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Stefano Scrima. Filosofia del walkman

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Della vasta produzione letteraria di Stefano Scrima, filosofo che non discetta di astratta filosofia ma fa esegesi delle filosofie sottese agli stili di vita (quelle quattro o cinque cose a cui non sappiamo rinunciare e a cui forse non crediamo neanche più, come direbbe Brunori sas) “Filosofia del walkman” è il libro più ferocemente pamphletico e politicizzato. Se il 1989 segna il crollo (apparente) dei muri, dieci anni prima, il 1979 segna il crollo della modernità e l’inizio di quello che viene chiamato, con un lemma preso a prestito dall’architettura, il postmoderno. Non è per nulla una coincidenza, ed è questa la tesi di Scrima, il fatto che in quello stesso anno, precisamente il primo luglio 1979, nasceva il walkman e come nella migliore tradizione epistemologica, “ogni innovazione tecnologica comporta anche una più o meno profonda riprogrammazione antropologica”. La fine della modernità tracciata in quello splendido saggio di Jean-François Lyotard che è “La condizione postmoderna” (ovviamente del 1979) non è altro che l’impossibilità di interpretare la realtà in senso esclusivo attraverso le grandi narrazione che furono le ideologie e a causa di un sapere sempre più parcellizzato e plurale ma in cui la ricerca della verità come fine lascia il posto alla potenza e alla performatività.

Il neo-liberismo è la dottrina che meglio incarna le ambizioni postmoderne perché rimette al centro l’individuo e il mercato rispetto all’idea della società basata sul mutuo aiuto tra i membri. Similmente il walkman diviene e simbolo del ripiego della musica ad ambito privato, dopo che la rivoluzione rock negli anni Sessanta e Settanta del Novecento era stata rito collettivo (i grandi concerti e i raduni di milioni di persone) e sull’onda del sessantotto, espressione di rivendicazione sociale e aspirazione ad un mondo più egualitario e cooperativo. Il rock da veicolo di contestazione anti-sistema nei primi anni Settanta comincia ad integrarsi perfettamente nell’industria culturale (di adorniana memoria) assorbito dall’imperativo liberista. Ancora uno scossone si avrà con il punk del 1977 che cercherà di riprendere in discorso interrotto nel 1968. Ma a parte un filone underground che continuerà a esistere, le grandi band (prima fra tutte The Clash) firmeranno con le grandi major e entreranno nel sistema e nel business musicale. Scrima ha ragione da vendere, anche quando individua in alcune espressioni della new wave (segnatamente nei Joy Division di Ian Curtis, morto suicida), ancora un ripiego su se stessi e nel rock istituzionalizzato degli anni Ottanta che fa beneficenza (il Live Aid del 1985) un modo per lavarsi la coscienza dopo la consapevolezza di non potere cambiare il mondo. Ed ancora il walkman ipostasi della (contro)rivoluzione in atto: “l’uomo che cammina” per la sua strada, dritto verso la sua meta che sceglie cosa ascoltare, ode del disimpegno. Che non cambia il mondo ma permette di non farsi fagocitare dall’iper-correlazione contemporanea, di cui la rete (internet, i social) è il regno più esemplare.

Stefano Marullo

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Stefano Scrima, Filosofia del walkman, il melangolo, Collana “nugae”, Genova 2023

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