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Quando Sinclair Lewis rifiutò il Pulitzer!

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Un inedito di Sinclair Lewis, tra i più grandi scrittori del ‘900, primo scrittore americano a vincere nel 1930 il Premio Nobel per la Letteratura, ottenne il Premio Pulitzer per il romanzo nel 1926, ma rifiutò di ritirarlo (il più ambito dagli autori degli Stati Uniti), con una lettera che qui pubblichiamo per la prima volta in Italia (nella traduzione di Michele Crescenzo). Vinse con il Dottor Arrowsmith, la storia di un medico di campagna arricchitosi diventando professore in una clinica privata (il dottor Cottard della Recherche e Charles Bovary), ma perdendo ogni professionalità con l’avanzare della sua carriera (il nome del protagonista richiama la parola inglese narrow, “stretto”, “ristretto”). Lewis rifiuta quello che allora era ancora chiamato il “Premio Pulitzer per il Romanzo”, scrivendo una lettera al Comitato del Premio e declinando l’onorificenza del riconoscimento letterario (l’equivalente del Premio Strega in Italia) intuendo come molti concorsi letterari erano già asserviti a logiche commerciali e alla cecità di una critica sempre più ridotta ad una conventicola di accademici lontani dai lettori.

Sinclair, a oggi, rimane l’unico ad aver rifiutato il Pulitzer. Certo non disdegnò il Premio Nobel per la Letteratura perché “lontano dalle ideologie americane”. Quelle stesse ideologie contro cui ha combattuto in ogni suo romanzo, a cominciare da Babbit , tra le migliori metafore mai scritte sull’americano medio. Una coerenza che certo non l’aiutò: Lewis è l’unico Premio Nobel i cui libri (anni fa pubblicati da Mondadori, Tea e Corbaccio) in Italia sono tutti incredibilmente fuori catalogo.

Gian Paolo Serino

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Giovedi, 26 Maggio 1926

Per il comitato del Premio Pulitzer,

All’attenzione di Mr. Frank D. Fackenthal, Segretario,

Columbia University

New York City

Egregi signori,

vorrei ringraziarvi per aver assegnato il Premio Pulitzer al mio romanzo “Arrowsmith”. Premio che sono costretto a rifiutare e tale rifiuto non avrebbe senso se non vi spiegassi le ragioni.

Tutti i premi, come del resto anche i titoli e le onorificenze, sono pericolose. Gli scrittori che vogliono vincere dei premi prestigiosi tendono a lavorare non per l’eccellenza, ma per queste riconoscenze amene. Si tende a scrivere in modo timoroso per non stuzzicare i pregiudizi di una commissione creata dal caso. E il Premio Pulitzer per i romanzi è particolarmente discutibile perché é il regolamento è stato costantemente e gravemente travisato.

Infatti, i termini per l’assegnazione del premio sono “per il romanzo americano pubblicato nel corso dell’anno che riesce a rappresentare al meglio l’atmosfera della vita americana nel suo più alto livello di educazione e virtù”. Questa frase, se significa qualcosa, vorrebbe indicare che la valutazione dei romanzi deve essere fatta non in base al loro merito letterario, ma in obbedienza a un qualsivoglia codice di buona forma che potrebbe essere popolare in un momento storico.

Che ci sia una tale limitazione del premio è poco comprensibile, sia per la riduzione che l’annuncio riporta e sia perché alcuni editori hanno strombazzato su tutti i giornali che ogni romanzo che ha ricevuto il Premio Pulitzer è, senza alcun dubbio, il miglior romanzo in assoluto. Il pubblico è indotto a credere, infatti, che il premio sia il più grande onore che un romanziere americano possa ricevere.

Il Premio Pulitzer, per essere accettato in questo modo dagli scrittori, rappresenta molto di più che un migliaio di dollari per la vittoria. C’è la credenza generale che gli amministratori del premio siano come un organismo pontificio, unico organo che abbia con il potere di individuare l’opera con maggiori meriti. Si ritiene che siano sempre guidati da un comitato di critici responsabili, anche se nel caso sia di questo che di altri premi Pulitzer, gli amministratori possono fare, a volte, scelte piuttosto arbitrarie e respingere ottimi suggerimenti.

Se oggi il Premio Pulitzer è così importante, non è assurdo pensare che in una futura generazione potrebbe diventare l’unico obiettivo per il quale ogni romanziere ambizioso s’impegnerà; e gli amministratori del premio potrebbero diventare un organo giurisdizionale supremo, un collegio di cardinali, così radicati e così sacri che a sfidarli si rischierebbe di diventare blasfemi.

Solo rifiutando sistematicamente il Premio Pulitzer, i romanzieri possono impedire che un tale potere venga imposto su di loro.

Il Premio Pulitzer e l’Accademia Americana delle Arti e delle Lettere sono l’inquisizione di seriosi signori letterari: tutto questo spinge gli scrittori a diventare cauti, gentili, obbedienti, e sterili. In segno di protesta, ho rifiutato l’elezione dell’Istituto Nazionale delle Arti e delle Lettere alcuni anni fa, e ora devo declinare il Premio Pulitzer.

Invito gli altri scrittori a considerare il fatto che, accettando i premi e l’approvazione di queste vaghe istituzioni, stiamo ammettendo la loro autorità, e attribuiamo pubblicamente ai giudici un’eccellenza letteraria, e mi chiedo se qualsiasi premio valga questa sottomissione.

Cordiali saluti.

Sinclair Lewis

(traduzione di Michele Crescenzo)

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