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Sara Allegrini anteprima. Come inchiostro nell’acqua

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L’elemento che più colpisce nel frequentare la narrativa per ragazzi, è la libertà di sperimentare.

Una libertà che porta a mescolare tematiche e generi, a recuperarne anche, tentando a volte l’azzardo.

Cosa che dovrebbe fare qualunque editoria rivolgendosi a qualunque pubblico di lettori, ma che in genere non viene attuata.

E comunque, fra le varie cose, c’è da segnalare come il pubblico dei lettori non adulti sia forse il più curioso e disponibile a recepire il “nuovo” come il pret à porter del momento o il classico, che sta bene su tutto.

Nella direzione di una mescolanza dei generi troviamo Come inchiostro nell’acqua, (pagg. 169, €15,50) nuovo romanzo di Sara Allegrini, che esce oggi per Editrice Il Castoro nella collana Hot spot, dedicata a un pubblico crossover composto da lettori che dai 15 anni arrivano fino agli adulti.

Mantendo un suo orizzonte narrativo, la Allegrini narra di una esperienza estrema fulcro per un lento recupero di traumi rimossi, sia fisici che mentali.

Collocato quasi interamente in un luogo completamente buio, Come inchiostro nell’acqua racconta di una ragazza che al risveglio non ricorda nulla di sé, neppure il nome.

Decide perciò di chiamarsi Io e cercare di comprendere da dove provengano i lacerti di vita appartenenti a un’altra ragazza, Mel.

Frammenti che le scorrono davanti come su uno schermo, e che presentano situazioni familiari problematiche quanto dolorose.

Oltre a questi spezzoni, nella non vita di Io appare l’intermittente presenza di Julian, un ragazzo gentile e timido al contempo.

Io non riesce a comprendere queste presenze ed è proiettata insieme al lettore in un gioco di specchi. Gli indizi che si vanno accumulando nel corso della narrazione però non si incastrano fra loro, mandando volutamente in confusione i protagonisti e i lettori. Almeno fino alla risoluzione che arriva verso la fine del romanzo.

Ci sono elementi più horror che drama in Come inchiostro nell’acqua. L’autrice sembra infatti avere ben presente vari titoli del filone teen horror e non solo.

Ma prima di questo dimostra una ottima abilità nell’assemblare una trama claustrofobica a tutto un filone di paure adolescenziali, guidando metaforicamente queste ultime verso la luce, così che il lettore possa dar loro un nome. Le rende perciò affrontabili, in tutto o in parte.

Sergio Rotino

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«Julian», fece la sua voce nel buio. «Tu… pensi di sapere chi sono?»

Julian rifletteva.

«No, non credo. Non ti vedo bene, ma non mi pare di averti mai conosciuta.»

«Io, invece… ti conosco.»

Anche se “conoscere” non era l’espressione esatta. Come poteva spiegarglielo? Era tutto così assurdo.

«Davvero?» Lui non si scompose.

«Io ti ho visto. Sull’autobus. E poi al parco. Ma non quando ero nel mondo esterno. Quello non me lo ricordo. Io ero qui dentro e tu… eri come l’attore di un film, che si svolgeva fuori, però. Scusa…» Si rese conto che la spiegazione era farraginosa. «Non riesco a spiegare bene…»

Forse, ipotizzò confusa tra sé, era stata la sua mente, il suo desiderio di non essere più sola, la paura provocata dall’assalto del mostro, a far materializzare Julian davanti a lei.

«Non capisco», disse comprensibilmente lui col suo modo di parlare posato e lento. «Anche se in effetti, bello come sono, dovrei pensare sul serio alla carriera da attore», scherzò per farla ridere.

E infatti la tensione si allentò. «Sì, potresti», gli rispose seria. Rimasero in silenzio per un po’, poi Io riprese.

«Julian.»

«Sì?»

«Tu ricordi qualcosa di quello che c’è fuori di qui?»

Sentì Julian concentrarsi.

«Oltre al tuo nome», specificò Io, «ricordi cosa fai di solito, o qualcuno che conosci?».

«È strano», rispose lui dopo parecchio. «In effetti è come se tutto fosse conservato in un serbatoio, in un’altra stanza o da qualche parte dentro di me, a cui però non riesco ad accedere… So che c’è, ma non posso ricordarlo.»

«È esattamente quello che succede a me!» Io si sentì sollevata. «Solo che in quella stanza è rimasto chiuso anche il mio nome.»

«Cosa facevo sull’autobus?», chiese dopo un po’ Julian.

Io si vergognava a parlarne, a ricordargli che ogni volta che lo aveva visto era stato preso di mira dai bulli.

«Andavi a scuola», rispose senza mentire.

«Accidenti! Molto avvincente!», scherzò lui. «E io che speravo di essere un supereroe e di essermelo scordato…»

Io lo guardò e si scoprì a pensare che Julian non era affatto brutto come aveva pensato. C’era qualcosa in lui, la sua gentilezza, forse, o la bontà d’animo, che trasfigurava tutto il resto.

«Be’, in fondo lo sei, no? Mi hai appena salvata da un mostro prendendolo a pugni!»

«Già. Ma fuori di qui, giro dentro agli autobus e sono un tipo comune.»

«Non direi», rispose Io. «Semmai, sei un ragazzo fuori dal comune: coraggioso e gentile. Non se ne trova tanta, di gente così, in giro.»

«Tutto questo l’hai capito vedendomi andare a scuola in autobus? Accipicchia», rise.

Si era tradita. Io si morse il labbro.

Stava per ribattere qualcosa, quando una voce, che veniva da ogni lato accerchiandoli, li fece sobbalzare.

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