l’influenza esercitata sugli artisti e sul movimento femminista del XX secolo.

È il primo monumento storico, nell’Ohio, a menzionare esplicitamente l’orientamento sessuale della personalità che commemora.

La produzione letteraria di Natalie Clifford Barney è molto corposa: pubblicò 5 raccolte di poesie, 3 di epigrammi, 2 raccolte di saggi, 2 romanzi e 3 volumi di memorie. I temi delle sue composizioni abbracciano l’omosessualità, l’amore libero, il pacifismo, il femminismo. La scrittura è audace e istintiva. Detestava rivedere i suoi scritti perché era dell’idea che la revisione inevitabilmente comportasse un appiattimento dell’opera e uno snaturamento del sentire originario dell’artista.

Per il suo zelo di grande salonniere che ha saputo influenzare la sfera pubblica della cultura, dell’editoria e della politica durante l’arco di vari decenni, a sostegno soprattutto della figura femminile, e per la profonda coerenza e onestà verso sé stessa, senza mai scendere a compromessi con la società ortodossa dell’epoca, la sua vita e il suo impegno, sono da considerarsi, oggi, un emblema di coraggio e di grande lungimiranza.

I testi seguenti fanno parte della raccolta: Poems & poemes: autres alliances (Paris: Emile Paul, 1920).

Emilio Capaccio

#

COMPAGNE D’AMORE                                                                                                                                                               

Dici che ho vissuto troppo tempo in Francia

E sono stanca della danza dei sensi?

Come aria fresca in una fumeria d’oppio

Mi condurrai fuori — dove? e quando?

…. Temo che nessun paese sia ancora pronto

Per le nostre complessità: scordare

Il meglio della carne e del cibo per andare

A girovagare nel mondo e sapere

Che non sono poi tanti i grandi imbarazzi —?

No, fammi solo venire da te!

*

LOVE’S COMRADES

You say I’ve lived too long in France
And wearied of the senses’ dance ?

Like fresh air in an opium den
You’ll lead me out — to where? and when?

…. I fear no country’s ready yet
For our complexities: forget
The best of flesh and food to go
A’roaming o’er the world, and know
Discomfort’s great surprises few —?
No, let me travel just to you!

#

CON DUE ACERI GIAPPONESI NANI

Questi alberi antichi per la tua nuova stanza.

Possano cadere molte sere felici

Con i loro riflessi sul muro,

Facendo ricami dell’oscurità,

E lascia che le loro foglie rosse e verdi

Stormiscano con piccoli desideri e paure,

Ma non annaffiarli mai con le lacrime

Per tutto ciò che è o non è stato.

Le vite passano come ombre su uno schermo,

Che tu sogni, o canti o rammendi,

O se qualche volta il rimpianto

Mia adorata, dovesse farti chinare la testa,

Inviami una foglia, così saprò:

Verde per la speranza, rossa per l’amore.

*

WITH TWO DWARF JAPANESE MAPLES

These ancient trees for your new room.
May many happy evenings fall
With their reflections on the wall,
Making embroideries of the gloom,
And let their leaves of red and green
Rustle with small desires and fears,
But never water them with tears
For all that is or has not been.
Lives pass as shadows on a screen,
Whether you dream or sing or sew,
Or if some time Regret instead
Should bow, my Loveliest, your head,
Send me a leaf so I shall know:
For Hope the green, for Love the red.

#

UN GIARDINO SU TETTO PARIGINO NEL 1918

Come io devo salire a nutrire quelle nostre colombe,

Anche tu forse passerai ore notturne

Sul tuo tetto

Così in alto distaccata

Che dalle tue pergole sulla terrazza

Ci aggrappiamo alle nubi e facciamo il bagno con gli scrosci

Prima che la luna abbia fatto tutta pallida la notte,

Incontriamoci con flauto e viola, e cena leggera:

Agnello, salsa alla menta, pane con l’uvetta,

Un melone più maturo del sole che si scioglie.

Un fiasco di sherry che abbiamo aperto da poco.

