Luigia Bencivenga è nata a Napoli e cresciuta a Castello di Cisterna, piccolo centro del vesuviano, per poi trasferirsi a Bologna dove insegna Musica in una scuola media. È autrice di alcuni corti teatrali, radiodrammi e videopoesie. Nel 2021 pubblica il racconto lungo Minor blues, vincitore del premio Narrer dedicato ad Andrea Camilleri. A dicembre dello stesso anno vince il Premio Zeno per la migliore opera inedita, Zero Virgola. Nel 2023 è finalista con menzione speciale al Premio Italo Calvino con il manoscritto ‘O cane, pubblicato a Maggio 2024 da Italo Svevo Edizioni. Collabora stabilmente con il mensile nazionale Rockerilla alla sezione Letteratura e Saggistica.
Mario Schiavone
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Sei una autrice al suo primo romanzo, con una menzione speciale al Premio Calvino 2023. Vanti anche una formazione musicale alle spalle: quante suggestioni legate all’ascolto di musiche e suoni di questo mondo finisce nei contesti narrativi da te immaginati per le tue storie, e cosa invece resta fuori?
Un certo numero di personaggi di ‘O cane presenta un chiaro riferimento musicale: Mimì Nasone detto Figlio delle stelle è il sosia tatuato di Paul Stanley dei Kiss, il cane Garryowen rimanda alle ballate irlandesi e, per la sua natura semidivina, alla musica sacra, le Variazioni Goldberg sono associate al Prefetto aspirante suicida, un ex tossico canta canzoni napoletane, gli Sposi si amano al suono di Murolo, Patty tre dita canticchia Senza te non dormo più di un cantautore locale, l’utente n° 7 del carcere Dostoevskij, in fase di isolamento estremo, ascolta solo Mahler. Connotazioni musicali a parte, seguendo la lezione di Cage e Crumb, ho curato al meglio il rapporto tra suono, rumore e silenzio nei dialoghi. Pensa alla scena di Mimì che, privo di saliva, risponde al commissario con suoni gutturali incomprensibili. È teatro puro.
Con la tua scrittura hai ideato e scritto storie diverse fra loro, aggiudicandoti alcuni premi letterari. Lo hai fatto con un talento visivo in grado di produrre immagini intense, che colpiscono il cuore dei fruitori di certe potenti storie. Nel leggere il tuo ultimo romanzo, O’ cane (Italo Svevo Edizioni) sembra di ritrovare ora la critica ai legami umani, mi riferisco a una lettura a me come quella del Ballard de Il condominio, ad esempio, ora una certa ironia cara a John Fante, quando racconto le peripezie di Arturo Bandini. Per non parlare di tanti altri autori che hai omaggiato con le tue storie. Quanto questi autori ti hanno influenzato?
De Il Condominio amo la struttura combinatoria e la sua umanità regredita. In parte, esiste una certa somiglianza con Ilias, la città immaginaria dove si svolgono le vicende di ‘O Cane. Se però il Condominio è un non luogo, anonimo e autarchico, Ilias porta con sé il carico culturale di una qualsiasi cittadina della provincia di Napoli. Dell’amato Fante/Bandini, condivido lo sguardo straniato di chi non si sente mai nel posto giusto, proprio come Mimì, un uomo alle prese con le sue origini e con un’identità celata da un tatuaggio sul volto.
Quali sono i romanzieri del “passato” da cui non vorresti mai separarti? Quali gli autori contemporanei viventi che più rileggi?
Mentre scrivevo ‘O Cane non mi sono mai separata fisicamente da D.F. Wallace e P. Esterházy. In quanto ai viventi, ho riletto Moody, Houellebecq, A.M. Homes. Tuttavia, alcune parti di ‘O Cane richiedevano un approccio scenico. Avevo bisogno della crudezza di Sarah Kane e della sensualità di Annibale Ruccello. Numerosi, infine, sono i numerosi riferimenti/omaggi a Joyce e a Dostoevskij. Il romanzo ha inizio il 16 giugno, ha tra i protagonisti il cane Garryowen presente nel cap. 12 di Ulisse e Molly è la sua fedele compagna. Su una collina di Ilias, si erge il carcere Dostoevskij dove Sauro Consilia sperimenta un metodo di carcerazione ispirato a una idea estrema di redenzione.
