In questa raccolta di racconti, i morti vengono serviti in un pentolone caldo.
La cerimonia della vita di Sayaka Murata (edizioni e/o, 2023, pp. 256, € 18,00), tradotta dal giapponese da Gianluca Coci, esplora il grottesco e le intersezioni tra estremi.
La scrittrice giapponese Sayaka Murata è autrice di La ragazza del convenience store (2018), vincitore del Premio Akatugawa e di I terrestri (2021) entrambi pubblicati da e/o.
Il suo nuovo libro è una raccolta di racconti. Sono storie di donne della classe media che vivono a Tokyo e dintorni. Ragazze cresciute in periferia che vivono in minuscoli condomini in città e le cui carriere sono irrilevanti. Nel racconto principale, si tengono grottesche “cerimonie della vita” come funerali in cui gli invitati mangiano il defunto e partecipano a “inseminazioni” per creare una nuova vita. Lo stesso cannibalismo che prima era un tabù e poi viene accettato fa concludere che l’istinto e la morale non esistono ma sarebbero finte sensibilità figlie di un mondo in evoluzione continua. A suo avviso, le norme sono relative, frutto di fattori moralmente arbitrari come il tempo e il luogo di una società.
Uno dei punti di forza di Murata è l’immaginazione sfrenata. Non ha paura di scioccare il lettore con argomenti come il cannibalismo, ma costruisce intorno a essi società plausibili che confondono il punto di vista morale del lettore. Le strane idee di Murata rendono La cerimonia della vita un libro divertente e la sua prosa ironica trasforma in commedia anche le storie dell’orrore più inquietanti.
La cerimonia della vita è una strana miscela divertente di horror, commedia e narrativa distopica, nonché di critica sociale e di indagine filosofica. Murata sa che le domande sono più importanti – e più fattibili – delle risposte. Con una prosa che non esprime mai un giudizio, Murata porta i tabù all’estremo per esporre la natura arbitraria delle norme sociali. Senza giungere a una risposta definitiva, l’autrice si chiede se e come chi vede attraverso il fugace miraggio di piccole bugie della società possa conservare la sua umanità e il senso di sé.
Carlo Tortarolo
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Stavamo pranzando in sala riunioni, quando tutt’a un tratto una collega più giovane alzò lo sguardo.
«A proposito» disse, le bacchette sospese a mezz’aria, «ho saputo che Nakao dell’ufficio amministrativo è morto».
«Ma davvero?» esclamammo in coro, puntando gli occhi su di lei. Eravamo in cinque, impiegate presso lo stesso reparto.
«Sì, pare sia stato un ictus».
Mi balenò subito alla mente il sorriso affabile di Nakao. Era un uomo molto elegante e garbato dai capelli grigio argento, spesso condivideva con noi i dolci che riceveva in regalo dai clienti. Era in pensione da qualche anno.
«Non era mica così anziano».
«È assurdo… Quando è successo?».
«L’altro ieri. Hanno telefonato stamattina, la cerimonia si terrà in serata. La persona che ha chiamato ha chiesto che partecipasse il maggior numero possibile di noi, pare fosse un desiderio del povero Nakao».
«Ah, ma allora è meglio non esagerare con il pranzo, forse oggi conviene evitare il dolce» disse una collega assunta nel mio stesso anno, prendendo la crème caramel che aveva appoggiato sul tavolo e riponendola nel sacchetto di plastica del konbini.
«Chissà se Nakao avrà un buon sapore» mormorò subito dopo una collega entrata in azienda un anno prima di me, mentre gustava il suo stufato di carne e patate.
«Forse sarà solo un po’ duro. Aveva un fisico asciutto e abbastanza muscoloso».
«Una volta mi è capitato di mangiare un tizio che aveva una costituzione fisica molto simile, e devo dire che non era affatto male. Sì, forse era leggermente stopposo, ma aveva un ottimo sapore».
«Dopotutto è risaputo che la carne dei maschi è l’ideale per il brodo, no?»
«Tu ci andrai, vero, Iketani?» mi chiese di colpo la collega della crème caramel. «Alla cerimonia della vita di stasera, intendo».
«Eh… non lo so» risposi, inclinando dubbiosa il capo da un lato, mentre continuavo a piluccare il bentō con riso, alga nori, verdure e pesce fritto che avevo preso al vicino konbini.
«Come mai? Forse sei una di quelli che non mangiano carne umana?».
«No, no, è solo che ultimamente ho problemi di stomaco. E poi in questo momento ho il ciclo».
«Ah, hai il ciclo?» intervenne la collega più giovane, annuendo con fare deciso. «Però puoi restare incinta lo stesso, lo sai, no? Devi esserci, è una cerimonia della vita! Potresti essere inseminata, non si sa mai».
Feci una risatina ironica e mandai giù con un sorso di tè un pezzo di pesce fritto troppo pieno di salsa.