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Stefano Domenichini, Storia ragionata della sartoria americana nel secondo dopoguerra

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C’è poco da fare gli individualisti: la pace famigliare non è negoziabile. Se ciascuno cerca di imporre la propria idea di pace, al limite si ottiene una tregua armata, fatti di spazi neutrali e regali antiproiettile. Altrimenti non c’è altra soluzione: metabolizzi esattamente cosa vuole il Tuo Amore per stare in pace e ti adegui.”

Book Pride 2019 a Milano è stato per me quello che di meglio non può essere per un amante dei libri e qualche volta anche di chi li scrive.

E’ stata l’occasione per conoscere nuovi autori di cui non avevo mai sentito parlare fino ad allora- e di titoli e copertine e quarte di copertina ne vedo molte, ma tanti sono coloro che si buttano nel mare della scrittura.

Stefano Domenichini ha scritto “Storia ragionata della sartoria americana nel secondo dopoguerra”, Autori Riuniti edizioni. Già il titolo e la copertina danno una manciata di secondi di vantaggio nella corsa verso un ipotetico traguardo, mentre il contenuto e la scrittura portano ad una vittoria scontata.

Il libro contiene tre racconti, il primo un po’ più lungo gli altri due meno, e ciascuno rivela riga dopo riga un tema specifico, ben nascosto nella trama, ma forse nemmeno tanto.

Leggerete di famiglia, di amore, di soldi. Le solite cose. Eh sì, ma di cosa dobbiamo parlare, leggere, scrivere se non di ciò che è parte della nostra vita, di ciò che desideriamo in modo maniacale fino a quando non ne siamo in possesso, di ciò che poi ci dimentichiamo dopo pochi giorni, e che nuovamente desideriamo dopo che si è perso? Forse è il possesso che ci fotte.

Ci sono bivi fondamentali nelle nostre vite. Solo che capitano in giorni qualunque, quando siamo raffreddati o cerchiamo di distrarci seguendo un corso per subacquei.”

Storia ragionata della sartoria americana nel secondo dopoguerra, che dà il titolo al libro, è un racconto che narra della migrazione di un Sarto, ancora ragazzo, insieme alla sua famiglia, dalla Russia agli Stati Uniti d’America. Un bambino ebreo.

I richiami di Stefano al grande Bernard Malamud sono palesi per chi ha amato e ama Malamud, ma la narrazione non si concentra sul tema migrazioni, ebraismo, povertà, disoccupazione e via dicendo, quanto come dicevo prima sulla famiglia.

Ognuno si porta dentro la sua solitudine e, senza rendersene conto, non fa altro che parlare di quella, per tutta la vita”.

Il secondo racconto invece è concentrato sull’amore tra due persone, amore che emerge nel corso di continue passeggiate tra un medico e l’altro, per problemi di vista. Stupendo, Stefano Domenichini.

Se i pesci restassero a letto, quelli che si alzano presto non tirerebbero su niente.”

Si conclude, purtroppo, con il terzo racconto che è un vero e proprio manuale per diventare ricchi. So bene che questo tema interessa a molti, altrimenti come mai a Sanremo vince una canzone che parla di soldi?

Come dicevo all’inizio, per me Stefano è stata una scoperta, facilitata dal moderatore dell’incontro di presentazione a Book Pride, Michele Vaccari. Confesso che ero andato per sentire lui, uno che di letteratura mastica da un po’ di tempo, e Michele sapevo che avrebbe presentato un autore da leggere. Così è stato.

Stefano (spero non si offenda) è uno di noi, uno che quando il moderatore dell’incontro di presentazione gli chiede perché ha scritto questo libro, da dove nasce, lui risponde senza pensarci, più o meno così: “Questi racconti erano da anni in un cassetto, e un giorno un mio carissimo amico, poco prima di andarsene mi ha detto, questo lo finisci!.”

La scrittura di Stefano è un saliscendi continuo, intervallato da pause riempite di considerazioni sulla vita. Qualcuna ve l’ho riportata tra queste mie righe. E’ una scrittura matura ma nello stesso tempo quasi sperimentale, che sfocia talvolta nel fantastico, ma poi ti fermi a riflettere un attimo e ti rendi conto che la “circoncisione sentimentale” non è mica così fantastica come sembra.

Insomma, per me questi racconti e questo autore sono stati una bella scoperta, e spero che Stefano non abbia bisogno di altri stimoli pesanti, come quello che ha avuto per finire questo libro.

Non posso definirmi tuo amico, Stefano, ma mi permetto di intimarti di rovesciare sul letto o sul tavolo i tuoi cassetti, e finire almeno ciò che hai già iniziato dandoci così la possibilità di leggere tue storie nuove.

Grazie e buona lettura.

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