PS CENTO VOLTE: ” I LIBRI ERANO QUALCOSA DI SPECIALE, QUALCOSA DI DAVVERO SPECIALE.LEGGEVO MOLTE PAGINE AD ALTA VOCE E MI PIACEVA IL SUONO DELLE PAROLE, DEL LINGUAGGIO.C’ERANO ROMANZI DI GOGOL E BALZAC, DI MAUPASSANT,HUGO E DICKENS. IL PRINCIPE DI MACHIAVELLI, IL CONTRATTO SOCIALE DI ROSSEAU, LE METAFORFOSI I OVIDIO. UN LIBRO SU JOSEPH SMITH.PIU’ CHE ALTRO LEGGEVO LIBRI DI POESIA: BYRON E SHELLEY E LONGEFELLOW, POE.LE PAROLE DELLA “VITA SOLITARIA” DI LEOPARDI SEMBRAVANO USCIRE DAL TRONCO DI UN ALBERO COME SENTIMENTI INDISTRUTTIBILI. LE POESIE POLITICHE DI PUSKIN,LA POESIA DI PROTESTA DI MILTON,DOSTOEVSKIJ.EDAGAR RICE BORROUGHS,LUKE SHORT,JULES VERNE E H.G.WELLS.POI I CANTANTI FOLK CHE RACCHIUDEVANO UN LIBRO INTERO TUTTO IN POCHE STROFE”(BOB-DYLAN)
Lo so, avrei potuto scrivere poeta, scrittore, fare una serie di constatazioni del tutto normali e sicuramente più chiare. Del tipo : Bob Dylan è nato a, è stato fondamentale per, ha influenzato tale dei tali .E invece io che Bob Dylan lo nomino poco rispetto a Cohen o a De Gregori confesso di tenerlo attaccato su un anta del mio armadio. Ma da tempo. Ed è una foto da cui non mi stacco mai e da cui dipendono le posizioni di altre. Bene questa foto che vedete è la prima cosa che guardo al mattino alzando gli occhi e oltre ad esserne follemente innamorata ha una dicitura la cui spiegazione mi è sempre venuta a mancare ovvero: “per Time Magazine è fra le persone che più hanno influenzato il ventesimo secolo”. Non lo so in che modo Dylan abbia influenzato il secolo ma sono certa che quando avevo all’incirca sedici anni iniziai ad ascoltare questa cassetta di Dylan e subito iniziai a scrivere. Ogni giorno, Dylan-macchina da scrivere. Fu una sorta di conforto, e diciamo che grazie a Dylan ho iniziato a scoprire che la scrittura era l’unica via. A quei tempi era John Lennon l’idolo ma non mi era mai venuto in mente di scrivere cose dopo averlo ascoltato. Dylan sì era stato come una chiave, come qualcuno che doveva spingere il pulsante. Scrissi talmente tanto quel periodo che poi alla fine mi tornò utile per alzare i voti al Liceo quel breve racconto che aveva scritto. Piacevole è avvertirvi che non sarà una “critica musicale o lettararia” a Dylan (anche perché si chiama Dylan) ma è per capire come in una singola persona Bob Dylan riesca a cambiare prospettive e visione dei particolari. Di cose a cui non avresti mai pensato ed invece sei lì pronto a farle tue. Ecco il secondo autore di questa rubrica è uno scrittore, (io non parlerò mai di Dylan musicista)che ha influenzato una singola persona che si rapporta con gli altri. Ho trascorso tre giorni con Bob Dylan dalla mattina in cui l’ho cercato fino alla sera in cui il sole ha sposato la luna.
