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Philip K. Dick. Confessioni di un artista di merda

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Scritto nel 1959 ma pubblicato solo nel 1975, è l’unico dei romanzi non fantascientifici di Dick uscito quando Dick era ancora vivo. Della narrativa realistica o mainstream di Philip K. Dick, scrittore originario di Chicago ma vissuto per molti anni a Berkeley, si parla poco, eppure libri come Confessioni di un artista di merda o come In questo piccolo mondo non sono meno interessanti di certe opere, per esempio, di Richard Yates, autore che proprio negli anni di Dick ha raccontato gli stessi conflitti familiari della middle class americana, e col medesimo insuccesso commerciale del suo collega californiano, tra l’altro.

Confessioni di un artista di merda non sarà un tipico romanzo distopico ma se per distopia volessimo intendere il disturbo dissociativo descritto più comunemente nei manuali di psichiatria e indagassimo le menti di tutti i personaggi che incontriamo nel libro, allora sì: potremmo definirlo un romanzo distopico come tutti gli altri. 

Jack Isidore è un demente con delle strane convinzioni: a un certo punto della storia si convincerà che il mondo finirà il 23 aprile del 1959. La sua inadeguatezza di fronte alla realtà spingono la sorella Fay e suo marito Charley Hume a tenerlo con loro nella bellissima casa di Drake’s Landing, nella campagna di San Francisco. Charley è un uomo rozzo, un sempliciotto, ma facoltoso. Fay è una donna colta, astuta, arrogante. Una manipolatrice. La vera protagonista del romanzo è Fay più che Jack: tutta la storia infatti ruota intorno alla perfidia con la quale la giovane moglie di Charley attrae a sé gli altri uomini e li addomestica ai propri bisogni. Una delle vittime, oltre lo stesso Charley, che andrà incontro al peggiore dei destini, sarà Nat, lo studente che abita nei paraggi con la moglie Gwen. I due vengono avvistati da Fay mentre passeggiano in bici. Come una bambina capricciosa, Mrs. Hume costringe Charley ad avvicinarli perché “vuole” conoscerli. Ma vuole conoscere entrambi o vuole conoscere Nat? La storia, raccontata a volte con la voce di Jack, altre volte con quella di Fay, altre volte in terza persona, si concentra sulle dinamiche delle due coppie. L’adulterio di Fay ricorda quello dell’eterna insoddisfatta April Wheeler, la protagonista di Revolutionary Road di Yates, romanzo uscito appena due anni dopo quello di Dick. A differenza di April però, Fay non soccombe di fronte alla propria isteria ma se ne serve per dominare gli altri. Uno dei temi della storia è la follia come condizione umana diffusa: tutti i personaggi di Dick, non solo Jack come può sembrare nei primi capitoli, ci sorprendono per la loro condotta borderline difficile da spiegare nei termini della razionalità. I gesti e le considerazioni fuori dall’ordinario di Charley, Fay e Nat (Gwen comparirà poco) finiscono per annullare la distanza con la mente fragile di Jack, che nelle ultime pagine scoprirà di non essere l’unico matto del romanzo. 

Angelo Cennamo

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