Il risalto maggiore che ho colto leggendo La portata dei sogni (Il Seme Bianco) di Pasquale Allegro è stato una sorta di “rito della velazione” che le parole, accostate con sapienza e misura, creano sui contesti descritti, lasciandole a volte – con piena coscienza – fuori fuoco su un fondo che il lettore non riesce a discernere sempre di primo acchito, bensì attraverso una spiritualizzazione inconscia che può avvenire solo in seconda analisi, con un filo di distacco. Mentre credo che il lavoro più rimarchevole sia stato fatto proprio sull’affioramento e la derivante sublimazione di ciò che ha spinto la scrittura: il desiderio di comunicare a chi legge le nostalgie e le pulsazioni contrastanti che implicano il sentimento dell’amore – “l’amor che move il sole e l’altre stelle”, citando a proposito Dante.
“Ѐ una libertà antica quella che ricerco da sempre, una vecchia gloria che ricorda lo sferragliare dei treni, che si imprime negli occhi pronti a nuovi orizzonti. Lontano, lontano me ne voglio andare, penso, mentre i miei occhi finiscono per arrabattare uno sguardo oltre il cielo”.
Questo romanzo, breve ma profondo, è una narrazione poetica della quotidianità intesa come anello temporale subcosciente, un universo in miniatura inserito in un ciclo continuo di nascita, rinascita, crescita, timore e smania innata di rovinare qualcosa di bello – perché la bellezza ci fa paura, costringe l’uomo a mettere in discussione le sue bassezze, ogni pena autoinflitta per confinare la propria elevazione. Ma al contempo è un libro costellato di caratteri diaristici che ne rivelano il contrassegno tangibile, le cui fondamenta sono da ricercare nei rimpianti terreni, nei ripensamenti e nelle intrepide contese che ideano la quintessenza della vita di coppia.
“Scusami, sto parlando solo di me. D’altronde è il volto della scrittura, chi legge non può ascoltare guardando. Sei tornata a casa da sola questo pomeriggio? Dove sei stata?”
Il valore effettivo dell’esistenza viene espresso attraverso un racconto scritto in maniera lieve quanto magnetica, che trova la sua connotazione intellettuale nella crisi degli amanti e nel suo conseguenziale aspetto ottenebrato nel sentimento, delineando il flusso di coscienza di un individuo divenuto orami adulto, con tanto di occupazione lavorativa, compagna, prole e persuasioni che, anziché affrancarlo dai tormenti, sembrano invece tracciare barriere di un’ulteriore cella sensoria, dalla quale potrà sciogliersi solamente attraversando a nuoto, con tutta la sua volontà, quell’oceano di acquiescenza che vorrebbe attrarlo a un’arrendevolezza trascendente in abulia.
Protagonista di questo romanzo non è in ogni modo l’uomo ricordato prima, ma la scrittura di Pasquale Allegro: una liricità messa in moto dalle regole di una versificazione d’insieme, tenue come le nuvole, capace di celebrare sensazioni e reminiscenze universali, tratteggiandole con un segno davvero prezioso.
“E su tutto, qui, risplende il sole di primavera, imponente e leggero, simbolo di questo ritorno. C’è qualcosa in questo giorno che mi riporta indietro nel tempo, a una promessa strappata in mezzo a un risveglio luminoso tutto nostro. Se questo sole ha voluto rivedermi è per consegnarmi abbastanza tempo e luce per noi”.
Roberto Addeo
Recensione al libro La portata dei sogni di Pasquale Allegro, Il Seme Bianco, 2019, pagg. 96, euro 10,90.
Pasquale Allegro (Lamezia Terme, 1976) si è laureato in filosofia con una tesi sulla scrittura del romanziere e saggista Elie Wiesel. Lavora da anni nell’editoria, scrive di cultura, e di libri in particolare, per diversi giornali, riviste e blog. Ha pubblicato la raccolta poetica Baco da sera (Controluna, 2018) e il romanzo La portata dei sogni (Il Seme Bianco, 2019). Ha ricevuto riconoscimenti dalla critica e diversi premi letterari.