Quanti di noi si sono mai veramente interrogati sul concetto di fiducia? La parola deriva dal latino fides, “riconoscimento dell’affidabilità dell’altro”, indica dunque qualcosa che si conquista sul campo, che richiede l’incontro. Spesso ci fidiamo troppo presto degli altri, senza averne reale conoscenza: oggi poi con il forzato aumento del tempo passato sul web ancora di più, ma comunque chissà se davvero si possa mai conoscere bene qualcuno, anche se lo “vediamo” di persona. Non essendo isole, ci sono situazioni in cui ad ogni modo dobbiamo fidarci, abbiamo bisogno di fidarci. E pensare a un mondo senza fiducia equivarrebbe a dire che abbiamo perso come genere umano. La fides che rappresenta il vincolo, è usata anche per indicare un laccio, una cordicella, fides allora è creare un legame. Perché ci si crede. Quasi come avere fede, anche se la fede è immediata, non presuppone un acquisto sul campo. Ma se ci pensiamo bene, capita che ci si fidi di chi in fondo non si conosce affatto, allora la fiducia è quasi un atto di fede, un credere supportato dalla speranza di non essere traditi. Quante volte avete tradito la fiducia di qualcuno? E’ ragionevole pensare che molti di noi, almeno una volta nella vita, abbiamo tradito qualcuno che aveva riposto in noi la propria fiducia. Magari eravamo sopra pensiero, distratti, oppure non pensavamo che, non sapevamo che… O non ce ne siamo preoccupati e abbiamo detto, scritto o fatto. O l’esatto contrario. “E’ successo per disattenzione, non volevo…”. Non è sbagliato ribadire una parola che troppo spesso dimentichiamo di mettere in pratica: attenzione. Avevo cominciato a praticare Karate (poi interrotto causa Covid) e tra i venti Principi Guida di Funakoshi figura come settimo il seguente: La disgrazia è causata dalla disattenzione. Facciamo attenzione, eviteremo così molti “colpi” e colpe. Facciamo attenzione non per paura di essere scoperti, ma attenzione ai sentimenti. Perché se la ragione può essere ripristinata, i danni emozionali non possono essere sempre riparati, ci sono ferite dell’anima che non guariscono. Praticare l’attenzione è fondamentale, ci consente di rimanere vivi. A partire da oggi mi affiderò a questa regola: Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te. Soprattutto se non sei in grado di sopportarlo. Perdonatemi se ho “tradito” la regola d’oro della reciprocità con una aggiunta che vuole evidenziare come l’attenzione si possa allenare ogni giorno basandosi anche sul nostro grado di sopportazione. Prendendo a prestito le parole di una famosissima canzone: quanto siamo disposti a perdere? L’ottica qui è quella del togliere, lasciamo da parte il guadagno, per una volta. Che cosa sto togliendo all’altro? In questo periodo così difficile per tutti noi a causa del Covid dove ci viene chiesto di rinunciare a molta della nostra libertà, cerchiamo di non togliere ulteriormente a noi stessi e a chi ci è vicino. Alejandro Jodorowsky, artista di fama internazionale, ha detto: “Quello che dai, te lo dai”. Quindi quello che togli, lo togli a te stesso. E che queste mie parole misurate e gentili mi facciano da faro ogni volta che starò per “tradire”. Non ne uscirò indenne, lo so, ma vale la pena provarci. Proviamoci tutti a fare più attenzione.
Silvia Castellani
“La gentilezza delle parole crea fiducia”
Lao Tse