“Non sono un romanziere, sono un filosofo narrativo. Il cuore della mia scrittura non è l’arte, ma la verità”. Queste parole sono di Philip Kindred Dick, lo scrittore americano che più ha contribuito a modificare il nostro immaginario collettivo contemporaneo: da “Anche gli Androidi sognano pecore elettriche?” (romanzo diventato poi “Blade Runner”, il capolavoro cinematografico di Ridley Scott) a La svastica sul Sole, da “Un oscuro scrutare” a “Rapporto di minoranza”. Nato nel 1928 e morto nel 1982 ha scritto 45 romanzi e 121 racconti: da moltissimi sono stati tratti film di successo, altri hanno ispirato capolavori come “Matrix” o “The Truman Show”. Più che compreso Philip Dick è stato saccheggiato: le sue idee sono state considerate quelle di un pazzo mentre era in vita e rivedute solo dopo la sua morte. Oggi Philip Dick ha milioni di lettori in tutto il mondo, ma quando pubblicava i suoi libri – al ritmo di sette all’anno- stentava persino a sbarcare il lunario. Certo questo non gli impedì di sposarsi quattro volte, ma la sua esistenza è sempre stata ad un passo dalla follia. Era convinto di essere di essere soltanto il sogno di sua sorella gemella morta durante il parto, era certo che non esistesse un’altra vita dopo la morte ma un’altra vita mentre stiamo vivendo: una realtà parallela sincrona alla nostra e di inventare un Dio che non promette la vita eterna ma la dispensa. Tutti i suoi romanzi -pubblicati in Italia da Fanucci, Feltrinelli, Einaudi, mentre l’anno prossimo è attesissimo il primo Meridiano Mondadori dedicato alle sue opere; consigliatissima è la sua biografia scritta da Emmanuel Carrère, “Io sono vivo voi siete morti” edito da Adelphi- esplorano il concetto di realtà, di diverso (sia esso straniero o androide), la religione, la politica, la distopia.
Philip Dick è uno scrittore geniale ma purtroppo vittima di una vita disperata: continui insuccessi economici, settimane di autoisolamento chiuso in casa solo ad ascoltare musica (da Mozart ai Grateful Dead) con il perenne timore di essere perseguitato dal fisco e di essere controllato dalla Cia e dall’Fbi. E poi la dipendenza da droghe e psicofarmaci, i continui tentativi di disintossicazione dalle anfetamine, i numerosi tentati suicidi. Nel suo ultimo tentativo Dick ingerì 49 tavolette di digitalina (un medicinale cardiocinetico che a dosi ben minori avrebbe ucciso chiunque), sonniferi, mezza bottiglia di vino, si tagliò le vene del polso destro e si stese nella sua Fiat chiuso dentro il garage con il motore acceso. Non servì a nulla. Dick sopravvisse alla vita. Ma non alle sue “visioni”: una realtà metafisica oltre il velo dell’apparenza, oltre la “vera realtà”. Come scrive nel suo capolavoro filosofico “Esegesi” è convinto che “un giorno la maschera cadrà, e tu capirai tutto” per poi confessare: “Io ho il mio mondo speciale. Immagino sia nella mia testa. Se così fosse, allora rappresenterebbe quello che sono. Mi sembra di vivere all’interno dei miei romanzi, sempre di più: sto forse perdendo il contatto con la realtà? Sento come se fossi stato tanto persone diverse. Molte persone forse si sono sedute davanti a questa macchina da scrivere, e hanno scritto i miei libri.” Da questa presa di (in)coscienza Dick si immerge in dissertazioni filosofiche partendo dalle teorie dei presocratici, di Platone, Meister Eckhart, Spinoza, Hegel, Schopenhauer, Heidegger e Hans Jonas, Mentre Dick vuol far cadere il velo che acceca il mondo, nelle pagine finali disvela il proprio, quando a pagina 553 ammette che “Tutti gli artisti sanno di non poter fare a meno di soffrire, e, per questo, forgiano la loro arte nella sfida. Che siano artisti o no, soffriranno. L’arte è l’ultima sfida del Fato”.
Nell’inedito in Italia che presentiamo, Dick comprende la potenza del romanzo che gli darà il successo: “Anche gli androidi sognano pecore elettriche?” che Ridley Scott trasformò appunto nel film culto “Blade Runner” (il titolo lo prese da una sceneggiatura di William Burroughs), con protagonista Harrison Ford che interpreta un cacciatore di taglie, Rick Deckard, il cui lavoro è quello di trovare e “ritirare” gli androidi canaglia. Quando fu pubblicato generò quasi immediatamente l’interesse degli studi cinematografici desiderosi di adattarlo per il grande schermo. I primi colloqui e le prime bozze di sceneggiatura non riuscirono a impressionare Dick; tuttavia, nel 1981, quando si propose il regista Ridley Scott, Dick la stessa sera scrisse con entusiasmo questa lettera alla casa di produzione responsabile e condivise i suoi pensieri. Philip K. Dick, dopo un’esistenza da sconosciuto, divenne una celebrità, ma morì cinque mesi dopo aver inviato questa lettera, senza vedere il film finito. Oggi è considerato da molti come il più grande film di fantascienza mai realizzato.
Gian Paolo Serino
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The Ladd Company,
4000 Warner Boulevard,
Burbank,
Calif. 91522.
Caro Jeff,
mi è capitato di vedere il programma televisivo di Channel 7 “Urrà per Hollywood” stasera con il segmento su BLADE RUNNER. (Beh, ad essere onesti, non l’ho visto per caso; qualcuno mi ha avvisato che BLADE RUNNER avrebbe fatto parte del programma, e di essere sicuro di guardarlo). Jeff, dopo aver guardato -e soprattutto dopo aver ascoltato Harrison Ford parlare del film- sono giunto alla conclusione che questa non è davvero fantascienza; non è fantasia; è esattamente quello che ha detto Harrison: futurismo. L’impatto di BLADE RUNNER sarà semplicemente travolgente, sia sul pubblico che sulle persone creative – e, credo, sulla fantascienza. Dato che ho scritto e venduto opere di fantascienza per trent’anni, questa è una questione di una certa importanza per me. In tutta franchezza devo dire che il nostro campo si è gradualmente e costantemente deteriorato negli ultimi anni. Niente di quello che abbiamo fatto, individualmente o collettivamente, è all’altezza di BLADE RUNNER. Questo non è escapismo; è super realismo, così grintoso e dettagliato e autentico e dannatamente convincente che, beh, dopo il segmento ho trovato la mia normale “realtà” attuale pallida al confronto. Quello che sto dicendo è che tutti voi, collettivamente, potreste aver creato una nuova forma unica di espressione grafica e artistica, mai vista prima. E, credo, BLADE RUNNER rivoluzionerà le nostre concezioni di ciò che la fantascienza è e, ancora di più, può essere.
Permettetemi di riassumere in questo modo. La fantascienza si è lentamente e ineluttabilmente adagiata in una morte monotona: è diventata consanguinea, derivativa, stantia. Improvvisamente siete arrivati voi, alcuni dei più grandi talenti attualmente esistenti, e ora abbiamo una nuova vita, un nuovo inizio. Per quanto riguarda il mio ruolo nel progetto BLADE RUNNER, posso solo dire che non sapevo che una mia opera o un mio insieme di idee potesse essere portato a dimensioni così sorprendenti. La mia vita e il mio lavoro creativo sono giustificati e completati da BLADE RUNNER. Grazie… e sarà un grande successo commerciale. Si rivelerà invincibile.
Cordialmente,
Philip K. Dick