Tenteremo il «valzer lunare» mentre fluttua lontano

Sulla liquida oscurità — il nenufaro della notte.

Oppure, forse, con i sensi accordati allo stesso modo,

L’amore sdraiandosi farà danzare i cieli;

E se il nemico da macchine aeree

fa cadere la morte, la condivideremo vibrante con le stelle!

*

A PARISIAN ROOF GARDEN IN 1918

As I must mount to feed those doves of ours,

Perhaps you too will spend nocturnal hours

Upon your roof

So high aloof

That from its terraced bowers

We catch at clouds and draw a bath from showers.

Before the moon has made all pale the night,

Let’s meet with flute and viol, and supper light:

A yew lamb, minted sauce, a raisined bun,

A melon riper than the melting sun —

A flask of Xeres, that we’ve scarce begun —

We’ll try the «lunar waltz» while floats afar

Upon the liquid night — night’s nenuphar.

Or else, with senses tuned alike perchance,

Reclining love will make the heavens dance;

And if the enemy from aerial cars

Drops death, we’ll share it vibrant with the stars!

*

COME SCRIVERE IL BATTITO D’AMORE

Come scrivere il battito d’amore, il palpito vero,

Il ritmo di profonda eloquenza delle nostre vene?

Come fissare quel cupo gemito finale,

Quel perfetto deliquio d’ogni senso fuso nell’altro.

L’ascesa a vele spiegate del tuo corpo

Alla deriva e al sicuro sull’ultima ondata di gioia —

Ti getterà sulle sabbie argentine del sonno,

Dimentica dell’estasi che hai dato.

Scorre calmo il tuo respiro come marea calante:

Un mare fermo! … Adagiami in quell’avvallamento

Dei seni le cui creste ondeggianti affondano —

Ah, come hanno scandito gli alti battiti del tuo cuore!

*

HOW WRITE THE BEAT OF LOVE

How write the beat of love, the very throb,
The rhythm of our veins’ deep eloquence?
How fix that darkness-rending final sob,
That perfect swoon of each united sense.

The full-sailed rising of your body’s sweep
—Adrift and safe on joy’s last tidal wave—
Will toss you on the silver sands of sleep,
Forgetful of the ecstacy you gave.

Your breath ebbs restful as the falling tide:
A sea becalmed!… Lay me in valleyed part
Of breasts whose undulating crests subside—
Ah how they marked the high beats of your heart!

#

HO ACCESO UN FUOCO

Ho acceso un fuoco per accoglierla.

E la mia voce ha sospirato

Forte il suo nome. Per stare con lei

Questa notte, sarei morta….

Sulle ore, del tutto vane

Le mie lacrime, la pioggia,

Cadono inutilmente, incessantemente…

La porta pesante

S’è richiusa un’altra volta… un’altra volta!

Aspetto, ma so che non affronterà

La mezzanotte, — concedere

Un’altra ora, così da vivere completamente;

Assennato, mite e timido,

Intimorito come quello d’un bambino,

Così so che è il suo cuore.

E il mio, che nulla salverà,

Deve amare, vivere, desiderare

E spezzarsi incessantemente!

*

I BUILT A FIRE

I built a fire to welcome her.

And my voice sighed

Aloud her name. To be with her

This night, I would have died…

Upon the hours, all in vain

My tears, the rain,

Fall uselessiy, unceasingly…

The heavy door

Has closed again… again!

I wait, yet know she will not brave

The midnight, — give

One hour more, so utterly to live;

Wise and mild and shy,

Afraid as the heart of a child,

I know her heart to be.

And mine, that naught will save,

Must love and live and crave

And break unceasingly!

#

ABITUDINE

Ah! Abitudine, timido e dissonante

Quel miracolo passato: la nostra estasi!

Tra le mani che stringono i palmi vuoti,

Questa preghiera quotidiana è il nostro salmo dei salmi!

Che cos’è questo nulla che era più d’ogni cosa?

