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Robert Stone. Una sala di specchi

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A Hall of Mirrors (Una Sala di Specchi) è il romanzo d’esordio di Robert Stone, uno dei più grandi scrittori americani sconosciuti in Italia: John Williams, Don Robertson, Herbert Lieberman, Cynthia Ozick, Ron Rash… la lista è lunga. Di Stone da noi è arrivato poco: Damascus Gate e la raccolta Bear and His Daughter, ma parliamo di molto tempo fa. Più  recentemente Dog Soldiers, sempre con minimum fax, che con questi due titoli ha avviato una delle sue operazioni ripescaggio già viste per autori come Bernard Malamud, Richard Yates, Donald Barthelme, William Vollmann… 

Una sala di specchi fu pubblicato negli Stati Uniti nel 1966, la versione italiana l’ha tradotta Dante Impieri cinquantotto anni dopo. I protagonisti di questa storia, ambientata in una depressa New Orleans degli anni Sessanta, sono tre: Rheinhardt, un “juicehead” ed ex virtuoso del clarinetto che ha sprecato il proprio talento per un cupio autodissolvi etilico; Geraldine, una prostituta della Virginia Occidentale in cerca di riscatto ma con poche idee e piuttosto confuse, e Morgan Rainey, un assistente sociale che se ne va in giro nei quartieri dei neri a fare sondaggi sui sussidi pubblici. Rheinhardt è un forestiero disperato. Trova lavoro in una fabbrica di sapone, poi viene ingaggiato come speaker in una radio di estrema destra gestita da un bigotto chiamato Bingamon, il cui piano è indottrinare le masse che non sanno come orientarsi. Lo scopo di Bingamon è incitare all’odio razziale e soffocare le aspirazioni politiche dei neri. Rheinhardt non è un ultraconservatore, anzi, ma non ha la forza né la volonta per opporsi a questo piano. Lo stesso Rainey finirà per essere cooptato in questa operazione folle, suo malgrado. 

Una sala di specchi è fondamentalmente un romanzo politico, le atmosfere cupe  di New Orleans e lo squallore di queste  vite ricordano il capolavoro di Luciano Bianciardi, La vita agra. Eppure la parte migliore della storia è l’incontro di Rheinhardt con Geraldine, il loro amore guastato dall’alcol e dall’incertezza, l’aggrapparsi dell’una all’altro per non cadere nel vuoto.

“Se non fossi così campagnola potresti essere una vera, autentica americana”, dice lui.

“Ti amo perché sei proprio matto, mi sembri fuori posto ovunque”, risponde lei.

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