Lo spirito del tempo: “La nostra è un’epoca violenta. Gli artisti combattono, i drammaturghi pure – le voci corrono. I conflitti con le potenze straniere, le epidemie, i complotti contro la regina che indeboliscono il paese hanno forse come conseguenza questa propensione al sangue? Io che amo recitare la parte del criminale, non mi sento capace di uccidere un uomo. Non potrei sottrarre l’unico bene che ognuno di noi possiede: la vita”.
Il caso e la necessità: “Gli anni passano, mi iscrivo a un seminario di studi elisabettiani, vado a Stratford sulle tracce del bardo, faccio ricerche su un suo contemporaneo, Ben Jonson, tenendo sempre bene in mente William. Ho l’età che aveva Shakespeare quando è sparito e non so ancora cosa fare della mia vita.”
L’esordio del grande bardo: “Godo di uno status particolare visto che la compagnia mi ha accettato nonostante non sia né un attore esperto né un giovane da formare per il mestiere. Vietato deludere una seconda volta. Non posso lasciar sparire le mie battute nell’abisso della memoria, e devo danzare e cantare come il più dotato della compagnia.”
È in libreria William di Stéphanie Hochet, (Voland 2024, pp. 144, € 18, con traduzione di Roberto Lana).
Stéphanie Hochet, nata a Parigi nel 1975, ha esordito nel 2001 con Moutarde douce e ha pubblicato numerosi libri con importanti editori francesi. Vincitrice del Premio Lilas nel 2009 e del Thyde Monnier nel 2010, ha collaborato con Libération e Le Magazine des Livres. Per Voland ha pubblicato, tra gli altri, Sangue nero, Elogio del gatto e Pacifico.
Che cosa accadde a William Shakespeare tra il 1585 e il 1592, dai 21 ai 28 anni? Nessuno lo sa con certezza. È proprio in questi “anni perduti” che Stéphanie Hochet ambienta una straordinaria avventura letteraria. Uno dei temi centrali del libro è la ribellione contro le convenzioni sociali. William, giovane e ambizioso, sfida le rigide strutture patriarcali del suo tempo sposando una donna più anziana, Anne Hathaway, ma si sente soffocare dal peso delle responsabilità familiari e nutre il sogno di diventare attore. Così cerca a Londra nuovi orizzonti, lontano dall’opprimente figura paterna.
Per seguire questa aspirazione, decide di abbandonare tutto e unirsi a una rinomata compagnia teatrale. Nell’Inghilterra flagellata dalla peste, il suo destino prende una piega inaspettata. Gli incontri con Richard Burbage, che ispirerà il personaggio di Riccardo III, e con il carismatico Christopher Marlowe saranno fondamentali.
Hochet dipinge un ritratto intimo del grande drammaturgo inglese, intrecciandolo ai propri ricordi personali. Tematiche come l’identità di genere, il conflitto tra generazioni, il desiderio di evasione e persino il suicidio vengono esplorate sotto una nuova prospettiva, rivelando sorprendenti paralleli tra la vita dell’autrice e quella del suo protagonista.
William è un’opera che affascina e invita alla riflessione, un viaggio nel tempo che, attraverso gli occhi di William Shakespeare, ci porta a confrontarci con le nostre stesse aspirazioni e insicurezze. L’autrice offre al lettore una storia da riscoprire dove l’arte, la passione e la ribellione si sono intrecciate per tessere un’opera immortale.
