Il volume La parte d’ombra delle cose. Lettere di un umanista impertinente, pubblicato da L’Orma, raccoglie l’epistolario di Stefan Zweig – per la cura di Marco Federici Solari – che si apre con una lettera del 1907 indirizzata a Rainer Maria Rilke, e si chiude con quella a Friderike Maria Zweig, nel 1942. Nel mezzo, si dipana un autentico patrimonio intellettuale – che rappresenta solo una stretta selezione della sua sterminata corrispondenza – sotto forma di missive indirizzate a interlocutori tra i quali compaiono Martin Buber, Hermann Hesse, Sigmund Freud, Klaus Mann, Joseph Roth, Hermann Broch. Tutto rimanda a quella stagione di straordinaria vivacità culturale che ebbe per teatro la città di Vienna, e all’interesse per quella “parte d’ombra delle cose”, come lui stesso ebbe a definirla, che rappresentarono l’elemento distintivo del suo lavoro e della sua ricerca. L’interesse per la coscienza individuale fu declinato da Zweig non solo dal punto di vista letterario, ma costituì una pratica traducibile in ogni manifestazione culturale e del pensiero, e quindi anche sul piano relazionale e della comunicazione. Così, le lettere di questo epistolario sono un’occasione per ricostruire il perimetro di una personalità complessa e frastagliata come quella di Zweig. A partire da “Ormai mi sono emancipato da ogni ambizione letteraria e ho deciso di applicare le mie energie – per quel che valgono – solo alla realtà”, passaggio presente nella lettera indirizzata a Martin Buber il 24 gennaio 1917.