Una tempesta scuote il paesaggio: alberi piegati dal vento, cielo scuro che pare venir giù da un momento all’altro, luce buia da fine del mondo. Un uomo, in una casa apparentemente isolata, è seduto nel suo studio, posa la matita sul foglio, si toglie gli occhiali. Forse si addormenta, forse muore. Di lì a poco, un altro uomo trova riparo in quella stessa casa: ci vaga dentro, può essere addirittura che riconosca se stesso in un quadro appeso a una delle pareti. E ancora altre persone arrivano, dopo: un commissario di polizia (di cognome fa Grimaldi), il pittore Giorgio De Chirico, il compositore Erik Satie. Sono lì per caso o hanno risposto ad un richiamo? Se lo chiedono, intanto che contemplano l’uomo nel suo studio, che sembra morto ma non lo è. È andato, molto semplicemente, da un’altra parte, si è raccolto in uno spazio privato e inaccessibile: dentro se stesso.
Da questa premessa prende avvio il nuovo graphic novel di Sebastiano Vilella, LontanoLontano, edito da NPE. Vilella è tra i nomi storici del fumetto italiano. Una carriera, la sua, iniziata quasi quarant’anni fa, passata attraverso volumi splendidi come Requiem per due c…, Interno metafisico con biscotti, L’armadio di Satie, Friedrich. Lo sguardo infinito, e che oggi sembra approdare ad un punto che è insieme arrivo e ripartenza. Radunati a sé i propri personaggi, l’autore allestisce un balletto di cui è protagonista e comparsa, colui che indaga e colui che è indagato. Sono due, mi pare, i binari su cui si muove l’immaginazione di Vilella: il noir, da una parte, e il fantastico, dall’altra. Dalla fusione di queste due componenti immaginative scaturiscono storie dense di mistero, spesso delle vere e proprie detection che si risolvono in territori che poco o niente hanno a che fare con il reale. I luoghi (interiori, fisici, simbolici) frequentati da Vilella, infatti, sono altri: l’irrazionale, il sogno, il mito. Luoghi slabbrati, fragili, dai confini incerti, basta un soffio e si finisce nell’impossibile. Non fa eccezione, in questo senso, LontanoLontano. Anzi, si spinge addirittura un poco più in là. Quello che qui Vilella mette in scena è il (non)luogo in cui le storie prendono vita. Le sue storie, per esser precisi. Si può pensare a quest’opera come un invito, da parte dell’autore, a entrare nel suo posto più intimo e celato: lo spazio dell’invenzione.
Volendo accostargli un’opera letteraria (e d’altronde, l’arte di Vilella molto ha a che fare con la letteratura), LontanoLontano, nella sua idea di fondo, ricorda un po’ il Paul Auster di Viaggi nello scriptorium, oppure, per rimanere dalle nostre parti, certi libri di Alberto Ongaro, penso a titoli come La taverna del Doge Loredan o Passaggio segreto. Appartiene, cioè, a quell’affascinante gruppo di opere che, consapevoli di se stesse, tentano di rappresentare il dialogo perpetuo che un autore intrattiene con i suoi personaggi. Sono mappe, esplorazioni cartografiche di luoghi dispersi. Ma anche, in certo modo, sedute spiritiche, evocazioni. Portano con sé una domanda, rivolta tanto ai lettori quanto (e forse soprattutto) a chi quelle opere le realizza: l’autore è il destino dei suoi personaggi oppure il contrario? Chi è abitato da chi?
I personaggi che Vilella ha chiamato a raccolta si aggirano per la casa come fantasmi, cercano di conoscersi, si interrogano a vicenda, bisbigliano ipotesi, qualcuno tenta una fuga. Ma tornano sempre a guardare il punto dove tutto converge: l’uomo chiuso in se stesso. È lui, pur silenzioso e immobile, il vero protagonista della vicenda. E d’altronde, la casa tutta, altro non è che una scheggia della sua mente. Al lettore, non si chiede altro che entrare e lasciarsi incantare. Va da sé che, di domande, in un posto così, se ne troveranno moltissime. Risposte: nessuna o molto poche. Rimane l’enigma, e la sua bellezza.
Edoardo Zambelli
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Sebastiano Vilella, LontanoLontano, Edizioni NPE, 2023, 144 pagine, 22,50 euro