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Renato Assin. Il Nilo non finisce nel mare

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«Vado dalla parte opposta perché la direzione può cambiare da un momento all’altro».

Il Cairo-Milano andata e ritorno via Gerusalemme, poteva essere un titolo alternativo da dare a questo interessante romanzo famigliare scritto da Renato Assin e pubblicato qualche anno fa da Alter Ego Edizioni.

I luoghi principali dove si sviluppa la storia di una famiglia di origini ebraiche, la famiglia Mosseri, sono quelli che ho indicato nel “mio” titolo, negli anni che vanno dal 1940 al 1967, negli anni in cui nascono, per una decisione presa a tavolino, due nuovi Stati, Palestina e Israele, e scoppia così una bomba che continuerà a detonare periodicamente chissà fino a quando.

Joseph Mosseri, con la moglie i figli e la governante di origini friulane Ilda, vive in una palazzina chiamata Babele, non a caso.

Babele, a mio parere, si può definire il Paradiso in terra. In questa costruzione residenziale che mi sono chiaramente figurato mentre leggevo, vivono cinque famiglie, cinque mondi completamente diversi l’uno dall’altro per usi costumi e tradizioni, e vivono insieme in pace. I bambini giocano insieme nel cortile, ragazzi e ragazze si cercano e si amano con gli sguardi, gli adulti pregano (avete capito bene!), pregano ognuno con i loro riti nel proprio spazio rispettando i tempi e gli inni degli altri.

I colori e gli odori, di questi mondi diversi, si mescolano in un vero arcobaleno di convivenza civile. Una situazione meravigliosa. Ma il 29 novembre 1947 le Nazioni Unite sanciscono la nascita di due nuovi Stati, approvando la divisione di un territorio semi desertico in due parti: Palestina e Israele.

Questa decisione per certi versi così lontana da tutte le famiglie di Babele, devasta le loro vite, sconvolge la nazione che li ha un tempo accolti, l’Egitto, costringe la famiglia Mosseri in particolare a una nuova diaspora, interna al loro piccolo nucleo così saldo e unito.

I figli progettano fughe all’estero, chi per combattere a fianco dei fratelli israeliani, chi per salvare la pelle, e gli averi della famiglia, mentre i “vecchi” cercano di resistere.

Joseph e la moglie Alice si sentono e vogliono continuare a essere egiziani, vorrebbero continuare a vivere in pace a Babele, insieme a musulmani, cristiani copti, armeni, e a una coppia gay belga. Ma questa grandissima nazione, questa terra ricchissima di storia e tradizioni, affascinante all’inverosimile, non li vuole più gli ebrei. Ancora una volta.

Sembrava tutto finito con la vittoria sul nazismo, la tragedia umanitaria della seconda guerra mondiale era conclusa. E invece no. Paradossalmente, da un accordo presso le Nazioni Unite, si scatena l’inferno dove ancora oggi, ai giorni nostri, bruciano un numero enorme di vite in un conflitto infinito.

Roberto Mosseri si è rifugiato a Milano, città che gli ha consentito di rifarsi una vita, di formarsi una famiglia e considerata la situazione in continuo peggioramento in Egitto, nasce presto in lui il desiderio di riunire in Italia la famiglia d’origine e ci riesce, almeno per una buona parte.

Tutto questo avviene in un arco di tempo che va dal 1948 al 1967, anno in cui la situazione politica precipita.

Si percepisce come imminente un aspro conflitto tra le parti, Egitto e alleati arabi da una parte, Israele dall’altra. La tensione sta per tramutarsi in qualcosa di molto grave, e in quel momento, il più difficile della storia che l’autore ci narra, avviene una sorta di completamento della riunificazione famigliare dei Mosseri.

E qui mi fermo. Vi lascio al finale a sorpresa preparato dallo scrittore.

Ho letto con estremo piacere questa storia, il racconto delle vicende quotidiane dei Mosseri e non solo, che mi hanno permesso attraverso le loro vite di rifare un giro nella Storia con la esse maiuscola, mi hanno fatto pensare che un mondo più bello, più vivibile, più pacifico potrebbe esistere, ma… ce ne accorgiamo anche in questi mesi come sia complicato.

Ringrazio l’autore di questo romanzo, per il seme di speranza che ha gettato nel terreno del mondo. Speriamo che altri scrittori e artisti come lui, e che anche ciascuno di noi, abbia la forza di piantarne altri. Ma poi vanno anche annaffiati, curati, amati i germogli e fatti crescere e difesi dalle intemperie.

Ho finito in modo un po’ sdolcinato, ma ogni tanto il mio pessimismo cede alla speranza.

Claudio Della Pietà

«In fondo non mi importa tanto dove vivere, quanto portarmi appresso il mio bagaglio…»

Renato Assin

Recensione al libro Il Nilo non finisce nel mare di Renato Assin, Alter Ego Edizioni, 2016, pagg. 204, euro 14.

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