Sono Teresa e l’incredibile figlia Maria le protagoniste del bellissimo Infinito Moonlit, secondo romanzo di Sara Gamberini.
Teresa è stata una bimba infelice, profondamente segnata dalla lontananza emotiva di genitori atei e poco attenti alla sua ricco mondo interiore. La vita, col tempo, le porta l’incontro con Moussa, il compagno senegalese, animista, un’unione da cui nascerà Maria, presenza eterea, magica, pura, salvifica.
L’amore per Moussa sembra essersi esaurito, – anche se lui rimane solido nella vita di entrambe, rientrando silenzioso e opportuno nei momenti di vero bisogno – Teresa è andata avanti, ha avuto un’altra storia sentimentale che al momento dell’inizio del romanzo è però in crisi.
Se la madre vive una passaggio di fragilità e incertezza, anche la piccola Maria sta incontrando delle difficoltà: la scuola che frequenta non le piace. Lì insospettisce il suo desiderio di silenzio e non viene riconosciuta, né compresa, la sua capacità di guardare oltre alle apparenze, verso l’alto, l’inclinazione a portare pace nell’animo di chi le sta accanto con sapienza antica, magica, congenita. Maria se ne sente in qualche modo estranea, quel tipo di istituzione le porta dolore. È dunque il momento per mamma e figlia di prendere una decisione coraggiosa: andranno perciò a vivere in una casa lontana da tutto, da tutti, al limitare di un bosco, per ritrovare un passo di vita rispettoso, comprensivo, finalmente più umano.
Con le difficoltà oggettive che non mancheranno, fra freddo e ghiacci, auto bloccate nei cumuli di neve, piantine seminate che non cresceranno, mangiate presto dagli animali selvatici, ma dove Teresa possa ricomporsi anche attraverso una narrazione di sé.
E dove la speciale Maria possa crescere libera, finalmente, di tessere trame fra ciò che si vede e un imprescindibile invisibile che solo lei sembra cogliere, per la sorpresa e l’orgoglio di mamma: Capivo come fosse già alle prese con un altro ordine del reale. Maria sembrava poter vedere ciò che dimora tra le fessure delle apparenze, percepiva, senza poterlo ancora riconoscere, la particolare grazia che circonda il visibile e l’invisibile. Vegliavo sull’evoluzione di quella iniziazione spontanea, incantata.
Maria è creatura incomparabile, certamente, ma così è anche l’indimenticabile personaggio di Teresa che generosamente ne riconosce l’unicità. E sempre così, in assenza di giudizio, senza acrimonia, ricostruisce il suo passato e presente narrando di chi ha camminato con lei parte del suo percorso ed è causa della sua crisi esistenziale: la madre, Dea, e Giovanni, l’ultimo, deludente compagno.
Infinito Moonlit è una conferma, dopo Maestoso è l’abbandono (Hacca), della straordinaria capacità di Sara Gamberini di muoversi con incredibile facilità tra un quotidiano riconoscibile e la possibilità dell’esistenza di un mondo altro, fatto di magia di segnali piccoli, da cogliere ovunque
È un invito a un affidarsi, nei momenti di profonda fragilità, a forze più grandi di noi, a un sacro individuale e al tempo universale. E a riconoscere la potenza dei legami familiari, la forza amorevole dei rapporti con i figli, che esce potente nel silenzio del bosco incantato di Infinito Moonlit, che dà riparo e accoglimento e si fa luogo della cura dell’anima e dei sentimenti: è solo qui, lontano dal frastuono del mondo, che si possono tirare i fili degli incontri avuti, svelare priorità essenziali, rafforzare nelle assenze i rapporti amorosi e individuare i disegni del Destino.
La scrittura di Sara Gamberini è poetica e riconoscibilissima: un dono.
Da leggere.