“50 – Santarcangelo Festival” – presentato per la prima volta alle Giornate degli Autori della Mostra del Cinema di Venezia edizione #77 – nella nuova sala Laguna dell’ex cinema parrocchiale Sant’Antonio – una sala bellissima, per altro, a metà tra cinema, teatro e salotto retrochic.
“Santarcangelo nel 1971 era un borgo medievale in via di spopolamento dell’entroterra riminese” – appena 17.000 abitanti e appena 10 km da questa capitale del turismo internazionale (becerone/caciarone ma pop spumeggiante divertente e molto vivo) del cui indotto economico stratosferico la (bellissima) cittadina collinare non beneficiava in nessun modo… E allora il sindaco di allora Romeo Donati, “comunista” come “si professava comunista il primo direttore artistico Pietro Patino” — “con cui ci trovammo – dovemmo trovarci… – programmaticamente subito d’accordo”… — mette — anzi toglie — la prima pietra che darà il via a una delle esperienze di teatro diffuso e di ricerca più importanti e longeve del mondo.
Sono anni #diversi — questa cifra di diversità e di mutamento nel corso del tempo percorrerà tutto il documentario che ne vuole abbracciare, tramite lo studio e l’uso sapiente dei materiali d’archivio tutti i primi 50 anni festeggiati tra il 2020 e il 2021 (causa covid si è slittat@ di un anno) e per cui i registi sono stati chiamati dall’attuale direttore generale Roberto Naccari a confezionare orchestrandosi nel caotico archivio — una summa in forma di film — in un’ottica cross-settoriale e di preservazione e tutela della memoria e del patrimonio storico del festival.
Non si può scrivere una recensione qualunque per quest’opera brevissima (poco più di un’ora) eppure monumentale… anzi, non si può scrivere una recensione del tutto.
Forse un elenco dei nomi, delle immagini, delle suggestioni, delle visioni, delle strade, degli odori… delle visioni…
Un lavoro di ricerca e studio complicatissimo — quello di Michele Mellara e Alessandro Rossi, una carriera più che ventennale alle spalle orgogliosamente e pregevolmente cross/settoriale e cangiante — e che ha navigato anche all’interno dell’universo teatrale tout court così come in quello della ricerca tout court negli archivi e nelle aule di università— la loro casa di produzione Mammut Film produce anche il docu insieme alla direzione stessa del festival — tra filmati di repertorio che i registi stessi ammettono manchevoli “perché è difficilissimo filmare il teatro e questo film ha indagato anche il modo in cui si è imparato o provato a imparare a filmare il teatro, dalle prime edizioni in particolare degli anni 80 dove di materiale ne è stato ripreso poco” racconta Alessandro Rossi — forse l’infilmabile puro, l’ineffabile a maggior ragione quando è fuori dal palcoscenico, come a Santarcangelo — è per strada…
È divertente infatti scoprire che “Santarcangelo nel 1971 non aveva un suo spazio teatrale” — racconta Roberto Naccari — “l’unico teatro era stato distrutto, quindi l’idea di utilizzare le piazze, gli spazi pubblici, nasce anche da lì: inventarsi un festival utilizzando le piazze e gli spazi pubblici è stata una connotazione del festival fin dalla prima edizione, un festival internazionale — solo dei romagnoli potevano inventarsi una trovata del genere —“
“Pensare a un festival, a una manifestazione culturale” a maggior ragione di tipo sperimentale, di ricerca, e politica, “adesso è una risposta usuale, all’epoca era una risposta enormemente creativa.”