Assottigliato come un anello d’oro che non osa cadere,

Quel pericolo insospettato: la fedeltà,

A estranei ci ha legate, e a qualcosa di meno!

Scambiando voti e altre banalità.

Come mendiche incatenate a separate solitudini,

Benché la gelosia mantenga vivo il nucleo marcio,

Le amanti che furono mai più lo saranno.

*

HABIT

Ah! habit, how unmusical and shy
That outworn miracle: our ecstacy!
Between our hands that clasp their empty palms,
This daily prayer is this our psalm of psalms!
What is this nothing that was more than all?
Thinned as a golden ring that dare not fall,
That unsuspected danger: faithfulness,
Has linked us strangers, and a something less!
Exchanging vows and other platitudes.
As beggars chained in separate solitudes,
Though jealousy keep live the rotten core,
Lovers that were be lovers nevermore.

#

SUFFICIENZA

Quando lo sguardo socchiuso che ti brilla tra le ciglia,

Può evocare l’amore senza forma e senza volto,

Non sogni più allora amanti di passaggio?

Quale gioia pari al tuo disgusto t’offrono?─

S’aggirano come lupi nella caccia,

Bramano il tuo corpo, allordato dal loro desiderio;

Ma, distante da loro, quello tuo, unico padrone del tuo letto,

Resta il creatore notturno della tua gioia.

E quand’esso ti tiene perdutamente

E ti rende più ardente e più duttile,

Quando il tuo essere doppio, al contempo tuo amante

E tua padrona, ti sa prendere, meglio d’una coppia

Tu t’esalti, è più armonioso il tuo gesto.

Non amando che Te, compatisci la donna che s’affanna

A correre il rischio d’un facile amore; tu, occhi

Colmi d’orgoglio, non servi che la tua bellezza, nell’ombra.

*

SUFFISANCE

Quand ton regard mi-clos, luisant entre tes cils,

Peut évoquer l’amour sans forme et sans visage,

Tu ne rêves donc plus aux amants de passage?

Quelle joie égalant ton dégoût t’offrent-ils? ─

Ils rôdent tels des loups à l’affût d’une proie,

Désirant mat ton corps que leur désir salit;

Mais, loin d’eux, ton désir, seul maître de ton lit,

Reste le créateur nocturne de ta joie.

Et lorsque le désir te tient éperdûment

Livrée, et qu’il te rend plus ardente et plus souple,

Lorsque ton être double, à la fois ton amant

Et ta maîtresse, sait te prendre, mieux qu’un couple

Tu t’exaltes, ton geste est plus harmonieux.

N’aimant que Toi, tu plains la femme qui s’encombre

Du danger des amours faciles; toi, les yeux

Pleins d’orgueil, tu ne sert qu’à ta beauté, dans l’ombre.

#

ALBA

Alba.

Il fischio d’un treno

Squarcio… Sobborgo… Alba.

Qualcuno che non è nel mio sonno mi tocca la spalla,

Qualcuno che non è nel mio sonno mi dice: Alzati: vieni

E il mio cuore trabalza, fuori dal suo elemento, verso il sole:

Per un attimo il mio cuore mi sfugge ─

Allora il mio corpo si riprende il suo carico d’angoscia:

La mia carne gravida del mio cuore batte:

E torno ad essere il ritmo e la cosa del mio cuore.

Il mio cuore, dominato dalla sua prigione, si livella,

Riprende il suo corso, s’abitua alla giornata da vivere.

Giorni da vivere: orchestrazione del rumore: tutto tace nel rumore ─

Pronto a dimenticare questo salto fuori da sé che voleva rinascere…

Altrove, l’alba passa!

*

L’AUBE

L’aube.

Le sifflement d’un train

Déchirure … Banlieue … Aube.

Quelqu’un qui n’est pas dans mon sommeil me touche l’épaule,

Quelqu’un qui n’est pas dans mon sommeil me dit: Lève-toi: viens

Et mon coeur saute, hors de son élément, vers le soleil:

Un instant mon coeur m’échappe ─

Puis mon corps reprend son fardeau d’angoisse:

Ma chair enceinte de mon coeur bat:

Et je redeviens le rythme et la chose de mon coeur.