Cerco casa a Roma. Non amo molto Roma, non sono per la tipica frase “Roma è Roma” no, adagiarsi sui luoghi comuni non aiuta i cambiamenti. Sarà che non ci sono nata e che dove vivo io il mare è signore assoluto. Ma sto cambiando quartiere, ed in questo agglomerato di case , di bestemmie quotidiane e di clacson sparati gratuitamente perché Roma ama il proprio rumore, cambiare quartiere è come cambiare città. Giro per Monte Verde e mi porto dietro Bob Dylan. Non giro mai con De Gregori, mi innervosisce, la sua musica sembra così distante da quello che vedo per strada o forse la distanza è mia e attraverso la sua musica la sento di più. Farò spesso il nome di De Gregori accostandolo a Bob Dylan, perché purtroppo non posso postare un video del Principe che mi si dice “ah ma vedi che ricorda Dylan” o tipo “non può essere paragonato a Dylan”. Credo che chi sia portato a fare questo paragone lo fa non perché abbia mai messo a confronto la scrittura di Dylan e De Gregori ma solo per il fatto che “si sa” che il Principe è un suo grandissimo fan. Io li trovo completamente opposti, Dylan è come una macchina che va nel verso giusto e strizza l’occhio ai passanti . La scrittura di De Gregori invece è come una macchina che non si ferma agli stop. “Mississipi” mi accompagna da casa a Piazza Venezia. Mi piace “Mississipi” è una bella poesia, dà il senso del trascorrere, del fluire, e questo nome mi ricorda quel fiume di gente che si affolla per fare foto. Faccio caso a due bandiere enormi dell’Italia, quasi stonano come la voce di Dylan, ma chissà perché quella stonatura di colori e di voce sembra essere perfetta in questa confusione. Aspettare è parola d’ordine qui. Si aspettano gli autobus che non passano mai, e penso al nuovo Sindaco con la speranza che affacciandosi dal Campidoglio riesca a vedere quanto sia sporca questa città. Ci sono carte ovunque, ma a nessuno sembra interessare, l’indifferenza è una strada costante che tutti sembrano aver attraversato. E’ molto più facile. La gente chiede l’elemosina, cartoni come case e gli anziani che a fatica si muovono con questo caldo. Monte Verde è una bella zona ,ti affacci e vedi Roma poi giri l’angolo e trovi cose strane. Se non avessi Bob Dylan che mi parla nelle orecchie forse avrei visto solo un cumulo di vecchie case che si affacciano a strapiombo su Roma. Invece osservo tante cose. Finisco per arrivare in una via che sembra fantasma, lontano dalle auto, lontana dal mondo. E la cosa incredibile è che lontano dal mondo ci sono luoghi che del mondo sono l’essenza. Ma stanno lì forse per essere appositamente dimenticati. C’è una casa di riposo, per anziani malati di alzheimer e sla. Gli anziani mi fanno tenerezza, quasi mi dispiace l’anzianità. Non posso fare niente. Questo mi dispiace. Prima o poi tutti arriveremo lì. C’è una casetta bianca bellissima con la scritta “piccolo cottolengo”. Sto ascoltando “Blowin’ in the wind ” in questo momento, e quel palazzo è bellissimo ma non so cosa significhi “cottolengo” così chiedo per telefono al mio amico piccolo genio “Leo cottolengo cosa significa” e lui con una freddezza che via messaggio è impossibile da acquisire ma si sente nelle mie mani mi scrive ” è un posto dove ci sta gente che ha gravi problemi mentali”. Quello che mi sembrava un palazzo bellissimo mi ha ghiacciato il cervello, perché è paura .Ora ho capito perché in questa strada, dove solo il verde domina, il silenzio è un bastone e le suore stanno ovunque esistono persone tenute lontane. Sento Dylan intanto che nelle orecchie mi ripete in maniera stridula ” Mr. Tamburine man play a song for me ” e il ghiaccio si spacca e non ho paura di dire che quel cottolengo è una clinica psichiatrica. E’ il potere delle parole di Dylan, che come pochi riesce a trasformare la sofferenza e il dolore che sembrano distanti come qualcosa che potrebbe anche succedere a noi. Non mi dispiacerebbe nemmeno trovare casa li di fronte. Si ascoltare le parole