“Sei ore da perdere” di Robert Brasillach (Edizioni Settecolori, 2023 pp. 248 € 22.00), nella traduzione di Alessandro Bernardini, segna profeticamente il passaggio della linea del destino umano in un abile rappresentazione dell’inquietudine, presenta il vertiginoso abisso di una tensione narrativa incessante che imprime un mirabile e sorprendente intreccio nella combinazione enigmatica degli eventi. Custodisce la compiutezza stilistica di un impeccabile romanzo, nello scenario intenso e misterioso del chiaroscuro, consacra, attraverso l’uso sapiente e ponderato della lente psicologica dell’osservazione, la comprensione del dramma umano, nell’indizio indagatore delle argomentazioni dei protagonisti, l’ineluttabile sorte delle vittime e dei colpevoli, l’esclusività della loro appartenenza al coraggio e all’accezione imprevedibile dei sentimenti.
La storia narra il coinvolgente appuntamento dell’ufficiale Robert B. con un particolare e intrigante incarico, nello scenario di una Parigi occupata dai tedeschi, nel 1943. Robert B, ritornato a Parigi dopo anni di prigionia, dispone necessariamente di sei ore da adoperare nella capitale francese per far fronte alla promessa di riuscire a rintracciare una ragazza Marie-Ange, di cui è innamorato il suo amico Bruno Berthier. L’occasione della fatale e travolgente investigazione privata estende l’analitica e incisiva attenzione descrittiva lungo il cinico rinvenimento di una realtà di crisi, attraverso una città che il protagonista non riconosce più, riscontra nello smarrimento emotivo la deformazione del vuoto, influenza nelle reliquie del passato il distacco dell’estraneità, ricompone nel ritratto impressionista la relazione tra la diffusione del ricordo e l’implacabile natura delle cose.
Robert Brasillach annoda magistralmente un’atmosfera inesorabile di sgomento, avvolge la tendenza all’indignazione con il dissesto morale, elabora la decadenza nella suggestione dei luoghi e delle vite, nella soglia irreversibile del confine sconosciuto, nel contrasto magnetico tra luci e ombre. Nello scorrere seducente del tempo, le “sei ore da perdere” diventano il retaggio di una evocazione introspettiva, rivelano la crudele trasparenza della distensione esistenziale, soccorrono le confessioni vendicative, assumono il contorno di un tempo avvolto nella cornice impaziente di una vera e propria sensazione del rimpianto, richiamano il profilo opaco e inquietante del giallo, l’indistinta e soffusa espressione della personalità fascinosa di Marie- Ange, la spiegazione oscura della storia. Un romanzo solido e tenacemente diplomatico, ricco di sfumature noir, in cui lo smarrimento spirituale indica l’itinerario labirintico dell’animo umano. “Sei ore da perdere” estende la risolutezza delle circostanze, affronta la cruciale ricorrenza dei fantasmi cari all’autore, afferma l’autentica inclinazione per la propria militanza, saggia l’allestimento imprevedibile della sorte, illustra la perfetta cura dei dettagli, a incastro, nello svolgimento essenziale di una orditura interpretativa che irradia saggiamente gli innegabili indizi, disposti come tracce di una spietata e significativa effige dell’intuizione sensibile della vendetta. Annulla la decisiva disposizione di ogni conseguenza, nella lusinga della memoria e nella percezione della sincerità dei personaggi, oltre la scrupolosa e raffinata finalità alla predestinazione.
Rita Bompadre