Racconta Michele Mellara che… “era un teatro con una fortissima connotazione politica, siamo all’inizio degli anni 70 quindi il festival è pervaso da un’idea ideologica molto forte che sta alla base della creazione di questo festival: il primo direttore è comunista, si professa tale e nel teatro vede soprattutto la possibilità di realizzare — di lanciare un messaggio politico per la comunità, anche in senso alto e nobile — ed è un modo anche di approcciare il teatro molto distante rispetto a quello odierno, cioè, il primo direttore si butta anima e corpo nel proprio progetto, impegna dei beni privati per trovare risorse per mandare avanti il festival, fa promozione con volantinaggio — di persona, praticamente — a Rimini insieme al sindaco, tutte cose che oggi sembrano stare non sulla Terra ma sulla Luna, quindi quello che con Alessandro abbiamo cercato di mettere a fuoco nel film è — restituire con carne sangue passione attraverso i protagonisti del festival un’idea dell’Italia, della cultura, della politica del teatro DIVERSA — , che in 50 anni praticamente è mutata radicalmente — non voglio dire nel bene o nel male, però è mutata — queste mutazioni segnano come il tempo del festival e sono il battito cardiaco del film, il fatto che comunque ogni sguardo sulla direzione del festival è un’interpretazione della realtà diversa. Che è figlia dei tempi che la partoriscono, questo è bello , il fatto che dentro il festival siano passate tante libertà, tante libertà di intendere e interpretare il mondo e tanti conflitti, che — non è un simposio in punta di forchetta — ci sono delle guerre all’interno della direzione del festival ferocissime, rispetto all’idea di poetica, di arte e combattute mettendosi completamente in campo, anche questo è un dato che volevamo far emergere all’interno del racconto, il fatto che non è un racconto agiografico, il santino del festival, essendo materia viva ovviamente è materia viva anche in termini conflittuali…”
È una suggestione, un mosaico di immagini, un calembour ma non un bombardamento, un caleidoscopio, un rizoma, si alternano le star… gli artisti, coi loro meravigliosi spettacoli di cui vediamo brevi frammenti spesso privi del sonoro originale – con un tappeto sonoro che li unisce tutt@, un mélange trasognato come un lungo spettacolo di 50 anni infinitamente mutevole e mutato — ma rigorosamente ogni frammento dotato della sua bianca didascalia per dirci seppur brevissimamente chi siano gli artisti la cui performance stiamo vedendo in pillole nel filmato… — ecco, si alternano gli artisti — le star — coi tanti direttori artistici che si sono succeduti alla guida del festival, mostrati cronologicamente e ognun@ in questo caso intervistat@ — in repertorio o dal vivo — per poter estrarre in suggestione la sua idea di poetica — e la sua esperienza artistica concreta — prima/e/dopo — di vedere le immagini degli spettacoli che hanno composto le edizioni da lxi/l3i/3 curate…
Una parte più ridotta il resto dell’organigramma dirigenziale, poi la cura degli amanuensi, come naviganti nel fiume audiovisivo così luminoso … dolce, in larga parte inedito “perché portare l’emozione del palcoscenico sulla pellicola o sul video è cosa complessa e soprattutto lo è stato nel lavoro di sintesi di 50 anni di materiale non sempre di grande qualità, un po’ zoppicante, un po’ disordinato, trovare un modo per non raccontare il singolo spettacolo, il singolo artista — in 50 anni di festival si fa prima a dire chi non c’è stato, Carmelo Bene e Vittorio Gassman non sono stati a Santarcangelo — ma riuscire a restituire un’intenzione, un momento teatrale, un periodo, un movimento — culturale” —
“Capire che queste due forme d’arte che fanno molta fatica a vivere insieme — — — ciò che succede nel palcoscenico fa molta fatica a passare attraverso le immagini filmate — richiede una capacità e una sensibilità abbastanza rare, che noi in tutti questi archivi che abbiamo esplorato abbiamo ritrovato nel materiale di Mario Martone e in un documentario che abbiamo riscoperto dentro gli archivi della Cineteca di Bologna di Giuseppe Ferrara, che riguardava la seconda edizione del festival di Santarcangelo.”
Sono present- nel documentario:
Akademia Ruchu, Folkoru Lublin, Roy Boiser, Teatro Laboratorio di Pontedera, Teatro Tascabile di Bergamo, Teatro di Ventura, Les Gestes, Sonia Brunelli, Niconote, Chiara Guidi, Masque Teatro, Felix Thorn, Teatro delle Moire, Filippo Timi, Collettivo Cinetico, Enrico Malatesta, Silvano Voltolina, Street Art Project, Antonia Baehr, Roberto Latini, Oriza Hrata, Fiorenza Menni, Aidoru, Zimmerfrei, Kornél Mundruczò, Other Spaces, Zapruder, FilmakersGroup, Pathosformel, Art You Lost?, Sacchi di Sabbia, Gertijan Van Gennip, Markus Ohrn/Azdora, Compagnia Stabile del Festival, Teatro Guerriglia – Grecia Libera, Ula Sickle, Dario Fo, Els Comediants, Sanjukta Panighrai, Alessandro Sciarroni, Teatro Valdoca, Luigi Dadina, Silvia Gribaudi, Amorevole Compagnia Pneumatica, Teatro Sotterraneo, Teatro Potlach, Mutoid Waste Company, Leo Bassi, Monaci Tibetani, Isola Posse All Stars, Enzo Moscato, Societas Raffaello Sanzio, Leo De Berardinis, Teatri Uniti, Toni Servillo, Iaia Forte, Andrea Renzi, Mimmo Cuticchio, Teatro delle Albe, Libera Mente – Crest, Agar, Motus, Virgilio Sieni, Ascanio Celestini, Kunaki, Roberto Castello, Leo De Berardinis, Silvia Calderøni, Ilenia Caleo, Dragon, Tamara Cubas, Mermam Blix, Sacchi di Sabbia, Teatro delle Briciole, Kinkaleri, Fanny & Alexander, Laboratorio Hamelin, Saltkompanet, Tartana, Alfonso Santagata, Judith Malina, Krypton, Giacomo Cosso, Paola Bianchi.
e tutti i direttor@ artistici e altr@.
Produzione Mammut Film
Distribuzione I Wonder Pictures
“50 – Santarcangelo Festival” di Michele Mellara e Alessandro Rossi
Disponibile in cinema virtuale #iorestoinSALA
di Silvia Lumaca