di Dylan è ascoltare le proprie paure. Prendo un altro bus e mi accorgo che tutti parlano spagnolo o insomma quelle cose latine e la loro pelle mi ricorda messicani, peruviani e non capisco perché tutta questa gente viva lì. Sono tantissimi e mentre ascolto per la prima volta mi guardo intorno e capisco cosa vuol dire essere minoranza. Come se fossi io straniera. Ma la realtà è che nessuno mi guardava male e mentre ascolto “With God on our side ” capisco che il razzismo è solo fonte di paura che ci viene passata come una sorta di “cultura superiore” che avevo quasi avvertito mentre camminavo per strada prima, ma che poi avevo perso su quel bus. Ho letto 1195 pagine di un libro di testi e poesie di Dylan, ho letto “Tarantula” che mi ha fatto perdere l’uso del linguaggio una sera al tavolo con degli amici. Non mi venivano le frasi giuste ed ero disconnessa “Leo lascia stare che ho letto Tarantula per la terza volta di Dylan e non so mettere due frasi giuste insieme”. “Tarantula” è un libro che disconnette e che ti porta a pensare che forse esistono altri linguaggi. Scritto da Dylan quando aveva 23anni e che non è vero che non si capisce niente, è solo scritto in un modo diverso ma i temi sono quelli per ritornare indietro-al nome “cottolengo” mi sembrava nuovo e bello e invece. Chiunque voglia leggere Dylan deve tenere presente questa frase che si trova in “Chronicles” sempre di Dylan “Picasso aveva disintegrato il mondo dell’arte e adesso i pezzi giacevano sotto gli occhi di tutti. Era un rivoluzionario. Era così che volevo essere io”. Vedo case, sorrido e rimetto Dylan, ho quasi fretta di uscire fuori perché su una vespa
che si tiene come se stesse volando su un aereo, mi fa sorridere la cosa mentre ascolto “It’s all over now , baby blue”. Cerco di tornare a casa, intanto mi passano davanti attici immensi dove mi piacerebbe stare, ma poi guardandoli capisco che forse inizio a soffrire le altezze e torno con il collo indietro mentre ancora Dylan mi dice “Most likely You go Your way(and I’ll go mine). Torno a casa, e siedo davanti ad una anziana che non so per quale ragione mi inizia a parlare, di speranza di giovani ed io che ascolto “One of us must know” le dico signora “io tutta questa visione positiva della realtà non ce l ‘ho, tutto qui” e lei mi ribadisce “mi dispiace troverà qualcosa che la conforta”. In effetti sì torno a casa e credo che l’unico mio conforto sia la foto di Bob Dylan che potrebbe sembrarvi triste come cosa, ma non è così perché in quella foto custodisco tante speranze, grazie a questo scrittore riesco a disintegrare la realtà e a viverla, pezzo per pezzo. Oggi è Sabato, Fregene. Arrivo alla metro e ci stanno persone con bandiere della CGIL di Prato che si dirigono verso una manifestazione. Sto alla fermata “America (Tolstoj) che i due nomi insieme poco ci stanno e poi sempre queste bandiere dell’Italia e dell’Europa attaccate ai palazzoni del potere che sventolano e devo dire la verità se penso a “Masters of war” mi fa tutto schifo. Anche quella bandiera tricolore. Non so arrabbiatevi pure, ma questo alto senso della patria non lo ce l’ho più per cui come diceva Dylan “siete voi che avete sparso il terrore più tremendo, il terrore di mettere dei figli al mondo. E io spero che moriate e che moriate fra poco seguirò il vostro feretro nel pomeriggio opaco. Veglierò che vi interrino nel vostro sepolcro correttamente. E non me ne andrò senza esser certo che siate crepati veramente”. Fregene è una “cosa” triste . Ci saranno anche i divanetti bianchi per gli aperitivi, ma è un luogo triste. Non mi piace insomma per cui torno a pensare a cosa scrivere su Dylan e a cosa realmente lui significhi nel mio cammino. Ad un certo punto ne parlo con la mia amica e a lei sembra una buona idea , poi ribadisco sempre le stesse cose” si non ci sono i cantautori di una volta, anche il cinema dicono che ci vogliono soldi, ma le belle idee da quando hanno un prezzo? Dino Risi