“ I suoi occhi rivolti al crinale di fronte alla casa intercettarono qualcosa di blu e abbigliato in maniera antiquata che sporgeva dal petto in su dal campo di granturco e se ne stava lì fermo e immobile”.
Gwendolyn Ranger Wormser, Lo Spaventapasseri
“indossano esattamente le stesse cose del momento in cui sono morti”.
“Chi è costui che viene?”. Ho smesso di leggere il Re nel 1987, io dalla pubblicazione di Rose Madder, io da dopo l’incidente da quando non è stato più lui. Beh! vi dico una cosa, tutte queste chiacchiere sono sterili, io non ho mai smesso di leggere Stephen King e non ho nessuna intenzione di farlo. “Sai quante persone sono sepolte qui?..trecentomila”. Queste sono le cose che possono colpire un ragazzino sveglio di undici anni e sbam queste cose colpiscono anche me, sempre, perché “l’odio è più forte e resiste più a lungo….quando le persone vedono i fantasmi…succede perché i fantasmi sono pieni di odio. La gente li considera spaventosi perché è proprio questo che sono”.
Later del maestro Stephen King, edito da Sperling&Kupfer (traduzione di Luca Briasco) è un romanzo di puro intrattenimento, veloce da leggersi , piacevolissimo e pieno di riferimenti all’attualità e ad alcune cose che ogni persona che ha letto i libri dello Zio conosce perfettamente (Il rito di Chüd, ad esempio) e per me, per come io leggo le cose e per come mi lascio affascinare, con un rimando letterario straordinario.
Quando il ragazzo protagonista della storia Jamie Conklin, (un solitario Bill Denbrough di IT senza i Perdenti) , il ragazzo che può vedere le anime delle persone morte, intima a quella cosa che lui combatte e che non sa definire, quella cosa che riesce anche a possedere un fantasma: “ ricordati solo che se ti chiamo, tu dovrai venire”, la mia mente si è girata verso un piccolo libro che tengo sempre con me. Le mie dita sono corse al racconto “fischia e verrò da te, ragazzo mio”, di Montague Rhodes James. E’ stata una reazione immediata la mia, una suggestione dell’invisibile, un gelo, conseguenza della tenebra. Le parole sono fiori velenosi, semi che iniziano a spaccarsi nel profondo.
Stephen King ci consegna un romanzo dove l’elemento soprannaturale è sicuramente prevalente e lo fa avendo il massimo rispetto per il lettore. Sembra dirci “quello che scrivo è questo e andrai a cercare altre cose, sempre”.
Cosa mi piace davvero in questo romanzo? Come scrisse John D. MacDonald nella prefazione ad “A volte ritornano”, “diligenza, amore per le parole, immedesimazione uguale a obiettività crescente…e poi? La storia.La storia, maledizione!”.
Edoardo M. Rizzoli