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R.A.M di Edoardo Erba

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«Bisogna diventare ambasciatori del coraggio dell’innovazione, del rischio della creatività. Sarebbe semplice portare in scena soltanto i già consacrati. Questo teatro vuole anche aiutare le persone a realizzare quello che hanno la possibilità e il talento di diventare. Questo teatro rischia per quello in cui crede.”

Parla così Andrés Ruth Shammah, fondatrice e direttrice del Teatro Franco Parenti di Milano, alla prima dell’opera R.A.M.

L’opera è stata scritta dal noto drammaturgo Edoardo Erba con la regia di Michele Mangini, giovane regista che segna in questo modo il suo esordio nel teatro di prosa: «Questo è uno spettacolo sulle seconde possibilità.[…]Ma sono una brutta bestia, le seconde possibilità. Vanno guadagnate, sedotte, combattute, bisogna mettersi in gioco ed essere pronti a cambiare, bisogna far pace con gli errori degli altri e poi con i nostri».

La scenografia dell’artista Michele Iodice è una vera e propria installazione d’arte contemporanea che la fa da protagonista insieme a Marina Rocco, Giovanni Battista Storti, Gianna Coletti, Alberto Onofrietti e Irene Vetere. Serbatoi di acciaio agganciati tra di loro che parlano metaforicamente e sui quali vengono proiettate immagini luminose ma a evanescenti, che creano un senso di disorientamento che accompagna e si intreccia con quello di Cruz.

Cruz, interpretata da Marina Rocco, che nel 2121 vende la sua memoria emotiva ed esperienzale in cambio di un conto in banca stellato e della possibilità di un nuovo inizio. Da lì in poi ci sarà tanto da capire. Per sopravvivere prima – di solito quelli che vendono la memoria agli aumentati si uccidono nelle prime 24 ore posteriori all’intervento – per conquistarsi una nuova vita poi.

A cosa serve il ricordo? Chi o cosa siamo senza la nostra memoria? Siamo fatti di storie, dice Lady (Irene Vetere) a Cruz tentando di aiutarla a crearsene una.  E quanto ha di verità la storia che ci raccontiamo su di noi? E quanto importa la verità? Con lo sguardo lucidato da questo reset Cruz si chiede: come siamo arrivati a questo punto di siccità e solitudine? Come, se eravamo in tanti? Cosa ci avete promesso in cambio?

Nel monologo finale un’emozione arriva dritta senza passare dal pensiero quando quando Cruz toccandosi il petto dice ‘noi’, e lo ripete come chi trova una chiave.

La chiave è anche lei e il suo recitare talmente sincera e immersa nella storia da portarci dentro senza dubbi nella sua disperazione, nella rabbia che le pulsa in testa senza spiegazione, nella recriminazione per le scelte sbagliate, nella ricerca inarrestabile di un posto dove stare, partendo dai vestiti dai quali entra ed esce più volte in scena; nella potenza del porre domande, nella speranza come punto di fuga che segna la strada, nell’abbraccio a ciò che si abbandona per abbracciare quello che verrà. Perché nessuno, pare, si salvi da solo.

Mercedes Viola

R.A.M.

Teatro Franco Parenti

dal 21 al 30 giugno

Testo di Edoardo Erba, regia Michele Mangini, con Marina Rocco, Gianna Coletti, Alberto Onofrietti, Giovanni Battista Storti e Irene Vetere, scene e costumi Michele Iodice, luci Pasquale Mari, video Alessandro Papa.

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