Gabriele Priolo nasce a S. Margherita Ligure e vive fra Rapallo e Genova. È docente di lettere e cantautore. Dopo l’incontro con il Maestro Armando Corsi, nel luglio 2014 esordisce con Giuseppe degli spiriti, un concept sulla figura del conte Cagliostro. Poco dopo viene invitato dal Club Tenco a partecipare a una serata de Il Tenco ascolta.
Nel settembre 2015 esce il suo secondo album intitolato Occidente. Corbière, Borges, Gadda sono alcuni degli autori che ispirano questo nuovo lavoro, apprezzato da critica e pubblico.
Dopo una pausa di tre anni, Priolo torna con Poetry, forse l’opera più matura data la particolare tessitura musicale e letteraria, incentrata sul tema dell’inquietudine che spinge a muoversi, talvolta inutilmente, pur di sentirsi vivi. Alcuni versi tratti dalla canzone Genova (una sinfonia) e due poesie senza musica sono stati pubblicati sull’antologia Genova omaggio in versi uscita nell’ottobre 2019 per i tipi di Bertoni Editore. Gabriele Priolo sta ora lavorando al suo quarto album la cui uscita è prevista per dicembre 2021.
collocazione nella canzone d’autore
«Sono un carbonaro della canzone d’autore e uso questa locuzione “canzone d’autore” perché mi piace: e mi piace anche la parola “cantautore”. So che molti, invece, si affannano a partorire nuove tassonomie ma, per quanto mi riguarda, le parole sono quel che si portano appresso e io so di far parte di quel mondo lì. Mi sono esposto tardi e ho fatto girare la mia mercanzia senza fretta, senza forzare i tempi. Il processo della scrittura, per me, è assai lento, più che un processo è una processione: dall’idea alla necessità quasi biologica di esprimerla passa sempre parecchio. Ed è un momento sublime che mi ripaga della fatica necessaria che, fra l’altro, nessuno mi impone e che mi potrebbe essere comodamente rinfacciata come una perdita di tempo. Ma non è una scelta: credo che uno ci nasca. Ontologicamente sono così, non posso farci niente.»
esordi
«Ho cominciato a pubblicare nel luglio 2014 e il mio primo album semi-clandestino, Giuseppe degli spiriti, piacque all’allora Direttore artistico del Club Tenco, Enrico De Angelis, il quale mi invitò a una serata de Il Tenco ascolta a Laigueglia. Ci andai senza musicisti e arrivai un po’ stralunato, ma quando cominciai a cantare mi accorsi che la gente ascoltava e ascoltava con attenzione. Prima e dopo la mia esibizione si avvicendarono sul palco altri cantanti accompagnati da un nutrito stuolo di musicisti, perciò feci un po’ la figura di quello con la valigia di cartone, ma fui molto soddisfatto. Oggi affronterei la situazione in modo diverso, ma allora andava bene così. Quello fu il mio battesimo: capii che potevo stare su un palco con dignità e consapevolezza.
Canto se ho qualcosa da dire, sennò sto zitto. Le mie canzoni non guardano in faccia nessuno, neanche me. Non penso mai a chi potrebbe ascoltarmi, non mi interessa, è un problema loro. Io ho già i miei. Eppoi il pubblico non mi piace, allude a una massa informe, indistinta. A me premono le persone, ogni singolo individuo con il suo fardello di gioie e dolori, fallimenti e soddisfazioni; di tutto questo ho un rispetto infinito, è la mia religione. Io non canto per loro, io canto con loro: c’è una differenza enorme.
Scrivo le mie paturnie, le mie incazzature, le mie allegrie truffaldine, tutta roba da bipolare. Squaderno ciò che vedo per come lo vedo e mi creo una alternativa, arzigogolo prospettive, cerco un attimo di requie nella centrifuga del mondo. Le canzoni non vanno spiegate come la vita non va spiegata e due + due fa cinque. Quello che faccio da qualche parte resta, ma non so dove né per chi.»
«Oggi l’arte conta poco, non contava prima, figuriamoci adesso: è roba da perditempo perché con l’arte non si mangia e tu ora hai bisogno di mangiare perché qui tutti chiudono, le attività collassano, c’è una crisi economica spaventosa. Certo, qualcuno scrive, dipinge, canta, nobilita così la propria sofferenza. Ma non c’è cassa di risonanza che porti quello che fa alla conoscenza del mondo. La creatività, d’altronde, si manifesta dove l’economia gira perché poi è un discorso di committenze e richiesta da parte di un pubblico che non abbia come unica necessità quella di sfamarsi. Siamo arrivati all’apice di questa crisi dissennata oltre la quale si aprono sterminate distese di nulla.»
nuovo disco
«Il nuovo disco è un concept pensato come un polittico artigianale ed elettronico. È un progetto stratificato e composito a partire dalla scrittura estremamente varia nelle sue modulazioni, su linee melodiche più nette che in passato e su armonie arrangiate con grande cura. I suoni sono acustici, elettronici o del tutto virtuali spinti a livelli estremi.
Per quanto riguarda i testi, ho sperimentato varie modalità d’approccio – più tradizionale, d’avanguardia, lirico e tecnico – a seconda delle necessità espressive. Le sezioni che costituiscono il lavoro sono ben caratterizzate dall’uso particolare di certi vocabolari, ricercando suggestioni poco usate. È un album che potrei quasi definire “sperimentale”.»
Oliviero Malaspina