Il senso della mappa: “Swann rivolse lo sguardo in basso, sulle sue nocche rugose. «Qual è lo scopo di una mappa?» chiese a bassa voce. Nell sospirò. Conosceva bene quella domanda. Suo padre la ripeteva ogni volta che era troppo presa dai dettagli scientifici di un esemplare, al punto da offendere gli altri ricercatori con cui avrebbe dovuto collaborare per come dirottava il progetto affinché seguisse la visione che ne aveva lei. La risposta era “per ricongiungere le persone” ma, più invecchiava, più trovava strana la definizione del padre, dal momento che lui non aveva mai imparato a seguire ciò che predicava.”
Un avvertimento minaccioso: “Spero che tu sia solo un vecchio idiota pieno di soldi che non capisce come funziona Internet invece che un appassionato della domenica. Adesso hai i Cartografi alle calcagna. Consiglio da amico: fai attenzione.”
È in libreria I cartografi di Peng Shepherd (Edizioni E/O 2024, pp. 384, € 18,40 con traduzione dall’inglese di Sara Marzullo).
Pen Shepherd, scrittrice originaria di Phoenix, Arizona, ha trascorso la sua vita in varie città del mondo, tra cui Pechino, Kuala Lumpur, Londra, Washington D.C., e New York. È un’ex ballerina classica e laureata in Belle Arti alla New York University. Il suo romanzo d’esordio, The Book of M, ha vinto il premio del Neukom Institute for Literary Arts nel 2019 ed è stato riconosciuto da varie pubblicazioni e trasmissioni come uno dei libri dell’anno.
I cartografi di Peng Shepherd è un romanzo che intreccia mistero e magia all’interno del mondo affascinante delle mappe. La protagonista, Nell Young, vede la sua vita sconvolta quando suo padre, un famoso cartografo, viene trovato morto in circostanze misteriose nella New York Public Library. La storia esplora la complessa relazione tra Nell e suo padre, che si erano separati anni prima dopo una disputa su una semplice mappa stradale, apparentemente insignificante ma che nasconde segreti straordinari.
Questo libro è un viaggio attraverso antiche leggende e cospirazioni moderne, dove le mappe non sono solo strumenti per navigare il mondo, ma porte verso nuovi mondi e verità nascoste. Peng Shepherd riesce a catturare l’immaginazione del lettore con una narrazione avvincente e un’ambientazione che è tanto reale quanto fantastica. La storia è arricchita da personaggi memorabili e da una trama che si dipana con suspense e meraviglia.
Per chiunque volesse perdersi tra le pieghe di una mappa, I cartografi offre un’esperienza di lettura unica, che riesce a combinare il fascino del passato con l’intrigo del presente.
Carlo Tortarolo
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Alla luce fioca dell’unica lampadina sulla scrivania, la mappa sembrava quasi risplendere.
Portava il nome di Fra Mauro. Era stata creata nel 1450 d.C. dall’omonimo monaco camaldolese, che l’aveva disegnata nel suo piccolo studio di cartografia all’interno del monastero di San Michele in quella fulgida città galleggiante che è Venezia. Fra Mauro aveva condotto le ricerche per la sua mappa intervistando i mercanti di passaggio nella zona, provenienti da lontano, il che gli aveva permesso di ritrarre il mondo a quel tempo conosciuto con molta più accuratezza dei cartografi che lo avevano preceduto. Ancora oggi, il mappamondo di Fra Mauro è considerato uno dei migliori esempi di cartografia medievale di sempre.
Lentamente, Nell spostò lo sguardo lungo la cornice circolare dipinta d’oro, in cerca di difetti, irregolarità nel colore o linee vaganti. Il mappamondo di Fra Mauro era unico nel suo genere perché era stato disegnato al contrario rispetto alla maggior parte delle mappe del mondo: la parte superiore era orientata verso sud, anziché verso nord.
In poche parole, era un vero e proprio capolavoro.
Se si fosse trovata in una postazione di lavoro all’interno del laboratorio di restauro della New York Public Library, con la mappa montata con cura sul tavolo da disegno e accanto il suo assortimento personale di strumenti su misura per il restauro, avrebbe scelto il bisturi sottile per tagliare con delicatezza il bordo sfrangiato della pergamena o per raschiare appena lo strato di inchiostro riapplicato in modo eccessivo dai restauratori. Avrebbe sfiorato con attenzione la gamba della t di antarticvs, ridipinta nella legenda posta in fondo a destra, per scalfirne appena la larghezza, cosicché combaciasse ancora meglio con la lettera originale sottostante.
Invece si limitò a premere stampa e andò a recuperare un’altra copia della mappa dall’ingombrante fotocopiatrice.
Il mappamondo di Fra Mauro – il vero mappamondo di Fra Mauro – era esposto nella collezione permanente della Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, la città in cui era stato creato. I diagrammi di fronte a lei erano solo una pila di facsimili economici.
Quello che stava facendo non era ciò per cui aveva studiato tutta la vita: conservazione di opere d’arte antica dal valore inestimabile e ricerca all’interno di laboratori museali sigillati ermeticamente. Stava aggiungendo fronzoli – segni del tempo privi di senso e cancellature – su scansioni di bassa qualità di quegli stessi capolavori, su di una scrivania cascante e ingombra di oggetti a Crown Heights, Brooklyn, per poi stamparne uno stock, perché venissero vendute a entusiasti dell’ultima ora che volevano aggiungere un tocco intellettuale al loro arredamento.
Nell Young non era più una studiosa di cartografia. Era una tecnica progettista alla classic maps and atlases™, possiamo disegnare qualsiasi mappa!
La Classic, come la chiamava il suo capo per brevità, era l’antitesi della conservazione. Migliaia e migliaia di riproduzioni di vere opere d’arte, antiche o rare, stampate in serie su carta moderna senza acidi e poi stropicciate in serie, o anticate in serie, o decorate a mano in serie con simboli anacronistici perché finissero appese in un salotto il pomeriggio stesso.
Era anche l’unica fonte di guadagno per Nell.
Non era sempre stato così. Un tempo le si era prospettato un futuro brillante. Aveva frequentato le migliori scuole, discusso con successo la sua tesi di dottorato e ottenuto un tirocinio niente meno che alla filiale principale della New York Public Library, una sede che lasciava a bocca aperta, all’interno del suo prestigioso dipartimento di conservazione. Era sulla buona strada per eguagliare o persino superare la reputazione del suo illustre padre, uno dei più celebrati studiosi della nypl. Quando passava per i corridoi, le persone avevano iniziato a riferirsi a bassa voce a lei come alla «nuova dottoressa Young». Un tempo, per un fugace istante, era stata anche un pochino famosa in quel loro mondo piccolo, caotico e illuminato da luci fluorescenti sul soffitto, fatto di pile altissime e di vecchi schedari ammuffiti.