Questa cinica favola pubblicata nel 1959 sembra non avere un senso. Possiamo accostarla ad Alice nel paese delle meraviglie di Carrol. Una cosa è certa, Queneau è il terrore dei traduttori. I suoi giochi linguistici sono difficili e il nostro idioma non sempre si presta alle sue elucubrazioni.
Tuttavia, siamo in presenza di un non senso da interpretare, che ha una sua logicità ed è da questo aspetto che prende corpo la neolingua di Queneau. Un idioma inventato di sana pianta, attraverso cui lo scrittore ha tanto esaltato quanto disintegrato la lingua francese. Ma per noi comuni mortali, lettori italiani e con poca conoscenza del francese, come arriva tutto questo?
Partiamo dal nome della protagonista, Zazie, che al nostro orecchio risuona come zizzania. Un nome azzeccato dato che tutto ruota intorno a questa bambina ribelle e dispettosa che vorrebbe provare l’ebbrezza di un viaggio in metrò. Per lei sarebbe la prima volta e come spesso accade la prima volta non si dimentica mai. Purtroppo, a guastare la festa, ci pensa lo sciopero dei macchinisti che ha paralizzato Parigi. C’è quindi da camminare. A mettersi in marcia saranno Zazie, lo zio ormosessuale, ballerino in un night club, e la madre che ha ucciso il marito con un colpo di scure in testa. Ma dove vanno? Purtroppo non lo sanno neanche loro!
Fanno strani incontri, incappano in diversi litigi, tutti innescati dalla pestifera Zazie, che disturba e infastidisce estranei e conoscenti con i suoi gridi di protesta Me ne sbatto e Un c….
Queneau scrive un racconto ironico in cui la logica viene fatta a brandelli. Dobbiamo unire le tessere che incontriamo lungo le pagine per trovare una via di fuga dal confuso mondo dello scrittore francese. Nulla di difficile, nulla di impossibile, dobbiamo solo leggere e giungere alla fine. La spontaneità di Zazie non è solo una reazione, ma un “no” che contiene già una dichiarazione di guerra. La protagonista vuole conoscere le meraviglie di Parigi, vuole salire su un metrò, vuole incontrare gente. Cerca la vita, vuole fare esperienze; grazie alla sua innata astuzia riuscirà a liberarsi dalle maniacali attenzioni degli adulti.
Ma cosa si nasconde tra le righe di questo romanzo?
La neolingua, la volgarità, il non senso, l’apparente linearità di una vita che corre sul binario della razionalità ma che è fondamentalmente caotica. Percepirete queste sensazioni ma lo farete ridendo, perché la capacità di Queneau è stata quella di utilizzare le armi della favola e dell’allegoria. Non è un caso che il nostro Calvino, che molto si avvicina al suo stile, abbia annoverato l’autore francese, morto nel 1976, tra i suoi scrittori preferiti. E non dobbiamo dimenticare che sempre Calvino ha tradotto l’altro grande capolavoro di Queneau, I fiori blu.
Zazie nel metrò, però, non è semplice da spiegare al grande pubblico. Rimane un romanzo enigmatico e può essere “letto” in molti modi. Tanti sono i significati che nasconde tra le sue pagine. Uno però lo acciufferete subito: Zazie è una bambina che sta perdendo l’innocenza. Queneau riscrive Cappuccetto Rosso e al posto del bosco usa come scenario Parigi. Fatto sta che la pestifera bambina sa essere tanto ingenua quanto spietata. Appare indifesa ma al momento giusto sa indossare i panni del lupo e del cacciatore.
Tra questi geniali e inaspettati cambi di personalità sorgono gli equivoci, quelli che il fato distribuisce a casaccio. Spesso non hanno un nome e l’uomo deve creare parole nuove per identificarli ed esorcizzarli.