Carlo Tortarolo
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È Pasqua a Stratford. Will, diciassette anni, partecipa ai festeggiamenti con suo fratello più piccolo Gilbert. Incontrano gli altri giovani della città e si divertono a fare battute sulle
ragazze che vedono. Quando passa Anne, un gradasso spinge William alla spalla. Va’ a farle un po’ di corte! Scommettiamo che non ti dà retta per più di tre minuti? William ha bevuto numerose pinte di birra e non resiste alla sfida. I ragazzi guardano da lontano. Il figlio di John è timido e poco intraprendente con le fanciulle. E non è neppure particolarmente bello. Ha già incrociato Anne ma non le ha mai parlato. È la prima volta che cerca di conquistare una donna. Stranamente, lei gli piace. Non deve sforzarsi per dirle belle frasi. Le parla del sole, della luna, giura sulla Bibbia di non aver mai visto una bellezza simile. I tre minuti sono trascorsi da un pezzo. Ora Anne gli sorride. Dall’altra parte della piazza, il gruppetto ha smesso di sghignazzare. Lo ammirano all’opera. William nascondeva bene la sua tattica. Anne arrossisce e il ragazzo continua a parlare. Ma cosa le starà mai dicendo? La sua vivacità sembra colpire la giovane Hathaway. Che comunque non è per niente brutta. Un viso ovale dal profilo fine, gli occhi color d’opale. Sono almeno dieci minuti che il giovane Shakespeare parla e Anne risponde! Gilbert osserva il fratello con venerazione, è sempre stato il suo modello. D’un tratto vedono William prendere la mano della giovane e portarsela alle labbra. I compagni restano a bocca aperta. Pensavano a William soltanto come a un brillante studente di latino. Scoprono un ragazzo molto più sveglio di quanto la sua inappuntabilità da liceale lasciasse immaginare.
È così che la storia di William e Anne inizia.
Quella stessa notte andrà a casa di Anne e continuerà a parlarle a lungo, ma a bassa voce per non farsi sentire dal padre. Lei aprirà la finestra della sua stanza e sporgerà il viso grazioso verso di lui (così giovane! molto più di lei!) giù in basso. Con il ripetuto timore di un’improvvisa irruzione del genitore. Il suo dolce profilo trasalirà. Will vedrà il corpo raddrizzarsi di botto, la sua testa voltarsi verso la porta della camera, le ciocche dei capelli danzare sulla fronte inquieta. Questi minuscoli dettagli rimarranno impressi per sempre nel suo animo, a immortalare la propria estasi. Lei sarà sul punto di chiudere in fretta la finestra. Falso allarme. Aggrappato all’edera che corre lungo il muro Will le chiederà il permesso di raggiungerla.
Il matrimonio con Anne ha scombinato le sue speranze di vita avventurosa. Ormai gli abitanti di Stratford lo considerano un uomo. Non sa ancora se lo status di marito gli piace o no. Sorride a tutti ma gli è arrivata una tegola in testa. Va tutto troppo veloce. Il tempo è fuori controllo.
Dopo la sorpresa iniziale, per i genitori che hanno già perduto due figli in tenera età queste nozze sono piuttosto rassicuranti. William assicurerà la discendenza paterna e comincerà finalmente a lavorare. Il padre spera che seguirà il suo esempio. Proprio ciò che ci si aspetta da lui.
Questa unione è anche fonte di una angoscia le cui problematiche pungolano Will senza sosta, giorno e notte. La vita gli avrà giocato un brutto scherzo tale da mettere fine alle sue ambizioni ancora prima di recitare in una commedia? Diventerà mai un attore? Se le famiglie Shakespeare e Hathaway non fossero state così importanti forse avrebbe trovato il modo per andare a Londra e realizzare il proprio sogno. Fuggire. Catturato dalla città mostruosa, luogo di perdizione dal fetore nauseabondo, devastata dalle pandemie – questa metropoli denigrata dalla sua famiglia. La Londra delle opportunità, dei teatri di Bankside, delle grandi compagnie, rifugio di artisti brillanti, secondo Will.
Per il momento si abbandona alle gioie del focolare domestico. Gli piace, si guadagna da vivere senza fatica come insegnante e ha cura di Anne e dei figli che osserva estasiato.
La piccola Susanna lo affascina profondamente fin da subito. Come può sopravvivere un esserino tanto fragile? Si china sulla culla chiedendosi se la neonata non appartenga a un mondo soprannaturale, se non sia una creatura magica dal linguaggio innato, discendente di un’esistenza remota, di una vita prenatale dai confini stregati. Tende la mano verso la bambina che sorride. Si ripromette di raccontarle storie di elfi e fate. Forse con lei ritroverà la lingua originale, antecedente il peccato. Intuisce che il mondo è costituito da strati di conoscenza e che non abbiamo accesso a quello in cui la neonata è immersa.