Mon coeur, dominé par sa prison, s’égalise,

Reprend son cours, se fait au jour à vivre.

Jours à vivre: orchestration du bruit: tout se tait dans le bruit ─

Prêt à oublier ce saut hors de soi qui voulait renaître …

Ailleurs, l’aube passe!

#

LA STRANA OPERA

Le mie mani, scultori incompetenti,

Cercano di fare la loro statua:

Oppongo una lotta ostinata

Al vuoto; i miei gesti felici

Tracciano le tue pose cancellate,

E la mia eco protrae invano

Nel silenzio ─ questo baratro ─

Voci dalle forme intrecciate.

Sfuggito alle mie dita palpitanti

Il tuo corpo ─ eclissi o suicidio?

In questo spazio, dove coincidono

Cubi d’aria tra squarci

Di muro, limiti più opachi

Per contenere il trasparente

Dove fluttuano i tuoi contorni erranti,

Sirena, dagli sterili attacchi?

… Occorre che l’immateriale

Ci apra per sempre tutti i suoi abissi

Dalla strana opera di cui soffro

Monta la razza di Ariel!

*

L’OEUVRE ÉTRANGE

Mes mains, sculpteurs incompétents,

Cherchent à faire leur statue:

J’oppose une lutte têtue

Au vide; mes gestes contents

Tracent tes poses effacées,

Et mon écho poursuit en vain

Dans le silence ─ ce ravin ─

Les voix aux formes enlacées.

Echappé de mes doigts palpant

Ton corps ─ éclipse ou suicide? ─

Dans cet espace, où coïncident

Des cubes d’air entre des pans

De mur, limites plus opaques

De contenir le transparent

Où flottent vos contours errants,

Sirène, aux stériles attaques?

… Faut-il que l’immatériel

Nous ouvre à jamais tous ses gouffres

De l’oeuvre étrange dont je souffre

Monte la race d’Ariel!

#

MEDUSE

Nella foresta di morte, senza stagioni, senza foglie

Dove la linfa dei pini, dai loro tronchi mutilati,

Cola in lenta agonia ─ c’è un esiliato

Della vita, in attesa di vani disancoraggi.

Guarda l’onda portare sulla spiaggia

Le maschere trasparenti, dai tratti annichiliti

Delle meduse. ─ Simile alle rovine di File,

A tali visi d’acqua s’oppone il suo viso.

Maschere fatte e disfatte dal movimento dei flutti,

Il mare le avvolge sempre con i suoi singulti,

Dai soli di mezzanotte all’alba delle lune.

Gli immolati hanno tutti la faccia di Gesù

Che, dalle sabbie passive, ributtati dal flusso,

Contano il tempo infinito dalla clessidra delle dune.

*

MÉDUSES

Dans la forêt de mort, sans saisons, sans feuillages,

Où la sève des pins, de leurs troncs mutilés,

Coule en lente agonie ─ il est un exilé

De la vie, attendant de vains appareillages.

Il regarde la vague apporter sur la plage

Les masques transparents, aux traits annihilés,

Des méduses. ─ Semblable aux ruines de Philae,

A ces visages d’eau s’oppose son visage.

Masques faits et défaits du mouvement des flots,

La mer toujours les roule à même ses sanglots,

Des soleils de minuit jusqu’à l’aube des lunes.

Les immolés ont tous la face de Jésus,

Qui, des sables passifs, rejetés par le flux,

Comptent le temps sans fin au sablier des dunes.

(Traduzione di Emilio Capaccio)

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Una delle rare interviste televisive di Natalie Clifford Barney, trasmesse dall’emittente BBC 2, nel 1966, presso la sua casa al 29 di rue Jacob, nel Quartiere Latino, sulla rive gauche di Parigi.

https://www.youtube.com/watch?v=ihzoLrUkNoc

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