Le riviste letterarie indipendenti sono una gran figata, non c’è dubbio. Dietro qualsiasi numero (cartaceo o sul web) di una rivista letteraria c’è un micromondo dove si condivide attenzione, curiosità, selezione, editing ma soprattutto passione. Una passione autentica perché finalizzata soltanto al risultato finale, nessuna speculazione né tantomeno un ritorno economico. Se ci si pensa un attimo, le riviste letterarie non avrebbero nessun motivo pratico per esistere: richiedono tantissimo tempo, non si riescono ad auto- finanziare e hanno pochissimo mercato, eppure ogni anno gruppi di appassionati inventano un nome, cercano una riconoscibilità, passano nottate intere alla scelta dei testi, all’editing, alla grafica, seguono gli esordienti, viaggiano per promuovere la rivista (per quanto si può), cercano di farsi pubblicità, partecipano a eventi letterari rimanendo seduti ore davanti a un banchetto defilato senza che nessuno si avvicini mai per dare un’occhiata. Eppure nascono (e purtroppo muoiono) in Italia tantissime riviste letterarie ogni anno, e con questa rubrica voglio raccontare la loro storia con delle interviste tutte simili (per dare a tutte le riviste lo stesso spazio) chiedendo cosa cercano, facendomi raccontare qualche episodio della loro esperienza, se hanno delle regole precise e cosa deve fare uno scrittore per pubblicare per loro.
Michele Crescenzo
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‘tina con i suoi 32 numeri è la rivista indipendente più longeva che conosco, negli ultimi quattro numeri è tornata cartacea in una tiratura limitata e con format originalissimi: piccolo come un accendino, grande come giornale, come libro e infine come un manuale dell’Ikea. ‘tina è nata e gestita da sempre da Matteo B.Bianchi.
Cosa ti ha spinto a creare una rivista letteraria? E quanto tempo fa è successo?
Stiamo parlando quasi di preistoria, perché ‘tina ha vent’anni e credo che si candidi a diventare la più longeva delle riviste di narrativa indipendenti italiane. Il bisogno di creare ‘tina mi è venuto unendo due passioni, quella per le fanzine autoprodotte (‘tina infatti è nata come fanzine fotocopiata) e quella della scrittura. Avevo l’esigenza di confrontarmi con altri scrittori esordienti, così ho pensato di fondare un piccolo strumento per mettere in comunicazione persone che come me aveva lo stesso interesse ma che magari non si conoscevano fra loro. Il numero iniziale della rivista, il numero zero, è stato realizzato in sole 12 copie perché erano 11 le persone a cui pensavo di inviarlo e una copia volevo tenerla per me. L’accoglienza di quel primo esperimento è stata tale che mi ha spinto ad andare avanti e sono qui ancora oggi.
Prova a definire la tua rivista in poche parole.
Rivista di narrativa pop contemporanea.
Quanti numeri sono già stati pubblicati e quando uscirà il prossimo?
Trentadue numeri a oggi, con scadenze più ravvicinate agli esordi e ora attestata su una frequenza di un numero all’anno circa. L’ultimo è appena uscito.
Cosa cerchi e pubblichi? Racconti, estratti, poesie? Hai un genere o delle regole precise?
Non è mai facile descrivere cosa cerco per ‘tina, ma in generale direi racconti dal tono non eccessivamente letterario, con idee narrative originali all’interno e se possibile anche ironici. Pubblico quasi esclusivamente racconti. Le poesie sono una rarità e se appaiono devono essere ultra-pop (in vent’anni credo di averne pubblicate solo in quattro occasioni, una delle quali in dialetto emiliano). Pubblico sostanzialmente esordienti, a volte accostandoli con scrittori noti ai quali chiedo un racconto scritto apposta per la rivista.
Cosa deve fare un autore per convincerti a pubblicare un suo lavoro?
Scrivere bene e non essere prevedibile. E avere pazienza: sono da solo, a volte impiego mesi a smaltire la lettura dei racconti che mi inviano.
Pubblicate anche in cartaceo? Se si, dove si può trovare la tua rivista?