Come hai lavorato all’idea del tuo recente romanzo approdato in libreria?
‘O cane nasce da una mappa di Ilias da me disegnata. Riproduce uno spazio abbastanza ampio da contenere non una, ma più vicende umane con le relative dinamiche. Lentamente, a partire da luoghi fisici ben delineati (ad esempio le Case Rosse, in stile post terremoto) le storie si aggregano e si disgregano, alternandosi con una certa velocità e densità. È così che emergono i personaggi, inverosimili eppure tanto reali, in un gioco davvero stimolante.
Ogni scrittore immagina un lettore ideale. O forse no. Per te esiste? Se sì, il tuo lettore ideale come è fatto?
Chiunque sia disposto a divertirsi con le parole è il mio lettore ideale. A farne una descrizione dettagliata, mi viene in mente il lettore che, per il Calvino, ha letto il manoscritto prima degli altri. È un giovane nerd, felice per ‘O Cane, forse più di me. Si presenta nel corso della cena tra finalisti: alto, occhiali neri, aria buffa e pensosa, dotato di palpabile simpatia e, ad occhio, poco fortunato in amore. Del Lettore Zero ho dimenticato il nome ma ricorderò sempre l’entusiasmo di chi si è divertito tanto.
Stai già lavorando alla scrittura del tuo prossimo romanzo? Se puoi farlo raccontaci qualcosa del tuo prossimo lavoro scritto.
La scrittura, tu lo sai, è un’attività che richiede un certo isolamento. Ad un mese dall’uscita di ‘O Cane, è difficile isolarmi e riprendere la ruotine di studio e scrittura. Ho decine di progetti, alcuni già a buon punto, altri sospesi come un romanzo su Isabella Colbran, prima moglie di Rossini. In ogni caso, continuerò a lavorare intorno alle dimensioni corali e agli spazi abitativi immaginari.
Quale tipo di storia non scriveresti mai?
A parte storie autobiografiche, potrei scrivere di tutto. Una volta ho scritto l’oroscopo settimanale per una rivista senza averne nessuna competenza fino a che, dopo alcuni mesi, mi hanno scoperto… troppe parole buone per lo Scorpione! In passato, ho scritto per Cronache di Napoli, uno dei quotidiani più letti dai detenuti di Poggioreale. Di frequente seguivo gli sfratti, o meglio i tentativi di sfratto. È stato un buon esercizio di scrittura scenica.
Ti andrebbe di raccontarci quanto ti sei allenata, in tutti questi anni, per arrivare alla menzione speciale del Premio Calvino pur partendo – nel tuo apprendistato letterario – dalla forma racconto?
I racconti che scrivo e leggo tendono alla non linearità spazio – temporale senza rinunciare alla comprensibilità. (Non sopporto i deliri di chi sembra parlare al proprio ego) Ti dirò di più. Nell’ideazione di ‘O Cane, decisiva è stata la lettura del racconto Dog Days di Judit Budnitz dove il protagonista, si traveste e si comporta da cane in uno scenario postbellico, in compagnia di un’umanità al collasso, tra noia e cannibalismo.
Questo è un mondo dove sembra – ad oggi – aver vinto l’immagine, a discapito della parola scritta. Eppure, c’è chi resiste. Ti andrebbe di dirci perché leggi e scrivi libri?
Leggo (e rileggo) senza sentirmi in colpa se non termino un libro. Tendo a ricordare più le strutture che le storie, come chi guarda una partita di calcio dall’alto e non è molto interessato al risultato. In quanto allo scrivere, credo sia un’abitudine quotidiana appresa nel tempo. Nulla di più, a parte seguire le mie “visioni”. In ‘O Cane ho dato vita a un piccolo mondo attraverso una lingua che pare quella di chi guarda da lontano, quasi sempre al presente. Il passato è scolorito, il futuro è indifferente.