In Venere in Pelliccia, romanzo d’amoroso erotismo dell’autore austriaco Leopold von Sacher-Masoch – pubblicato nel 1870 e all’epoca fonte di profondo scandalo, divenuto nel tempo la bibbia pagana del masochismo – il protagonista, l’intellettuale Severin von Kushemski, parlando con Wanda von Dunajew, voluttuosa vedova, fulcro del suo bruciante desiderio nonché dei suoi più reconditi e implacabili timori, afferma: “Siamo tutti facili da spiegare. Quello che non siamo è … facili da districare.”
Il bandolo della matassa emozionale in ognuno di noi, donne e uomini, è altrettanto intricato da sbrogliare perché le pulsioni ci pervadono trascendendo ogni nostro controllo, risucchiandoci in vorticosi mulinelli dell’anima. Le donne sanno meglio navigare le tempeste emotive perché da sempre allevate ed educate all’ascolto e alla comprensione dell’intimo. Voi uomini siete in balia e in malia dei maremoti, capitani talvolta coraggiosi ma inesperti nell’arte di sondare e sentire nel profondo le scosse elettriche che rischiano di mandarvi in corto circuito e di farvi andare alla deriva.
Viviamo tempi cupi, abbiamo digitalizzato anche le emozioni, sembriamo automi sentimentali, inchiodati ai nostri schermi, sublimiamo vizi e reprimiamo istinti. Le conseguenze sono drammatiche e si riflettono in rapporti tossici, famiglie disfunzionali, cronache da brivido. Ahimè non caldo. L’uomo annaspa e spesso reagisce con primordiale violenza alle mutate condizioni di parità di genere. Viviamo un’epoca d’incombente maccartismo sessuale, analfabetismo emotivo e ignoranza amorosa, incapaci di gestire i moti dell’animo perché assuefatti a una realtà virtuale che ci fa sentire protetti, finendo con l’imprigionarci, all’interno delle nostre mura, fisiche e mentali, ma che ci priva del contatto, della condivisione (non di post e link…) dell’esperienza, anche della sofferenza e della gioia, di vivere dal e nel vivo i desideri con il risultato di diventarne vittime e arrenderci a una mera sopravvivenza emotiva.
La consapevolezza del sé è essenziale nell’affrontare le montagne russe delle pulsioni perché sono più potenti di noi e possono condurre a vette di piacere ma altresì ad abissi di disperazione. Pensatela come una sorta di cintura di sicurezza che consente di lasciarsi andare, Sacro Graal dell’estasi amorosa, senza andarsi a spiaccicare. Solo la conoscenza permette di assaporare i colori tutti dell’arcobaleno sessuale, sospinti da inebriante frenesia, consapevole incoscienza e assoluta dissoluzione. Le emozioni pretendono, e meritano, di essere toccate, palpeggiate, molestate.
Soccombere al desiderio è intimamente l’anelito di tutti. Anche voi uomini sognate di essere travolti e stravolti da insolita passione, sballottati dai sensi, rubando preziosi e rinvigorenti attimi di beatitudine al quotidiano, indulgendo in una fuitina emotiva in lidi remoti e sconosciuti. E’ un autentico toccasana scegliere di far ritmare le papille gustative del sesso, tralasciando l’abboffata di sesso spiccio per approdare a pietanze sessuali da vero gourmet dei piaceri della carne. In un mondo interconnesso e in estenuante contatto virtuale è quantomeno paradossale e surreale che l’iper-comunicazione dia luogo a schegge d’informazioni e, nello scenario più inquietante, a un’assenza di comprensione.
Fingiamo, rinneghiamo e rintaniamo le pulsioni perché spaventano e scombussolano ma altresì consentono di essere e sentirsi vivi, pulsanti, emozionati ed emozionanti. Il miglior rimedio contro paturnie e isterismi di massa.
Io sono una grande estimatrice di voi maschietti: mi fate simpatia, complicità, talvolta anche sangue. Non lesino critiche quando necessarie ma al tempo stesso le rivolgo anche alle mie sorelle – per comunione di vagina – e a rischio di incorrere nelle ire funeste delle Erinni in salsa #MeToo, affermo fiera che pure noi donne di questi tempi non stiamo messe molto bene e dovremmo imparare a rispettare i nostri intimi desideri. Potremmo anche imparare da voi a essere più basiche, sincere, meno contorte. Più vere. Di voi uomini invidio il cameratismo, quella vostra capacità tutta maschile di essere pratici e concreti, di sostenervi anche quando siete insostenibili.
Per ritornare alla citazione letteraria di prima, rivendico il sentimento di Wanda:
Voglio vivere come hanno vissuto Elena e Aspasia, non come le contorte donne di oggi, che non sono mai felici e non danno mai felicità. Che non vogliono ammettere di volere l’amore senza limiti.
Tutti noi esseri umani bramiamo l’amore senza limiti ma bisogna mettersi in gioco e affrontare anche i desideri più perversi. Le considerazioni di Sacher-Masoch furono scritte nel 1870. A un secolo e mezzo di distanza è scoraggiante e inquietante costatare come la contorsione emotiva non si sia appianata ma solo rinvigorita, generando un’abissale distanza tra Venere e Marte.
