L’indifferenza con cui sono accolti in Italia tutti i libri di Russell Banks non è venuta meno neppure in occasione dell’uscita dell’ultimissimo romanzo del grande maestro americano, deceduto nel 2022, pochi mesi dopo la sua pubblicazione negli States. In Italia La Terra Della Magia lo hanno ignorato perfino quelli di Einaudi, dico Einaudi, editore che non si risparmia quando si tratta di pubblicizzare i soliti italiani da vetrina, ma che scompare di fronte ad eventi eccezionali come the last appearance di uno tra i più importanti romanzieri contemporanei. E se in molte librerie la nuova opera non è proprio arrivata e in altre ha fatto capolino una singola copia, al massimo tre, Il Dolce Domani, forse il capolavoro di Banks, è stato disponibile per pochi giorni solo nelle edicole (ormai rare pure quelle) con la collana Americana curata da Sandro Veronesi per il Corriere della Sera. Ma questa è un’altra storia, direte, dopotutto l’invisibilità di Banks sugli scaffali peninsulari non è poi tanto diversa da quella di altri grossi autori soverchiati da mezze calzette più nazionalpopolari.
The Magic Kingdom (La Terra Della Magia – Einaudi – traduzione di Gianni Pannofino) è uscito esattamente un anno dopo Foregone (I Tradimenti), il cui protagonista (un uomo anziano, irrimediabilmente malato e alla fine della propria vita) è di fatto un alter ego dell’autore. In tanti avevamo pensato che I Tradimenti potesse risolversi in una sorta di testamento spirituale di Banks, l’ultimo sforzo prima di congedarsi dalla narrativa e dalla vita. E invece lo scrittore di Newton, Massachusetts, ha fatto in tempo a regalarci una nuova storia, nuova ma dal sapore antico, alla maniera di altri maestri, specie del Sud, ai quali questo romanzo sembra voler essere un tributo: Mark Twain, William Faulkner, Eudora Welty, Flannery O’Connor.
Nei primi anni Settanta, Harley Mann è un ex immobiliarista della Florida giunto al culmine di un’esistenza avventurosa, piena di ricordi e di nodi irrisolti. Harley ha un’urgenza. Harley ha una storia da tramandare, la sua. Per farlo ricorre al mezzo più efficace di cui dispone: un registratore a bobine Grundig TK 46. Un capitolo per ogni bobina. Harley parla parla, non si trattiene, per troppi anni si è trascinato nel petto un macigno, ma ora ha deciso di liberarsene per affermare una verità della quale perfino lui aveva dubitato. Ma qual è questa verità?
Abbiate pazienza, perché la storia di Harley Mann è lunga, più lunga delle 429 pagine del romanzo, per via delle mille cose accadutegli, vere o presunte, alcune, le decisive, mai chiarite del tutto.
La storia inizia negli anni Dieci del Novecento. Nella prima immagine c’è una vedova che con i suoi quattro figli maschi (due coppie di gemelli) e un quinto figlio in arrivo, lavora come una schiava in una piantagione della Georgia. Ma la permanenza alla Rosewell Plantation per i Mann è solo la prima tappa, la più infelice e faticosa di un’esistenza che di lì a poco riserverà nuove sorprese. Il debito che costringeva i Mann a vivere nel peggiore degrado viene saldato da John Bennett, il decano di una setta religiosa, gli shakers, che ha una colonia giù in Florida, a New Bethany.
Il viaggio dei Mann dalla Georgia alla Florida, su treni e chiatte a vapore, tra paludi e praterie, è un capolavoro di epica americana – questo romanzo non diventerà un classico della letteratura, questo romanzo è già un classico della letteratura. Perché il decano John, che dopo le prime cinquanta pagine del libro diventa una figura centrale della storia, ha deciso di saldare il debito dei Mann? È il primo dei dubbi che assalirà il piccolo Harley, geloso della madre e delle attenzioni a lei rivolte da quel patriarca-santone tuttofare, dall’accento da contadino del Kentucky, prodigo di buoni consigli, premuroso e soprattutto ligio all’Ora et Labora degli shakers, che impone ai propri adepti la rinuncia a ogni piacere della carne e per questo tiene gli uomini separati dalle donne. Buona parte del romanzo è il racconto delle giornate che si susseguono all’interno della colonia, con i ruoli che ciascuno è chiamato a ricoprire per mandare avanti le numerose attività che fanno di New Bethany una piccola nazione dentro la nazione. Chi si univa agli shakers doveva cedere alla comunità tutti i propri beni, e chi non possedeva nulla poteva destinare i figli al lavoro sotto la guida dei decani fino alla maggiore età. A New Bethany comandano il decano John e la decana Mary e la disciplina militaresca stabilita dai due leader non ammette deroghe, raggiri, turbamenti. I shakers credono in Gesù e nella sua reincarnazione femminile: Madre Ann Lee “Il dovere degli shaker, il fine di ogni loro atto, consisteva nel vivere ogni istante come se quella seconda apparizione fosse già avvenuta”.
La comparsa nella colonia di Sadie Pratt, una giovane donna malata di tubercolosi e volontaria in un ospedale vicino, imprime la prima svolta alla storia, che da questo momento ruoterà intorno alle sole figure di Harley, Sadie e il decano John, tutti gli altri personaggi di colpo spariscono, finiscono fuori campo o diventano marginali. Harley è ancora un adolescente ma con Sadie è amore a prima vista. Tra i due ci sono sette anni di differenza; fino a pagina duecento sembrano tanti, ma a due terzi del racconto la distanza si accorcia sempre di più fino ad annullarsi in un peccato irreparabile.
Harley, Sadie, John. Qual è il ruolo del decano in questo curioso o solo immaginato triangolo amoroso? Siamo alla seconda svolta del romanzo, che ora in avanti perde la sua matrice picaresco-religiosa per trasformarsi in un noir. La vicenda umana troppo umana di Harley e Sadie, la sua evoluzione triste, apre una breccia nel vano progetto di felicità alimentato dagli shakers. Tutti gli Eden nascondono una tentazione, leggiamo sulla quarta di copertina, e il paradiso di New Bethany non fa eccezione. La parabola biblica disegnata da Russell Banks è l’amaro resoconto di una speranza tradita, di una drammatica presa di coscienza che va oltre la fede e ogni possibile redenzione terrena.