faceva commedia ma erano storie che avevano un senso. Poi come sempre in ogni discorsi penso a Monicelli “mamma mia pensa che si è buttato” dico alla mia amica . In realtà è un pensiero che ho sempre questo di Monicelli legato anche alla scrittura di Dylan che vi sembrerà assurdo ma è la parola speranza che me li fa tenere uniti. “Pensa Monicelli che si è buttato. E’ una cosa che mi fa sempre impressione”. “Non lo stanno ricordando però ” ribadisce la mia amica. Come sempre in Italia non si ricorda mai nulla. Un posto senza storia. La storia : un argomento che in Dylan è molto chiaro. Passa uno striscione in cielo “V’avemo arzato la coppa in faccia. Forza Lazio”. Questo vi dovrebbe dire tanto su come la gente spera e viva di assurdità. Via da Fregene, abbiamo incrociato solo Daniele Luttazzi, col suo zainetto e mentre penso a “The times they are a changin” ci si rifugia nei centri commerciali. Odio i centri commerciali. Odio questo mondo pieno di luci dove tutto è “prova, compra, sconto 40%, fai un regalo al tuo bambino”. Ho le canzoni di Dylan in testa e tutto mi sembra reale, vero, quasi squallido questo essere per forza “allegri” . Questo “dovere” di trascorrere una giornata. Fuori quello che non avrei voluto vedere: Dylan stampato su una maglietta indossata da una ragazzina che avrà al max 15anni, già truccata e pronta per le vetrine del centro commerciale. Questa immagine di Dylan su una maglietta mi ha angosciata. Torno a casa ascoltando “I Shall be fre n.10..sono proprio un tipo medio, e pure normale.
SONO PROPRIO COME QUELLO LA’.O COME TE,UGUALE” guardo la foto e mi conforta e quello che ascolto e penso che non bisogna mai pensare di essere migliori degli altri. Forse quella di 15anni avrà un futuro radioso, sarà un medico e aiuterà quella gente che vive in un cottolengo. Poi c’è la partita e prima nell’ascoltare “Sad eyed Lady of the Lowlands” quanto mi piace questa canzone, da tenerla sempre ed è la canzone che vorrei ballare con Carlo Verdone . Mi trasmette serenità e visto che è un sogno perché non pensarlo sereno! Grazie a Dylan ho capito anche quale album di De Gregori è il mio preferito, in tanti anni non ero mai riuscito a capirlo. E dopo aver ascoltato “Girl from the North Country” “Terra di nessuno” credo sia il mio preferito. In tutto questo ho uno psicologo musicale, la mia amica Valentina e quando devo scrivere ed ho parecchia difficoltà chiedo lumi e non riuscendo a capire se Dylan mi angosciasse perché mi sbatteva in faccia la realtà o mi dava conforto le ho chiesto “Va ma Dylan a te ti angoscia? . E lei che ha sempre la risposta migliore che io ho dal lato sbagliato mi dice “No anzi. Pensa una volta dopo aver ascoltato un intero album, per quanta carica mi aveva dato mi sono fatta una bellissima pedalata in bicicletta e sono arrivata in un altro paese”. Ha ragione anche lei. Quello che sto cercando di scrivervi dopo tutto questo racconto è che Bob Dylan non è una canzone, tutti gli album di Bob Dylan sono un libro. Quello che James Joyce ha fatto vivere a Leopold Bloom nell’Ulisse in un solo giorno Dylan lo ha fatto nelle sue canzoni in tutte questi anni. L’emarginazione, la religione, le bandiere, il mondo che va a rotoli, l’illusione, la perdita, il riscatto, il razzismo, la malattia, la vittoria, il conforto. Credo che in questi giorni ho la risposta al perché per Time Magazine è fra le persone che hanno più influenzato il ventesimo secolo : Dylan restituisce una coscienza sociale all’individuo. Per il resto porterò con me ovunque quella foto. E lo so che con Dylan avrò in comune solo i WYFARER che non tolgo mai, ma mi piace utilizzare quello che lui disse di Clausewitz :” a modo suo è un profeta, senza che uno se ne accorga certe cose che scrive possono dare l’impronta a un intero modo di pensare. Se chi lo legge è convinto di essere un sognatore, allora si rende conto di non essere neanche capace di sognare” (Bob Dylan su Clausewitz…io su Dylan)