Roberto Alajmo, scrittore e giornalista palermitano, torna in libreria con Io non ci volevo venire, particolarissimo noir edito da Sellerio.
È un territorio, quello della narrativa di genere, che Alajmo ha già esplorato in passato, basti pensare a Cuore di madre o a È stato il figlio, entrambi editi da Mondadori, ma anche il più recente Carne mia, che del noir riprendeva certe atmosfere, il passo.
Qui, in quest’ultima opera, Alajmo sceglie un taglio diverso, che vira decisamente verso atmosfere più parodistiche e carnevalesche.
Giovanni Di Dio ha cinquant’anni, vive nella borgata palermitana di Partanna, abita ancora con i genitori e lavora come metronotte.
Per tutti, da sempre, è solo Giovà. Non è mai stato particolarmente sveglio, tanto da bambino quanto da adulto. Eppure proprio a lui lo Zzu, il boss del quartiere, affida un compito delicatissimo: far luce sul mistero di una ragazza scomparsa. Rifiutare non può, pur riconoscendo la sua totale inadeguatezza al compito, perché molti anni prima ha contratto un debito con il boss, ed è uno di quei debiti che vanno onorati. Dunque, non gli resta altro da fare che accettare.
In teoria sarebbe vincolato al silenzio (lo Zzu si è raccomandato per la massima discrezione), ma Giovà, schiacciato dal peso dell’incarico, si confida con la madre, le chiede aiuto.
La madre ne parla con Mariella, sorella di Giovà, e poi con la vicina, e poi ancora con la zia. Nel giro di poco la voce si sparge, inizia a correre tra i vicoli del quartiere e quella che doveva essere un’indagine riservata diventa pettegolezzo.
Nel frattempo la ragazza viene ritrovata, morta, e a stretto giro muore anche un probabile testimone. Principale indiziato: il figlio dello Zzu, che con la ragazza aveva avuto una relazione mesi prima.
Alajmo costruisce un romanzo di mistero e di indagine ribaltandone il funzionamento tradizionale: Giovà è un investigatore che la verità non la vuole, non la cerca nemmeno. Se anche la volesse probabilmente non sarebbe in grado di trovarla.
Ancora di più, viene invitato a evitarla, la verità, a crearne una che convenga a tutti senza nuocere a nessuno. Al contempo, però, è la verità stessa che pare andargli incontro. I tasselli del mistero lo raggiungono, vanno a posto da soli, lo inchiodano. Esagerando, si potrebbe quasi dire che è la verità a indagarsi da sé.
Giovà si ritrova quindi schiacciato da più forze, tutti vogliono qualcosa e da ognuno viene una minaccia. Si mette in moto un meccanismo perverso per cui fare una cosa invece di un’altra può costargli la vita.
Quello espresso nel romanzo è un mondo assurdo eppure allo stesso tempo credibile, fatto di non detti e sottintesi, di minacce mai del tutto espresse, piuttosto lasciate intendere. Una realtà abitata da una violenza che spesso è tanto più efficace proprio perché solo potenziale.
Giovà questo mondo lo attraversa quasi inconsapevole, sono i personaggi di contorno, quelli a lui vicini – la madre, la zia, la sorella – a riportarlo costantemente con i piedi per terra.
A proposito dei personaggi di contorno, particolarmente affascinante è la figura di Silvana, la figlia dello Zzu. Raffinata, gentile, spietata: è, in un certo qual modo, la faccia più presentabile del Male.
La grande peculiarità del romanzo risiede nel filtro che Alajmo utilizza per raccontare i fatti. La messa in scena è tutta affidata a un narratore esterno, che alla tragicità della vicenda oppone un tono di assurda, grottesca comicità.
Ne viene fuori un’opera che solo in superficie mantiene una sorta di leggerezza. Basta infatti spingere lo sguardo un poco più a fondo per trovarsi faccia a faccia con la tragedia. Il riso si storce subito in una smorfia di pietà. Giovà è vittima di un mondo che non risparmia i deboli.
Questo ultimo lavoro di Alajmo, riesce a essere al contempo un noir e una sua rispettosa parodia. Un romanzo cattivo e divertente, l’ennesima conferma, se ce ne fosse bisogno, di un ottimo narratore, intelligente e raffinatissimo.
Edoardo Zambelli
Recensione del libro Io non ci volevo venire di Roberto Alajmo, Sellerio 2021, pagg. 320, € 15,00