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Nughette. Intervista a Leonardo Canella

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Le Nughette – da RicercaBo al 2021 (con disegni), edito da Affinità elettive nel 2022, con la prefazione di Renato Barilli e la copertina di Roberta Durante, sono come pillole di narcisismo che con il narcisismo giocano e dal quale, in qualche modo, distraggono, perché nell’evidente gioco autoreferenziale, Nughette ci fanno, in realtà, vedere il mondo, amore&crudeltà, senza retorica personalistica. Con sguardo diagonale e nuovo. Leggere Nughette genera un piacere vicino a un microrgasmo mentale perché l’equilibrio della scrittura può anche essere il piacere del gioco imprudente, un gioco a volte pulp e divertentemente schifiltoso come «un bel piatto di pasta al pomodoro con una mosca morta sopra». Nughette è una lettura disarmante, dove l’io abbandona finalmente gli ormeggi e conduce corpi e menti a una danza in cui unica censura è il limite che ci si autoimpone per non far deflagrare l’armonia prestabilita delle cose del mondo. Il gioco poetico di Nughette è tanto bambino quanto rivoluzionario ma «gli autori che vogliono contestare sono a rischio noia. Solo pochi a mio avviso ci riescono, i migliori spesso in maniera del tutto inconsapevole» e Canella scrive inconsapevole di aprire mondi e schiudere inauditi quotidiani ribaltando del tutto le palpebre della visione comune…

Gianluca Garrapa

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Genesi e desiderio del tuo libro.

Le Nughette nascono nel 2003 come ‘biglietti agli amici’ per catturare la loro attenzione. Pillole di narcisismo. Della parola desiderio mi piace l’etimologia, un allontanamento dalle stelle (sidera) che lascia però in noi una eco di quelle stesse stelle… Desideriamo allora rivederle, le stelle. Ecco, il mio desiderio è di rileggere quanto scritto, di sentirne l’eco, e di trovarlo sempre nuovo, pieno di energia. Nuovo e vecchio ad un tempo, certo.

Quando scrivi, godi?

Mi piace pensare a dei microrgasmi nella nostra mente, che è in fondo il più sensibile dei nostri sensi… qui gli estetologi farebbero un bel collegamento col Baumgarten, il fondatore dell’estetica. A me basta pensare che un omicidio pensato è più bello di uno vissuto. La scrittura può dare microrgasmi, sicuro.

Un estratto dal libro che è risultato più difficile o particolarmente importante: perché?

Nessuno caro Gianluca. Sono un po’ come il bruco che fa il suo bozzolo, vita che scorre bozzolo che cresce, nughette che scrivo. Poi il bruco prima o poi smetterà… spero però allora nella farfalla.

Se non fosse scrittura, cosa potrebbe essere il tuo libro?

Un bel piatto di pasta al pomodoro con una mosca morta sopra, in bella evidenza. E tu che sai che solo mangiando quella mosca morta sopra al pomodoro assaporerai meglio il piatto di pasta. Da provare.

Che rapporto hai con la censura?  

Ne ho solo con quella che mi autoinfliggo. Talvolta mi mangio un kg di gelato d’un colpo (quando la Polly non c’è che se no rompe). Ma devo trattenermi per non schiattare sul pavimento. Così per gli autori che amo, devo smettere di leggerli perché sono bombe emotive che ti esplodono dentro… Autocensura, dunque. Vorrei mangiare più gelato, vorrei farmi esplodere dentro più bombe emotive… Ma…

Per te scrivere è un mestiere o un modo di contestare lo status quo?

Direi che è un piacere. Ti dicevo di microrgasmi mentali. Gli autori che vogliono contestare sono a rischio noia. Solo pochi a mio avviso ci riescono, i migliori spesso in maniera del tutto inconsapevole. La contestazione ce la trova allora il lettore. Meglio così.

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