La civiltà in parole: “La vita ti scaglia addosso i suoi temi con violenza. Le parole che in Europa piovono da ogni dove non significano niente. Le parole che in Cina si pesano su bilance minuscole significano vita o morte”.
Un riparo insalubre: “Rifiutare il senso di protezione in cui ti culla l’ignoranza, questo è il fine; l’ignoranza è una strategia di sopravvivenza, la più efficace”.
La saggezza del Maestro: “La via è ciò da cui, neanche per un istante, ci si può allontanare. Se fosse possibile allontanarsi da essa, non sarebbe la via”.
È in libreria dal 30 Ottobre Ore di piombo di Radka Denemarková (Miraggi edizioni 2024 pp. 928, € 36, con traduzione dal ceco di Laura Angeloni).
L’autrice è una delle più note scrittrici ceche contemporanee e una delle voci politiche più apprezzate del paese. Ha studiato letteratura tedesca e boema all’Università Karlova di Praga ed è ricercatrice presso l’Istituto di Letteratura Ceca dell’Accademia delle Scienze della Repubblica Ceca. Altri libri pubblicati in italiano sono: I soldi di Hitler (Keller, 2012) e Contributo alla storia della gioia (Sovera, 2018), entrambi tradotti da A. Zavettieri.
Ore di piombo è un romanzo che ci aiuta a comprendere la Cina di oggi, ma che forse ci farà scoprire ancora di più su ciò che siamo noi e la nostra Europa.
Un romanzo straordinario che non solo ci offre una finestra sulla Cina contemporanea, ma che potrebbe rivelarci ancor di più su chi siamo noi e sulla nostra Europa.
Una galleria di personaggi simbolici -un imprenditore ceco con la moglie e la figlia adolescente, un Diplomatico, un Programmatore, una Studentessa americana, un Amico, una Ragazza cinese-intrecciano le loro vite nel cuore della Cina.
Animati dal desiderio di una nuova esistenza, libera dai traumi del passato e dai pesi familiari, si ritrovano però intrappolati in ruoli che sembrano predestinati, guardiani di un ordine immutabile. Un Occidente soggiogato dal mito del profitto si fonde con un Oriente dalle radici antiche, entrambi fondati su un capitalismo “dispotico”. Personaggi fiabeschi, come due gatti filosofi, la gazza azzurra e i corvi, arricchiscono il racconto, mentre le esili voci dei dissidenti, i non rieducabili, sono sempre più emarginate, minacciate, punite, eliminate.
Le vicende dei protagonisti si intrecciano e sono pervase dalla presenza di Scrittrice, un’eroina dei nostri tempi, convinta sostenitrice dei valori democratici e dei diritti civili. Il suo influsso su ciascuno di loro è profondo, talvolta con conseguenze fatali. Ognuno vive una frattura personale che rispecchia quella collettiva: il vecchio mondo europeo è giunto a un punto di non ritorno, e l’intera società sta attraversando la sua “ora di piombo”, un’epoca di apatia rassegnata, frenesia vana, asservimento a un consumismo sfrenato.
In questo imponente romanzo, l’autrice esplora a fondo i due mondi, mescolando con maestria citazioni di Confucio, Havel e altri pensatori, nell’incontro-scontro tra culture apparentemente distanti eppure ormai così simili, smarrite in una globalizzazione che amplifica i loro aspetti peggiori.
Carlo Tortarolo
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PROLOGO VIAGGIATORI E VIANDANTI NEL TUTTO SOTTO IL CIELO
生
Il diario di viaggio uscirà tagliato, castrato. Scrittrice ha la sgradevole sensazione di averlo scritto con le mani legate. Con un peso di piombo intorno ai polsi. Parla di paesaggi e montagne, di una cultura millenaria, dei palazzi d’estate, della poesia dell’antica Cina, della porcellana a guscio d’uovo, della vastità e di una bellezza mozzafiato, che toglie il respiro, soffoca, opprime. Parla di templi buddisti; il fine è il nirvana, l’annullamento di ogni desiderio e nuova aspirazione, il beato stato di annientamento; la violenza non fa che agitare la superficie del mondo e inquinare il karma. Parla di città megalomani, di giardini cinesi, di cucina cinese, di calligrafia cinese, di delicatezza e fremiti, è un libro spiritoso, breve e infarcito di fotografie, di piccoli consigli pratici, un’inezia dopo l’altra. A pasto finito, fatelo capire al cameriere poggiando le due bacchette una accanto all’altra, in orizzontale, sul bordo della ciotola. Se bevete il tè in compagnia è buona educazione riempire prima le tazze degli altri non appena vi accorgete che sono vuote. Se invece il tè viene servito a voi, date un lieve colpetto sul tavolo con l’indice e il medio in segno di ringraziamento. Nella Città Lhasa fate molta attenzione al mal di montagna; alcuni hotel mettono a disposizione le bombole di ossigeno.
