La scrittura è un dono, il dono è spontaneo, personale, irripetibile, come saper cantare o disegnare o danzare e qualsiasi emozione, qualsiasi pretesto mette in moto la macchina creativa.
In questo caso è stato il gatto, la storia di un amore per questo felino nelle sue sfaccettature territoriali e morfologiche.
Shifra Horn ha scritto tanti libri belli e intensi; questa volta autobiograficamente si lascia andare e genera un testo genuino, sentito, dove il gatto sovrasta ogni momento della vita, con la sua presenza distrae da traslochi, terremoti, separazioni coniugali.
Tutto avviene “sub Specie” ed è il gatto, la sua storia e la sua unicità a dare sapere e ragione alla vita.
Sembra che il mondo si divida tra chi ama il gatto e chi il cane. La disputa è tale e così antica che persino un poeta come T.S. Eliot scende in campo e, alla fine, deduce e sentenzia: “Il gatto è gatto, il cane è cane.” Con questo si pone fine a qualsiasi discussione, le due categorie sono come le rette: non si incontreranno mai.
A dire il vero io amo il cane e anche il gatto, è il mio cane che non ama il gatto e mi rende impossibile tenerli entrambi sotto lo stesso tetto, ma come Shifra Horn allargo il mio amore a tutta la specie animale: cavalli, cammelli, scimmie, formiche, api, rane. Cerco di venir loro incontro, capendo le loro necessità e rispettando il loro territorio, nonché i loro costumi. Ho solo qualche riserva per calabroni e zanzare.
Shifra Horn dipana il racconto attraverso i suoi spostamenti, da Israele al Giappone, da una casa piena di gatti a un appartamento dove è tassativamente vietato tenere animali, a una città dove non si incontrano randagi, ma dove il gatto a tre colori, privo di coda, Mike-neko, è simbolo di ricchezza e prosperità, porta fortuna e impedisce o prevede i naufragi.
L’autrice, senza gatto, trascina tristemente il suo desiderio frustrato finché non si imbatte in Neko-chan, randagia e zingara, e se la porta a casa, celandola a occhi indiscreti e soggiacendo ai ricatti del portinaio, disposto a tacere in cambio di una bottiglia di Wiskey.
Seguirà il bellissimo Sheesshee di razza mongola che con Sabina, gatta bianca e serica, darà origine a una generazione di gatti di famiglia, divisi tra bianchi e neri per le ben note leggi di Mendel.
Con leggerezza Shifra Horn ci educa alla conoscenza del gatto, alla sua storia, ai gatti divinizzati, a quelli perseguitati, i gatti neri ancora oggi evitati ma un tempo, come i miei antenati catari mandati al rogo, ritenuti creature di Satana. Per questo, apprendo, è rarissimo il gatto totalmente nero, sono stati decimati, è stata quasi distrutta la progenie.
Il gatto è sensitivo, intuisce i drammi, le separazioni, prevede il terremoto.
Il gatto è cacciatore , ma decide lui se e quando, il gatto è generoso e ti regala il frutto della sua caccia, devi pertanto imparare ad apprezzare topi morti, code di lucertola e teste di passeri.
Il gatto prevede la propria fine e, se va, scompare, forse va direttamente nel paradiso degli animali, o almeno così speriamo.
Shifra Horn ha scritto con il cuore, credo che si sia raccontata, prima a lei stessa e poi ai suoi lettori, questa storia che è la rassegna dei momenti migliori della sua vita, anche se talvolta tristi, comunque i più importanti, quelli da ricordare… grazie al gatto!!
Recensione al libro Gatti. Una storia d’amore, di Shifra Horn, Fazi Editore, pp. 192, euro 10.