Robbie Arnott (1989) è uno scrittore australiano. Il suo libro d’esordio, Flames, ha ottenuto diversi riconoscimenti, tra cui il Sydney Morning Herald Best Young Novelist Award. Il suo secondo romanzo, The Rain Heron, ha vinto l’Age Book of the Year Award ed è stato selezionato per il Miles Franklin Literary Award, l’ALS Gold Medal, il Voss Literary Prize, ed è di prossima pubblicazione per NNE.
Il terzo romanzo di Arnott, Ned e la balena, finalista al Dylan Thomas Prize 2023, è ora disponibile in libreria con traduzione di Guido Calza (NN Editore, 2023, pp. 240, € 19).
Nella calura di una lunga estate, Ned caccia conigli in una valle fluviale, sperando che le pelli gli fruttino abbastanza soldi per comprare una piccola barca. Nel frattempo, i suoi due fratelli sono in guerra e il loro destino è incerto. Il padre e la sorella maggiore lottano per tenere insieme le cose nel frutteto di famiglia, Limberlost.
Arnott dimostra un notevole talento nel creare descrizioni che trasformano momenti tranquilli in esperienze veramente straordinarie. Ad esempio: ” Riprese a camminare per Limberlost, il frutteto di suo padre, con il coniglio che gli ciondolava stecchito dalla mano. Dal comignolo di casa usciva una nuvola di fumo. Nel prato vicino, i meli avevano assunto lo splendore dell’aurora. Alle spalle di Ned luccicava il fiume che, in un verdazzurro cangiante, fra l’ardesia e il ceruleo, palesava la vera natura del proprio colore.”
Il romanzo esplora anche la mascolinità anglosassone del mezzo secolo, soprattutto nei taglialegna: “A fine giornata tornavano all’accampamento nel bush, dove i guardaboschi replicavano le violenze inflitte ai cavalieri bianchi – così chiamavano i pallidi eucalipti torreggianti – sui loro stessi corpi. Si cacciavano in gola laghi di birra, e fiumi di un acre rum brunastro”.
Ma il ragionamento si intreccia con questioni più profonde perché Ned desidera ardentemente diventare adulto, acquisire la risolutezza e trovare il suo posto nel mondo. Cerca di superare le sfide della vita, nonostante le aspettative e le pressioni che incombono su di lui.
Ned e la balena non si pone l’obiettivo di rispondere a tutte le complesse domande che solleva, ma con una prosa di alta qualità e un profondo senso di meraviglia, riesce a cogliere parte della complessità del nostro rapporto con la natura, insegnandoci che “Quando si ha paura di una cosa”, è meglio cercare di comprenderla e osservarla da vicino.
Carlo Tortarolo
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Si credeva che alla bocca del fiume fosse impazzita una balena. Erano andati distrutti svariati pescherecci in atti di violenza così straordinari da apparire sovraumani. Erano tutti avvenuti all’imbrunire, quando le barche oltrepassavano i promontori di ritorno al porto – dove si diceva che zampillassero pennacchi d’acqua. Dai mercantili giungeva notizia di lugubri e potenti vibrazioni che rimbombavano negli scafi. Il volo dei gabbiani era inconsueto; i cormorani parevano imbizzarriti. Chi nuotava in mare perdeva il ritmo delle bracciate per un’acuta e antica melodia che si levava dall’acqua. Qualcuno avvistò una pinna caudale agitare i flutti.
Ned aveva cinque anni quando successe tutto questo. Da adulto dovette sforzarsi per ricordare chiaramente l’episodio, ma all’epoca non si parlava d’altro. L’animale era stato arpionato molto più a sud, disse lo zio di qualcuno, e adesso, fuggito verso nord, si vendicava su ogni imbarcazione che incontrava. Stando a un’altra storia, l’arpione si era conficcato nel cervello della balena, che era diventata perfida e brutale. Secondo un’altra ancora, i balenieri avevano mancato la balena ma non il suo piccolo branco, e la creatura era impazzita alla vista della sua famiglia massacrata.
C’erano poi teorie che non tiravano in ballo la caccia, bensì gli squilibri lunari e il giudizio divino, ma a quelle non si badò più di tanto. La gente addossò perlopiù ai cacciatori del Sud la responsabilità di aver scombussolato la mente dell’animale. Si parlò di lettere di protesta, di richieste di indennizzo, di un possibile coinvolgimento dell’amministrazione comunale.
«Stupidaggini» disse il padre di Ned ai suoi figli. Li aveva beccati seduti a cena che parlottavano dei relitti, senza notarlo rientrare dal frutteto.
«Non c’è nessuna balena» disse. «Nessun mostro. I pescatori fanno tre cose: bevono troppo e s’inventano storie».
Si tolse il giaccone e lo appese al gancio vicino alla porta.
«E la terza?» domandò Bill, il fratello più grande di Ned.
Il padre si calò a fatica sulla sedia. «Ogni tanto tirano su qualche pesce».
Le sue parole, però, non li convinsero; la faccenda della balena impazzita era penetrata troppo a fondo nelle loro menti. La sorella di Ned, Maggie, era abbastanza grande da non partecipare al chiacchiericcio, ma Bill e Toby, che era il fratello di mezzo, ne parlavano di continuo.
Ned sentì ogni cosa, e quei discorsi lo riempirono di un terrore ossessivo. Pensava tutto il giorno ai ketch e alle barchette a remi sfasciati, a un gigante invisibile con una lama incastrata nel cervello. Di notte i suoi sogni s’inondavano d’acqua che schiumava sangue. Per un’intera settimana si svegliò sudando e strillando, finché il padre esausto volle sapere il perché di tanta agitazione e lui rivelò i suoi incubi sull’infernale, mortifera balena.
«Benissimo» disse il padre il mattino dopo, mentre il pane tostato si raffreddava nel piatto. «Stasera andremo alla foce del fiume. Vi mostrerò la verità su questa presunta assassina».
Nel pomeriggio condusse i figli a un pontile non lontano e li accalcò su una barchetta che aveva preso in prestito da un vicino di casa: era una delle poche, nella zona, munite di motore. Il padre armeggiò con il macchinario unto, e l’attenta solennità dei suoi gesti convinse Ned e i suoi fratelli che avesse chiesto un grosso favore. Ma nessuno disse nulla. Pensavano tutti alla balena.
Di lì a poco il padre fece partire il motore borbottante e per un’ora navigarono, finché il fiume diventò una linea retta e il mare più avanti si dilatò riempiendo l’intero crepuscolo. Quando raggiunsero la foce, del sole non rimaneva che un mezzo disco di luce arancione sopra le colline a ovest. Il padre spense il motore.
Rimasero lì a sussultare sopra le onde leggere. Svanì l’ultima scheggia di sole, il cielo si scurì in una notte limpida. Il padre si sedette comodo sulla barca e fece finta di contemplare il fitto disegno del chiarore stellare. Il vento era freddo. Ned e i suoi fratelli, rabbrividendo nei baveri alzati, aspettavano che la balena erompesse dai flutti e li sbattesse tutti quanti in acqua.