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Patricia Grace, Tu

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Patricia Grace, Tu

“Ho sempre saputo che la narrativa ha poche conseguenze sul mondo, altrimenti, molti ragazzi non sarebbero andati in guerra dopo l’Iliade”

Cita Paolo Cioni da Dubus. Questo potrebbe essere l’incipit o il finale del libro Tu di Patricia Grace, libro straordinario che ho letto con attenzione e passione perché è proprio la passione per le vicende, la storia del suo popolo, che muove la penna della Grace. I Maori, nativi della Nuova Zelanda, con una grande cultura tribale, con tradizioni forti, con un linguaggio che descrive e trasmette, i Maori umiliati dalla colonizzazione Britannica che li confina a cittadini di serie B disattendendo il trattato di Waitangi, e li adopera come carne da cannone. Succede nel 15- 18, il padre di questa famiglia descritta da Patricia torna dalle Ardenne ferito, pazzo, menomato. Condizionerà i figli, soprattutto il primogenito Pita, che veglierà sulla madre rinunciando a una vita propria, perché il padre è pericoloso, ha scatti di violenza, potrebbe uccidere.Ma sarà sempre rispettato e curato, la sua morte libererà la famiglia dall’incubo, ma non avranno mai smesso di amarlo e ricordarlo com’era. Lasceranno la campagna, andranno in città a cercare un futuro, soprattutto per gli ultimi nati per i quali vorrebbero una vita migliore, il riscatto attraverso lo studio. Così potrebbe essere per Tu, Tuboy, sveglio e irrequieto, destinato allo studio dello zio, avvocato, ma sono i venti di guerra ad agitare la fantasia del ragazzo, mentre intorno a lui i fratelli cresciuti vivono esperienze d’amore e di vita. Nel rispetto delle leggi razziali, nel sacrificio di non poter corrispondere un amore perché la ragazza è “pakeha”, bianca, e nessuno approverebbe, soprattutto MA che è il cuore pulsante di questa coraggiosa famiglia.

Tu, contro tutti, parte per la guerra. Molto dettagliati i percorsi, le tappe, i campi militari, i porti, l’arrivo in Europa. La Grace ha percorso l’Italia alla ricerca di quegli anni e quei luoghi, si è informata sui dettagli, ci dà una cronaca di guerra scandita dalla sofferenza ma anche dal coraggio e dalla forza delle radici che si riscoprono, che urgono, che incitano a urlare un Aka contro il fuoco del nemico. Bello il continuo riferimento alla cultura Maori, ricca di quei misteriosi legami con la terra, il cielo, le forze della natura che noi, cosiddetti civili, abbiamo perso, dimenticato diventando oggetti di consumo e da consumare.

Quei ragazzi si sentono Maori tanto più le circostanze potrebbero umiliarli, si decorano con i disegni tribali, richiamano gli spiriti della terra a proteggerli. Ma la Montagna con il cappuccio, la montagna è difficile da conquistare. Cassino resiste ed è strage di Gurka, coraggiosi combattenti indiani, e di zelandesi, tutti sacrificati nel temporeggiare e inventare una strategia efficace. Dettagli crudeli e dolci si alternano, villaggi distrutti, esuli affamati e seminudi, bambini, animali, tutti triturati da questa guerra che sembra non potersi concludere mai. Invece finirà, ma Tu è stato ferito volontariamente dal fratello Rangi, che vuole salvarlo, che spera che almeno lui possa tornare a casa. Ferite gravi ma non mortali, inflitte con sapienza, non potrà reggere un moschetto, avrà la mandibola bloccata, così Tu vive la convalescenza, la fine della guerra vergognandosi e stordendosi, non potendosi sottrarre alla consapevolezza di essere stato costretto alla viltà. Bella descrizione dell’Italia nell’entusiasmo della guerra finita, le città, la gente, le strade, tutto partecipa della vita ritrovata, Tu è come un fantasma, vive ma rifiuta di vivere al tempo stesso. Ha troppo sangue, troppi morti, troppa inutile sofferenza, non riesce a tornare alla Vita. Così sarà anche a casa, a Wellington, dovrà sfilare essere accolto con gli eroi ma a festa finita si rifugerà in campagna, nella capanna degli avi. Qui, rileggendo il suo diario, dialogando con i defunti, rivivendo la vita dell’antenato nella sua casa, curando le sue bestie, la sua campagna ricupererà una ragione per riappacificarsi con i fantasmi, con la famiglia, i figli dei fratelli morti e vorrà tornare con i ragazzi in Italia , a ripercorrere quelle strade, quei campi e ritrovare, nella follia del passato, una ragione per avere e dare un futuro.

Patricia Grace è coinvolta in prima persona nella tragedia del suo popolo umiliato e tardivamente riscattato, è sangue misto e considera ricchezza le tradizioni , la storia, gli usi del suo popolo. Ce ne dà una straordinaria descrizione, così come nei dettagli ci racconta la follia di quest’ultima guerra, l’inutile sacrificio di troppi ragazzi, il cinismo del potere, che non dà valore alla singola vita, mentre ogni essere, ogni ragazzo partito per la guerra è una Storia irripetibile.

E tornando alla frase di Dubus: … Dopo L’ Iliade… Ma quando mai la Storia è Maestra di vita?

Carla Tolomeo Vigorelli – 4 gennaio 2020 – Punta del Este

Recensione di Carla Tolomeo Vigorelli a Tu di Patricia Joker, pagg. 300, euro 17.

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