È giunta l’era degli avventurieri e dei viaggiatori. Riscopriranno il mondo daccapo, coi propri occhi e le proprie orecchie e la propria anima, basta con le lezioncine a pappagallo e le mezze verità. Finalmente si terranno alla larga dall’inganno della prima impressione. In Cina nulla è come appare a un primo sguardo. Sono necessari un secondo e un terzo e un quarto sguardo, ben a fondo sotto la superficie. Esiste un segno po per l’anima che muore col corpo? Esiste un segno hun per l’anima che vive oltre il corpo? Al quarto sguardo, vi prego, non giratevi dall’altra parte. La Cina non è solo l’effigie delle moderne metropoli, come la Città Pechino e la Città Shangai e tutta la provincia cantonese. La Cina è tanti paesi in un unico paese. E ogni provincia ha il suo centro e la sua periferia con vie di comunicazione malmesse, zone di campagna povere e arretrate e signorotti corrotti; la povertà e la ricchezza non si possono celare.
Nel xix secolo l’influenza della Città Pechino in Tibet si è affievolita. Dell’antico potere non è rimasto che un riflesso simbolico. Dalla caduta dell’impero del 1912 fino all’invasione comunista degli anni 1950-1951, il Tibet è vissuto come stato indipendente. Nessun governo comunista vuole concedere al Tibet l’indipendenza. E non accettano di venire a patti col Dalai Lama, la guida spirituale tibetana, e concedere una qualche forma di autonomia. Il territorio è molto vasto e i cinesi si sono autoconvinti che appartenga storicamente alla Cina. Ai turisti dei paesi benestanti questo luogo piace molto. Si informano vicendevolmente sui social network di cosa hanno masticato e bevuto, cosa hanno visitato, dove sono andati a fare il bagno, quali monti hanno scalato, in che letti hanno dormito. Stranamente mangiano e visitano tutti le stesse cose; il mondo ha ormai l’aspetto di un gaio pellegrinaggio attraverso un calderone di informazioni autoreferenziali. Si persuadono che il mondo è come le guide lo descrivono.
Tutto il resto li inquieta.
Nel 1989 il Dalai Lama ha ricevuto il premio Nobel per la pace. Da quel momento il Tibet è più popolare che mai. La Città Dharamsala, più precisamente McLeod Ganj, la località indiana in cui attualmente risiede Sua Santità, è diventata meta di pellegrinaggio di tutti gli idealisti, di tutti i cercatori di felicità; la meta del turismo di massa della mente felice. Il luogo prescelto da europei e americani per liberarsi dall’odio, dalla collera, dalla paura, dall’angoscia, dalla rabbia. Possano tutte le creature viventi essere felici, recita un mantra tibetano. In Occidente tutto ciò che proviene dal Tibet è sacro: buddismo, medicina, arte; si vende bene. L’occupazione cinese non interessa a nessuno, ormai nessuno crede più al ritorno del Dalai Lama.
Inizialmente vittima dell’aggressione cinese.
Oggi vittima del neoliberismo e dei turisti. Che si aspettano una sola cosa: tibetani pacifici e religiosi, in sella agli yak, che meditano seduti sulla cima delle montagne, bevono tè al burro. L’Occidente finanzia con molta generosità tutto ciò che è accompagnato dall’aggettivo tibetano, soprattutto se ha a che fare con monaci, pratiche di guarigione, artisti, misticismo. Ma non è disposto ad appoggiare i tibetani nella loro battaglia contro i cinesi per la liberazione del Tibet. Non è disposto ad appoggiare i monaci che ogni anno si bruciano vivi per protesta contro l’occupazione cinese. Non è disposto a bruciarsi vivo anche lui.
La Cina è sorriso e pazienza.
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© Radka Denemarková 2018
© 2020 Miraggi edizioni, Torino
www.miraggiedizioni.it
Titolo originale dell’edizione ceca:
Hodiny z olova (Host, Brno 2018)