«Sono nata a Firenze da genitori fiorentini…Fiorentino parlo, fiorentino penso, fiorentino sento. Fiorentina è la mia cultura e la mia educazione. All’estero, quando mi chiedono a quale paese appartengo, rispondo: Firenze. Non: Italia. Perché non è la stessa cosa.»
Si apre con queste parole il libro di Riccardo Nencini “A Firenze con Oriana Fallaci” edito a febbraio 2021 da Giulio Perrone Editore nella collana “Passaggi di dogana”.
È cosa nota come la Fallaci non volesse che qualcuno, all’infuori di lei, scrivesse la sua storia, ma azzardo che per Nencini, storico, scrittore, politico, ma soprattutto suo caro amico e nato in Mugello, avrebbe fatto un’eccezione. In fondo entrambi appartengono alla categoria degli “acci” diminutivo di “cristacci” ovvero dal carattere irascibile, ribelle, tendente alla rissa e sono in buona compagnia se pensiamo a Malaparte e Montanelli e ai fiorentini in generale.
La Fallaci che incontriamo all’inizio del libro è quella prossima alla fine, che “l’Alieno ha ridotto a uno scheletro”, nella camera 409 della clinica con la finestra spalancata su Piazza Duomo. Pronta all’ultimo viaggio, lei che ha girato tutto il mondo, non tralascia di andarsene con le mani curate e le labbra con un filo di rossetto. La sua educazione, il rispetto per se stessa e per i pochi presenti al congedo, glielo impongono.
Nel viaggio che l’autore ci propone incontriamo non solo i luoghi più noti di Firenze, quelli dati in pasto ai turisti, ma la città più intima, più vera, insieme a una Oriana bambina, nata in una casa modesta “Diladdarno”, in via del Piaggione, zona di artigiani e di massaie che stentano a tirare avanti. Non c’è il tempo né l’indole per piangersi addosso. La guerra impone una presa di posizione che non lasci dubbi ed eccola, appena ragazzina, staffetta, vincere la paura e portare bombe ai combattenti della Resistenza. Il padre socialista convinto e lei innamorata di Nenni.
«Tutto ciò che sono, tutto ciò che ho capito politicamente, lo sono e l’ho capito durante la Resistenza».
Già giornalista famosa fa l’inviata di guerra, su più fronti. Odio e amore i due sentimenti contrastanti che nascono in lei.
«Sì, almeno ho visto la vita in faccia. Senza ipocrisia».
Nencini, in questo suo narrare, ci invita a guardare la città con gli occhi rivolti verso l’alto, per notare gli stemmi, le iscrizioni sulle facciate dei palazzi, sui nomi dei vicoli, delle piazze meno note, altrimenti rischiano di passare inosservati. Se lo sguardo è verso il cielo, i piedi devono rimanere ben saldi al suolo per non allontanarsi dalla realtà e comprendere al meglio la storia di Firenze e il carattere dei suoi abitanti, Fallaci compresa. C’è la Storia conosciuta, ma anche quella ignorata dai più. Quindi, oltre alle lotte intestine tra le fazioni, troviamo curiosità riguardanti i grandi artisti.
«Brunelleschi schiavo della rabbia accumulata nello scontro col Ghiberti. Giotto geniale col pennello e negli affari. Dante soldato e ambasciatore prima che poeta…Masaccio litigioso, belloccio, Donatello spendaccione…»
Non solo. C’è l’indicazione della casa vera di Dante, per non farsi ingannare da quella contrabbandata come tale, ci sono le spiegazioni di alcune parole e detti come: “il tocco”, “essere ridotti al lumicino”, e “meglio un morto in casa che un pisano all’uscio”; non manca una vera ‘chicca’: il nome e la storia dell’architetto gelataio a cui si deve il prototipo del preservativo, ma troviamo anche indicazioni utili per assaggiare, ancora oggi, la tipica cucina fiorentina.
Oriana è presente nei suoi incontri con lo zio Bruno, con Malaparte, detestato come uomo, esempio come scrittore, e con Carlo Levi. La troviamo nella sua casa fiorentina, in quella di Casole, nel Chianti, insieme alla famiglia e Panagulis, in quella di New York, rifugio e prigione allo stesso tempo. C’è la fatica dello scrivere…«peggio che lavorare in miniera» e la sua lotta contro politiche considerate scellerate.
Non manca la vicinanza dell’autore a Firenze e all’amica Fallaci. La si avverte nel mettere in evidenza, di entrambe, i pregi, ma anche i difetti, le fragilità. Questo significa voler bene: l’accettazione senza esclusioni.
In questo libro c’è molto di più: Oriana tradita, come Dante e Savonarola in un lontano passato, osteggiata dalla sua città dove torna per morire e dove le campane, da lei tanto amate, le negano gli ultimi rintocchi. È noto: «I fiorentini sono sarcastici, pungono…se togli la Viola e, a specchio, l’odio per la Juventus, considerano la fedeltà legna da ardere». E lei: «anche da morta è un pericolo».
Per me, che ho studiato due anni a Firenze e ho conosciuto lo’scrittore’ Fallaci attraverso i suoi scritti, questo volume rappresenta un ritorno e, insieme una scoperta, di due realtà che hanno contribuito alla mia crescita come persona e so che merita un posto di riguardo nella libreria.
Carla Magnani
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Riccardo Nencini: ” A Firenze con Oriana Fallaci” Giulio Perrone Editore (pagg.173 euro 15,00)