Ci sono due modi opposti per raccontare la pianura. Si può attingere dalle atmosfere bucoliche dell’Antonioni più agreste, dilatare l’orizzonte lungo l’argine piatto, lasciare che il passaggio respiri e muti la vista in balia delle nubi, oppure si può compiere un percorso inverso e partire dall’essenza stessa di quegli elementi naturali che sono linfa di una terra unica, indomabile, imprevedibile, talvolta incomprensibile.
Il vento, il mare, la terra, i canneti scossi lungo gli argini, il romanzo si apre fin da subito con un paesaggio: come a voler esplicitare immediatamente che questa sarà una storia di luoghi, prima ancora che di persone.
Ci troviamo nella campagna del Polesine, in un casolare contadino abitato da due cugine cresciute come sorelle. Le bombe del conflitto si sono portate in cielo le loro madri e, per non soccombere, Nilde e Norma sono dovute crescere in fretta, insediandosi lungo il bordo di un fiume le cui correnti nervose non offrono lacrime da dedicare ai caduti ma solo detriti, fango e la pioggia di un cielo squarciato dai fulmini.
Nilde e Norma, due personalità agli antipodi: timorosa e ansiosa la prima, silenziosa e impulsiva la seconda. Due anime che sembrano esser state separate a forza da un unico nucleo di solitudine. Argini opposti di un corso d’acqua che nel 1951 non si è fatto scrupoli a straripare e inondare le case e le vite di una comunità sempre in balìa della sua corrente.
Tutto sembra iniziare da quel pomeriggio di Giugno: Norma che rientra a casa sconvolta con le ginocchia sbucciate, le dita insanguinate, delle ferite sui gomiti. A Nilde racconta di essere caduta mentre percorreva l’argine del Po in bicicletta e quel rosso che si trova sui vestiti altro non è che una manciata di ciliegie spappolate ma, da quel giorno, i suoi comportamenti saranno sempre più strani.
Norma ora sembra attratta dai temporali, il cielo inquieto di stagione è un richiamo costante a uscire di casa, raggiungere il fiume, smarrirsi nella pioggia. In mezzo al campo spicca la figura di una ragazza vestita di grigio, ha i capelli neri, i lineamenti nascosti dalla furia del cielo. Nilde non sa chi sia eppure sua cugina non può sottrarsi al suo richiamo.
C’è un sussurro costante che sembra muoversi tra i paragrafi del romanzo della Aggio, un sottotesto di suggestioni che fa leva sulle credenze popolari di una comunità sottomessa, abituata a piegarsi ciclicamente al volere di una natura crudele. Donne e uomini troppo occupati a mantenere in vita il raccolto per dedicarsi alla ricerca di una spiegazione razionale alla furia cieca di un’alluvione, così come alle lugubri apparizioni della Signora del fiume. Sono gli anni dei riti e degli scongiuri, delle edicole votive lungo i fossi, gli anni delle processioni religiose – tutti in fila dietro al parroco – e delle carestie maledette che si abbatteranno inevitabili se non vengono rispettate tutte le tradizioni. Anni offuscati da una nebbia che sembra emersa dalle braci stesse di un conflitto incomprensibile che ha stravolto luoghi e persone senza dare spiegazioni.
“Gli uomini sono piccoli come formiche e le case non sono che schegge di argilla”, in questo mondo gotico e cedevole come un argine eroso dalla tempesta e non c’è troppo di cui stupirsi se, in un simile inferno, le persone smarriscono la propria strada.
Con una lingua nervosa, limacciosa, estremamente cinematografica, Sonia Aggio si svincola dai polverosi classicismi delle narrazioni agresti, dando forma a un romanzo dinamico e ipnotico quanto un gioco di riflessi sulla superficie di un riva di cui non si può scrutare il fondo.
Una narrazione bipolare attraverso un doppio punto di vista, in un crescendo visionario che frappone un cielo perennemente iracondo a un’inquietudine psicologica frutto di un capillare lavoro di caratterizzazione delle protagoniste. Magnificat è un ammaliante un gioco di specchi che sconvolge e smarrisce attraverso una prosa attenta e feroce, capace di trarre la sua forza maggiore da quella stessa furia selvaggia di cui il romanzo si fa essenza.
Stefano Bonazzi
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Magnificat
Sonia Aggio
Fazi Editore
17 euro — 202 pagine