Non è un romanzo, ma una lunga riflessione sulla memoria (numi tutelari, in primis, Pasolini e Léauteaud) l’ultimo libro di Fernando Acitelli che ha per titolo Sulla strada del padre. Prova ne sia che il protagonista è l’autore stesso e “quel” padre è il suo adoratissimo padre, un ex ufficiale dell’esercito regio fatto prigioniero a Tunisi dagli inglesi nel ‘43 e deportato in un campo di concentramento nel Texas. La storia è quella di un “pellegrinaggio”, il cammino di un figlio sulle orme “morali”, ancor più che materiali, del genitore. Una bella mattina di agosto, questi s’infila in tasca un fascio di vecchie lettere e foto ingiallite ed esce di casa. La sera precedente ha preparato lo zaino e una piccola tenda. La sua mèta? Un quartiere accanto al suo, il Quadraro, assiduamente frequentato decenni prima dal padre e dai suoi amici, perlopiù reduci di guerra. Il “figlio” vagherà e dormirà per un mese nelle strade e nelle piazze di Roma, dove – complici le lettere dalla prigionia del genitore, i palazzi, le vie, le targhe, gli scrittori amati, la storia dell’arte e il gioco del calcio – ricomporrà poeticamente in un diario i frammenti del passato di una famiglia e di una città.