Dove scrivi, quando scrivi, dove cammini, quando ti riposi?
Scrivo prevalentemente di mattina, ore antelucane, ma tutto il tempo sono in agguato annotazioni e rifacimenti, come e quando capitano; cammino parecchio prevalentemente dentro la cinta urbana, anche se attraverso ora una fase di maggior sedentarizzazione; riposo quando riesco e quando la stanchezza me lo impone
In quale città o paese è nato il tuo ultimo libro, in che stanza, in che bar?
Per usare una frase trovata in un vecchio volume d’altri tempi:
“non si tratta affatto di scrivere un libro” (cit. a memoria). Aggiunta non superflua: impossibile separare l’esperienza dello scrivere da quella di leggere, al chiuso come all’aria aperta-quanto agli infiniti bar essi sono luoghi di stazionamento e postazioni di ascolto.
Sei mancino o destrorso?
Destrorso, anche se tendenzialmente ambidestro, un mancino corretto a scuola, se ricordo.
Passeggi? In bici, in auto, osservi gli alberi?
Mai avuto l’auto e niente bici, passeggiando succede si vedano anche alberi.
Scruti i cornicioni, affondi lo sguardo nel cielo, segui le onde del suono e dell’acqua?
Molta concentrazione sul selciato e sul terreno, dal campo visivo circostante talvolta lo sguardo può incontrare cornicioni e definire in modo precario l’orizzonte.
Quali sono i rumori della città e quali i silenzi delle vaste campagne?
Più che a silenzi e rumori,siano essi urbani o rurali,l’attenzione va tutta ad imprescindibili ascolti musicali che sono la premessa necessaria per la scrittura,il resto è interferenza.
Fumi? Bevi? Quanto pesi? Scrivi dopo cena o prima di pranzo?
Fumo e bevo senza riserve o ritegni, essendo immune da superstizioni salutistiche, ideologie sanitarie etc. Peso un sessantina di kg. Gli orari dello scrivere sono comunque assai mutevoli, come le svariate esigenze di volta in volta collegatevi.
Quando? La tua è scrittura “di spostamento”, di stasi, di spazio, del corpo?
Già, appunto, scrittura è un confrontarsi incessante con le misure del quando e del dove, con il costituirsi della loro inafferrabilità-stasi e spostamento non sono in contraddizione; quanto al corpo è da lì che provengono le mano- scritture e le digitazioni, una cosa apparentemente ovvia (meglio però sospendere la credulità ) che però smette subitaneamente di esserlo quando accade, cosa che fa dell’allestimento di un testo, anche minimo, un’avventura della conoscenza, intesa come evento dell’ignoto, non replicazione del noto.
La rubrica dovrebbe chiamarsi “I luoghi e il corpo della scrittura” e nasce da questa idea: “Le pagine dei libri sono spazi e le scritture hanno quasi sempre uno stesso corpo: sono molto simili tra loro i libri, ma gli uomini e le donne che li scrivono hanno abitudini diverse e scrivono in differenti luoghi e tempi. Questo è un viaggio nel retroscena della letteratura: verso i luoghi e il corpo, appunto, di chi scrive.”
Ecco non so quanto siano fra di loro simili i libri,se si prescinde da patti percettivi ed accordi ontologici che introducono a forza, un poco ovunque, principii di equivalenza, identità e uguaglianza-le azioni del leggere e dello scrivere però non vi rientrano, si tratta di differenze, quella è un’altra storia; quanto a chi scrive va da sé, al contrario che tutte le immagini sociali (dello scrittore, dello scrivente, dell’intellettuale) rischiano di assomigliarsi fin troppo nel momento in cui si pongono come curriculum (lo stadio tossico dell’informazione biografica) e spettacolarizzazione (volente o nolente ) di un qualche ruolo (narcisico, assertivo, spendibile sul mercato).