Nel corso della sua esistenza ‘tina ha cambiato diverse formati, in linea anche con lo spirito dei tempi. Come dicevo sopra, è nata in forma cartacea come fanzine autoprodotta, poi si è trasformata in webzine disponibile solo in digitale, ma a partire dagli ultimi quattro numeri è tornata in versione cartacea, in edizioni limitate stampate a colori e numerate. Si trova solo nelle presentazioni che faccio in occasione dell’uscita e in qualche rarissima libreria che mi chiede di tenerne delle copie. Attualmente si trova a Roma da Giufà, a Bologna da Igor, a Milano da Gogol & Company e Verso. Chi vuole riceverla per posta mi può comunque scrivere.
Qual è la soddisfazione maggiore o inaspettata che ti ha dato la tua rivista?
Su ‘tina sono transitati autori di notevole livello. Gente come Tiziano Scarpa, Paolo Nori, Ilaria Bernardini, Marco Mancassola, Antonella Lattanzi o Piersandro Pallavicini hanno pubblicato qui alcuni dei loro primi racconti, e basterebbe questo per esserne contenti. Ma la soddisfazione maggiore è scoprire l’esistenza di fan inaspettati. Mi è successo, che ne so, di essere fermato da estranei alle fiere del libro solo perché volevano farmi i complimenti per la rivista. Oppure uno scrittore che quando mi ha conosciuto mi ha confidato di avere conservato sulla scrivania del suo pc per anni un racconto pubblicato su ‘tina, che teneva come personale modello a cui ispirarsi. Oppure un autore, che io non conoscevo, che quando ha pubblicato il suo primo romanzo me l’ha inviato perché era un lettore di ‘tina e ci teneva a farmelo sapere. Quel romanzo poi è diventato uno dei maggiori best-seller della letteratura italiana.
Ecco, questo tipo di incroci letterari, questi percorsi che si intrecciano, sono la cosa che mi piace di più di questa attività assurda di portare avanti una rivista.
Cos’è che ti ha fatto davvero cascare le braccia?
C’è un episodio a metà strada fra il fastidioso e il divertente che voglio raccontarti: verso la fine degli anni ’90 mi aveva scritto un lettore appassionatissimo di ‘tina che mi chiedeva consigli per fondare una propria rivista di narrativa. Io gli ho dato un po’ di dritte, quando però mi è arrivato il primo numero sono rimasto piuttosto perplesso perché era un calco esatto di ‘tina: stessa struttura identica, stesso tipo di racconti pubblicati, stesso uso delle introduzioni prima dei testi, usava persino le stesse formule di saluto con cui concludevo i miei editoriali. Dandogli il beneficio del dubbio e prendendola come un’ingenuità da debuttante, gli ho scritto di nuovo (e, credimi, con toni assolutamente concilianti) suggerendogli di trovare uno stile più personale. Lui si è offeso a morte e non solo ha interrotto ogni rapporto con me, ma ha anche cominciato a scrivere a tutti gli autori mai apparsi su ‘tina per proporre loro di pubblicare sulla sua rivista, come una specie di sgarro nei miei confronti. Una cosa un po’ ridicola. Mi sa che il tipo non era tanto a posto e l’attività si è fermata credo al secondo numero. Comunque l’idea che esistesse in circolazione un plagio di ‘tina mi era sembrata, persino allora, una forma di celebrazione non indifferente: avevo anch’io i miei tentativi di imitazione come La settimana enigmistica.
Cosa ti spinge ad andare avanti in questa attività così poco (o per nulla) produttiva?
Il fatto che piace a me e che non devo renderne conto a nessuno. ‘tina non ha mai avuto scadenze, obblighi, pressioni: faccio un nuovo numero quando ho tempo, quando ho raccolto un numero sufficiente di racconti di cui sono convinto. Come ho scritto nell’introduzione del numero 29 ‘tina rappresenta un po’ la compagna ideale, quella che non ti chiede niente ma quando vuoi sai che c’è: il segreto di una relazione eterna.