Concediamoci la voglia e il coraggio di essere animali consenzienti e senzienti. Vi consiglio di indagare e scoprire la vostra natura selvaggia e ferina, senza dimenticare che ogni rapporto d’amore si basa sull’incudine e sul martello, in un amoroso scambio di piacere e dolore, invertendo i ruoli di vittima e carnefice a vostro godimento.
Sono una vagabonda amorosa, una viandante sentimentale, una pellegrina erotica. Io batto le strade della vita, a piedi, con sensibile sfrontatezza, tumultuoso coraggio e dirompente audacia perché solo così la fortuna, il fato, la moira vengono in spirituale e magico aiuto. La fortuna aiuta gli audaci, recita un detto di antica saggezza.
La saggezza è essere folli, arsi, ebbri di vita.
Sempre in movimento e in compagnia di libri, quali prima scoperta del mondo.
Lettrice, viaggiatrice … Chi legge viaggia in primis con la mente, l’anima, il cuore poi si cresce e c’è chi smette di leggere. E c’è invece chi continua il viaggio di fantasia e lo trasforma in viaggio reale, spirituale, personale, emozionale. Il viaggio non ha mai fine. La vita sì.
Per questo non smetterei mai di andare.
Per tornare a riposare prima della prossima scorribanda erotica ed eretica. Libera, liberata, libertina.
Un po’ Bocca di Rosa, un po’ Ulisse, in eterno frenetico e febbrile viaggio di scoperta. Alla ricerca del me e dell’altro da me. Talvolta dirottata da tempestose tempeste emotive, scossa e sconquassata naufragata sugli scogli.
Altre approdata in porti ameni e primordiali paradisi pagani dei sensi, avvolta, riavvolta, riaccolta nel ventre materno, fluttuante nel liquido amniotico scivolando via.
Non essere mai in un luogo per esserci in tutti.
Mai qui o là ma semplicemente via.
Non avere mai un uomo per averli tutti.
Uno.
Nessuno.
Centomila.
I miei piccoli amori, come da arguto e malizioso libricino del 1912 che scovai alla Libreria sull’Isola di Stromboli nel maggio 2014, opera di una disinibita nobildonna tedesca.
In fin dei conti si fa in primo luogo ciò che dà piacere e perché dà piacere. E naturalmente è sempre qualcosa di diverso. Può anche essere amore, qualche volta, e “grande passione” un’altra, ma molte, molte altre volte è solo plaisir, avventura, situazione, cortesia, momento, noia e tutto il resto. Ogni gioco ha le sue particolari attrattive, e l’insieme di tutto ciò si potrebbe chiamare erotismo.
Quando mi piace qualcuno non mi curo affatto del suo valore interiore. Se per caso le due cose vanno insieme, tant mieux.
Da Piccoli Amori di Franziska zu Reventlow
La contessa – personaggio chiave dell’ambiente artistico fin-de-siècle e ardente sostenitrice dell’amore libero – nel suo ‘scostumato’ memoir è alle prese con un siciliano focoso, un inglese ormai maturo e un giovane poeta, ma anche con amori di una settimana o di una sola notte.
Come affermò lei stessa: Facevamo continuamente feste di addio, perché ogni giorno poteva essere l’ultimo. Alcuni uomini vogliono “salvarla”, altri “sposarla”, ma lei non ci casca, li desidera tutti senza complicazioni. Franziska vuole “collezionare esperienze”, può amarne più d’uno insieme. Ironica e disincantata, guarda con distacco alle pretese maschili di possesso, monogamia e fedeltà, e racconta l’erotismo come una vera religione di vita.
L’erotismo è anche la mia religione/ragione di vita.
“Allora lei non ha mai amato veramente,” quante volte me lo sono sentito dire e non ho risposto.
Più esatto sarebbe: non ho mai amato abbastanza a lungo. Per me ogni amore, anche il più serio, dura fintanto che io sono la più forte attrazione per l’uomo in questione. Poi finisce da sé.
Non ho mai avuto la pretesa di “possedere” un uomo interamente o di trattenerlo più del dovuto. Per far questo la vita è troppo breve. E chi mi ha voluto trattenere – è capitato di tanto in tanto – non è mai stato soddisfatto del risultato.
La mia incostanza è un tratto davvero bello e altruista.
Non mi diverte causare dolore agli altri.
Da Piccoli Amori di Franziska zu Reventlow
Io stessa sono incostante, provvisoria, abbozzata. E così lo sono altresì i miei amori, i miei scritti, le mie letture, i miei viaggi.
Ma nonostante tutto, continuo a ricercare, a viaggiare, a scrivere e ad amare. Non sono mai così felice come nel momento in cui, distante e ammirata, vedo fallire le mie imprese. Perché significa che può sempre accadere qualcosa di nuovo,
Di inaspettato.
Di imprevedibile.
Di sconosciuto.
In poche parole, la vita.