La realtà è fatta di apparenze, che a loro volta rimandano alla realtà come in un micidiale gioco di specchi. Lo sa bene il vicecommissario Giulia Riva che, a Cagliari, riceve la richiesta di una bambina di indagare sulla sparizione di Virginia Piras, sua madre. Anche in questo caso, l’apparenza di una donna dal profilo trasparente – quello della Piras – in realtà nasconde un’altra realtà, piuttosto oscura. Nonostante sia intenzionata a lasciare il capoluogo sardo per mettere distanza tra sé e una storia sentimentale finita, la Riva decide di farsi assegnare il caso, che in passato era già stato seguito dal collega, Flavio Caruso, con scarsi risultati. Attraverso la trama propriamente gialla, e grazie a un perfetto impianto da detective story, lo scrittore indaga a sua volta, spingendo lo sguardo tra le pieghe più nascoste di quel complesso universo che è l’essere umano, facendo luce in maniera sorprendente sulle maschere che ognuno di noi indossa quotidianamente – in fin dei conti – per proteggersi e per proteggere i nostri cari. Maschere che, di volta in volta, possono nascondere anche l’odio. Per mia colpa, in uscita da Mondadori, è un altro imperdibile appuntamento con i libri di Piergiorgio Pulixi,
Paolo Melissi
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Tornai a casa poco dopo l’alba. Sfinita. La confessione era andata avanti per altre due ore. Durante una breve pausa un collega del reparto informatico della Scientifica mi aveva mostrato dei documenti e dei tabulati con i messaggi e le telefonate della stalker. Teresa aveva detto la verità: quella donna l’aveva ossessionata per mesi. Dopo che ebbi finito con lei, avevo dovuto sbrigare la solita mole di scartoffie burocratiche che non avevo potuto rimandare, dato che il pubblico ministero di turno voleva chiudere il prima possibile la fase preliminare dell’inchiesta e andare a giudizio. Teresa era propensa a chiedere il rito abbreviato. Essendo incensurata, e valutando le attenuanti del caso, tra nove o dieci anni sarebbe stata fuori. Si sarebbe persa gli anni migliori dei suoi bimbi e avrebbe dovuto cercarsi un nuovo lavoro. Ricominciare a cinquanta, cinquantadue anni non sarebbe stato facile. Ma sapevo che in qualche modo ce l’avrebbe fatta. Gliel’avevo letto negli occhi.
Mi svestii e feci una lunga doccia, ripensando al suo racconto. Incontrare dal vivo la donna che le aveva rovinato la vita era stato troppo anche per una persona forte come lei. Aveva perso la testa davanti alle accuse infamanti di Miriam. Sentirsi scagliare addosso per l’ennesima volta le umiliazioni e i segreti di coppia l’aveva portata a valicare quel limite che nessuna persona dovrebbe oltrepassare. I freni inibitori si erano del tutto allentati. Era stata brava, fino a quel momento, a non rispondere alle provocazioni. Aveva incassato il veleno, voltato le spalle alla rivale ed era stata sul punto di andarsene. Mancavano meno di cento metri all’uscita del parco, e forse, se li avesse percorsi, io e lei non ci saremmo mai conosciute.
Ma Teresa quei cento metri non li aveva attraversati. Era tornata indietro. Aveva preso una pietra vicina a un laghetto e l’aveva schiantata sul capo di Miriam, mentre quella, di spalle, se ne stava andando, certa di aver messo per sempre le mani sul marito dell’altra. Non sapeva che le sue torture psicologiche avevano sortito un duplice effetto su Teresa; perché custodiva un segreto, e perché quel segreto non aveva fatto in tempo a dirlo nemmeno al marito.
Aspettava un altro bambino. Era stato quel pensiero a farle perdere la testa. L’avere dentro una vita senza colpa, che però le avrebbe ricordato per sempre un momento nero della propria esistenza, doveva essere stato un fardello troppo grande da sostenere.