Piero Chiara era un grande straordinario affabulatore, curioso della vita, dei vizi e delle virtù di amici e conoscenti, e tanti ne ha immortalati nei suoi romanzi, cambiando nomi ma non troppo, perché in lui il piacere del pettegolezzo era pari alla gioia di scrivere.
Ho avuto il piacere di conoscerlo a Lugano, in occasione dei cento anni dello scrittore Chiesa, dopo poche frasi di circostanza mi spiegava che l’egoismo è alla base di vite lunghissime “…i sentimenti, le emozioni invecchiano, uccidono.” Aggiungeva poi che, essendosi seccata la punta del naso del festeggiato, causa l’età, gli era stata ricostruita in gomma. Aveva ragione naturalmente.
Ci siamo rivisti e frequentati assiduamente a Varese, dove ho vissuto per alcuni anni e dove sicuramente non avrei resistito un giorno se non avessi avuto il piacere delle frequentazioni quasi quotidiane con Chiara, con Renato Guttuso in estate, con Enrico Baj a Velate. Piero amava raccontarsi spregiudicato e superiore ai normali canoni di comportamento, la malattia lo avrebbe rivelato molto migliore di come aveva finto di essere, nobile e coraggioso.
Giravano “La stanza del Vescovo” e lui chiese che gli lasciassero la barca a vela, abbiamo passato pomeriggi di breva e di sole, per finire la serata a Luino o a Maccagno. Che ritrovo in uno dei suoi articoli di viaggio, ma nella trattoria che ci aveva ospitati aggiungeva un particolare inedito: il nome Maccagno, così come il cognome di molti suoi abitanti derivavano da un gruppo di scozzesi, soldati mercenari, che, finito di combattere si erano fermati per sempre sulle sponde del lago, da qui i frequenti Mac poi trasformati in Maccapani, Maccarenti, ecc che ancora abbondano nel Varesotto.
Leggo i suoi incontri con i Pittori, lui era accorto collezionista. Una notte, dopo una serata di giuria al Campiello, ci trovavamo a Feltre, passando sotto i portici vede in una gioielleria esposta un’incisione di Tozzi. Non ha avuto pace finché non ha svegliato il proprietario e si è assicurato il Tozzi facendo, naturalmente, un affare. Descrive nei suoi viaggi a Parigi l’incontro con Leonor Fini, la visita nel suo studio, la semplicità melanconica della grande pittrice. Li raggiunge Viviani, allora a Parigi anche lui, e lo ritroveremo in un’altro articolo, scritto vent’anni dopo, a Perugia.
Mi intenerisce il racconto del suo viaggio in aereo, per Parigi. Vola sopra il Monte Bianco, tutta quella neve lo atterrisce, incontra una tempesta, finalmente planano verso la pista, un signore seduto accanto a lui non ha mai smesso di leggere. È evidente che è la sua prima volta, descrive emozioni, paure, sollievo all’atterraggio per lo scampato pericolo. Erano i tempi in cui si raggiungeva a piedi l’aereo sulla pista e si saliva a bordo senza controlli. In un altro articolo osserva un viaggiatore turco che, sbarcato, si avvicina ai limiti della pista per guardare il paesaggio, gli alberi, i fiori dopo tante ore di volo.
Divide le frontiere in luoghi in cui si può stare seduti, Francia, Svizzera, Spagna o si deve uscire dall’automobile, come per il Portogallo, e aspettare pazientemente il permesso da apporre sul vetro; osservazioni minime ma che rivelano lo spirito caustico e allegro con cui Chiara si impossessa del mondo. Viaggerà molto in Portogallo e di Cascais ci darà una cronaca melanconica, del nostro ultimo Re in esilio che lui non vedrà ma che attira folle di nostalgici anche nel giorno che in Italia festeggia la Repubblica. Regge, Castelli, conventi , monache scrivane, tutto passa sotto la sua lente e ci viene raccontato con il suo tratto rapido, efficace.
Mi confidò un giorno che il suo Maestro di scrittura fu Conrad << Leggi come inizia il romanzo..il giorno, il mese, l’anno e la goletta entra in porto.., niente aggettivi, diretto, e di lì inizia il racconto>>.
Ci lascia cronache estremamente attuali sul terremoto nel Belice, i paesi devastati, i villaggi di fortuna pronti ma la burocrazia non lascia arrivare l’elettricità. Sindaci come Peppone di Guareschi, strage di galline e l’eterna pazienza del contadino che torna a curare i campi.
Viviani, rivisto in Italia gli parla di Filippo Lippi come di un conoscente, svela che ha una relazione con la monaca immortalata nella Salomè, avranno un figlio, Filippino, e una bolla papale lo scioglierà dai voti permettendogli giuste nozze con la sedotta. Come una storia di paese, il passato e il presente coesistono, si fondono, diventano un unico grande racconto in cui Piero, descrivendo paesaggi si apre alla Storia, a vicende passate e presenti.
Roncoroni ha curato la scelta di questi articoli di viaggio, scritti in trent’anni e pubblicati a piu’ riprese su diverse testate, come usava anni addietro; il fedele Roncoroni, che ricordo bel ragazzo sveglio e attento, sempre presente all’amicizia verso Piero e alla devozione totale per Mimma, moglie di Piero, donna intelligente vivace, dallo straordinario linguaggio “bosino” che sicuramente ha ispirato lo scrittore. Nessuno conosce Piero Chiara meglio di Lui, insieme hanno affrontato le Memorie di Casanova, insieme hanno percorso un bel tratto di vita di cui qualcosa affiora, tra un viaggio e l’altro, tra un aereo e un treno, tra Londra e la Valsolda, in questo libro pubblicato da Aragno. Grazie Roncoroni.
Recensione di Carla Tolomeo Vigorelli a In viaggio di Piero Chiara, a cura di Federico Roncoroni, Aragno Editore, 2019, euro 25,00.