Se qualcuno avesse bisogno di rendersi conto una volta per tutte che le storie degli uomini non sono tutte uguali, il consiglio è di procurarsi al volo una copia di questo “True West. La vita, il lavoro e i tempi di Sam Shepard” di Robert Greenfield (Jimenez Edizioni, 2023, 460 pp, € 24): già, perché vi basterebbe leggere diciamo i primi tredici dei trentacinque capitoli di cui si compone il libro, per avere la certa certezza che il destino, o chi per lui, ha in serbo per alcuni di noi delle sorti completamente diverse e diversamente variegate (e “agitate”) rispetto agli altri. E che venticinque anni di un uomo, a volte, possono bastare a segnare un’epoca quando il novantanove per cento dei restanti abitatori della Terra sta con ogni probabilità ancora combattendo alla ricerca di una propria strada, di una propria identità. Drammaturgo di chiara e pluripremiata fama, sceneggiatore espressamente scelto per il suo talento da uno dei registi più anticonformisti su piazza (Michelangelo Antonioni), percussionista di uno dei gruppi rock maggiormente eccentrici che si ricordi nella storia del genere (i The Holy Modal Rounders) e icona di un’irripetibile stagione come quella vissuta dalla città di New York negli anni tardo Sessanta-Settanta dello scorso secolo, la biografia del gigante di Fort Sheridan, a livello di capacità fascinatoria, poteva dirsi enorme già in questo suo primo terzo di svolgimento. Invece, andando avanti, indagando nei successivi cinquant’anni densi di un turbine inarrestabile di eventi, incontri e sfide artistiche, si scopre che questo, in qualche modo, può essere considerato soltanto l’antipasto di un’avventura che potrebbe fungere da soggetto per (almeno) una mezza dozzina di film incredibili o, come più piace oggi, per una serie televisiva lunga, senza esagerazione, una cinquantina di stagioni. Si accomodino dunque alla lettura, siore e siori! Aprire e chiudere questo bel tomo (e lo aprirete e chiuderete, non abbiate dubbi al riguardo) sarà uno dei viaggi più clamorosi che potreste sperare di fare nella vostra vita. Soprattutto coloro che, per carattere o per sopraggiunta “maturità inibente”, hanno deciso che certe emozioni forti è meglio viverle riflesse, magari pontificando e compitando sociologici, nella quiete ovattata della propria abitazione, senza star troppo a sfruculiare il periglioso domani. Sfogliando queste pagine, volando su queste pagine sarebbe meglio dire, scoprirete che qualcuno ha davvero affrontato ogni istante della propria quotidianità senza mai togliere il piede dall’acceleratore. E questo riuscendo, nello stesso tempo e senza sfracellarsi troppo, a lasciare dietro sé scie di fuoco umano indomabili, tracce di incontestabile genio che hanno segnato in modo indelebile il mondo del teatro, del cinema e della letteratura contemporanea senza alcuna patina intellettuale o artistoide a rendere noioso il proprio operato. Pura vita, ragazzi, una corsa sfrenata di un cavallo “pazzo” e diversamente vincente per il quale l’accelerazione sul rettilineo d’arrivo è sempre cominciata dallo sparo sparato ai posti di blocco, non a seguito di una normale strategia di gara.
Siccome, per non guastare il piacere di familiarizzare con l’incredibile quanto umanissima vicenda umana di Shepard, è necessario che un recensore che abbia a cuore il piacere della scoperta dei propri “consigliati” taccia particolari quanto più possibile, ometto in questa sede nomi, intrecci, riferimenti. E se qualcuno di voi è convinto di saperne già abbastanza sul, tra le altre cose, Premio Pulitzer del 1979, la mia più gustosa soddisfazione sarà immaginarvi (con la certezza che avverrà) spalancare le bocche in preda alla meraviglia di fronte a una vagonata di nuove scoperte e di nuovi aneddoti riguardanti questo delizioso, inappagabile, mai risolto “bellimbusto”, il cui irresistibile sorriso o broncio, con la sua semplice epifania, era in grado di far capitolare alcune delle più belle e meravigliosamente dotate dame del reame (qualche nome, dai: Patti Smith, Joni Mitchell e Jessica Lange), grazie al prezioso corroborante di un’inquietudine e di una capacità di traspirare arte e vitalità da ogni suo poro, ma, soprattutto, sopra a tutto, grazie a un’indefessa inclinazione a sfidare ogni dannato istante -con coraggio, tenera follia e testardaggine- l’insolubile interrogativo che giganteggia sul nostro essere piedi a terra su questo pianeta: chi diavolo siamo?
Ecco, volendo evidenziare il merito più significativo di questa pubblicazione, diremo solo che ha quello, encomiabile, di dar conto, con rigore e un apprezzabile sforzo di approfondimento delle fonti (circa trentotto le testimonianze dirette chiamate in causa, oltre al materiale d’archivio da normale “topo da biblioteca” consultato), di un rifiuto della normale gravità destinata a noi presunti “sapiens” davvero molto eroico, davvero prometeico.
Adesso, data la difficile reperibilità della produzione di Shepard disponibile qui da noi in traduzione, è auspicabile che, chi ne possiede i diritti sul suolo italico, si metta una mano sulla coscienza e torni a riempire gli scaffali delle librerie con la sua “roba”.
Ne avrebbero bisogno le nuove generazioni per avere un esempio di vitalismo non effimero e non filtrato da intrugli social o plasticosi “profeti”.
Ne avrebbero bisogno quelle più agée per cercare di non obliare, una volta per tutte, irrimediabilmente, quel bisogno imprescindibile dell’ennesimo scatto che fa di questo passaggio mortale un’occasione di meraviglia anche quando l’ignoto traguardo è a un centimetro dalla propria stanca zampa e ci si sente già (da tempo) stanchi.
Bellissimo, da non perdere.
Domenico Paris