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Torcuato Luca de Tena. Le linee storte di Dio

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Arriva finalmente in Italia, dopo 44 anni dalla sua prima edizione spagnola, l’opera di Torcuato Luca de Tena, giornalista madrileno, conosciuto e apprezzato in patria ma praticamente sconosciuto nel nostro continente, in una pregevole edizione a cura di Ariase Barretta per le edizioni Vallecchi.

Le linee storte di Dio (titolo originale Los renglone storcidos de Dios) ci porta sin dalle prime pagine all’interno di in un antico monastero spagnolo situato nella Meseta castigliana, un suggestivo scenario in cui cielo e colline si fondono richiamando i colori delle tele di Velázquez, al cui centro svetta un’unica, imponente, costruzione: l’ospedale Nostra Signora della Fondazione.

Il punto di vista è quello di Alicia Almenara o, come preferisce farsi chiamare lei, Alice Gould, come la famosa studiosa di storia americana. Che si tratti di una coincidenza o di un primo accenno di schizofrenia, questo non ci è dato a saperlo. Quello che sappiamo però, è che Alicia non è una paziente come le altre: il suo ricovero presso la struttura è ciò che lei definisce un sequestro legale a opera del marito che l’accusa di aver cercato di avvelenarlo per tre volte. Alice ovviamente nega ogni cosa, fornendo una versione dei fatti completamente diversa che la vede nei panni di un’investigatrice privata incaricata da un cliente di indagare su un delitto ancora irrisolto ma i cui indizi l’hanno portata a pensare che il criminale si trovi rinchiuso in quella struttura. Ecco dunque spiegato il motivo della falsa diagnosi di malattia mentale e la sua volontà consenziente di farsi rinchiudere. Peccato che, al suo arrivo in struttura, il direttore del manicomio, Samuel Alvar, unico complice anche della falsa prescrizione di internamento non sia presente all’interno della struttura e il suo ritorno previsto non prima di un paio di settimane, trasformando quella che in apparenza doveva essere un’investigazione pianificata di qualche giorno in una reclusione forzata senza possibilità di rilascio.

Realtà o menzogna, l’intrigo imbastito da Torcuato Luca de Tena fa continua leva sul dubbio che si instaura nel lettore e che regge, granitico e stratificato, per tutta la durata della storia.

Chi è veramente Alice? È davvero una schizofrenica che ha tentato di avvelenare il marito? E come mai il direttore Alvar, una volta rientrato in servizio, non la riconosce come falsa malata mentale arrivando addirittura a imporsi perché le venga effettuato un trattamento sanitario forzato, generalmente riservato ai pazienti più pericolosi rinchiusi nella Gabbia dei leoni?

Alice è una donna dall’intelligenza straordinaria e un intuito fuori dal comune, una personalità apparentemente inscalfibile, dotata di grande attenzione per i dettagli e una spiccata predisposizione a sostenere anche gli interrogatori più serrati. La sua risposta pronta a ogni quesito è un’arma di difesa che mette in crisi ogni interlocutore allo stesso modo del lettore che non può fare a meno di chiedersi continuamente se tutto quello che sta leggendo sia vero o il frutto di un delirio cronico insito nella protagonista.

Alice Gould però è anche il tramite e il pretesto con cui l’autore ci fa entrare in contatto con un mondo a noi lontano. L’istituto è una cattedrale anarchica in cui si promuove una terapia che segue i dettami della corrente dell’antipsichiatria secondo la quale i pazienti sono malati e non necessitano di sbarre o letti di contenzione. All’interno della Nostra Signora della Fondazione vige un sistema aperto che prevede la socializzazione tra i reclusi, la possibilità di muoversi in spazi aperti seppur confinati e sorvegliati e che abbraccia alcuni aspetti della legge Basaglia del 1978 (forse non è una coincidenza che il romanzo sia uscito un anno dopo l’introduzione di tale normativa). In questo clima di apparente progressismo e riforme illuminate però, restano dei coni d’ombra in cui i pazienti più pericolosi vengono ancora trattati con camicie di forza e terapie disumanizzanti che spogliano (letteralmente) l’individuo di ogni sua dignità.

Così come l’Alice di Lewis Carroll si aggira stupita nella tana grottesca e psichedelica del Bianconiglio, allo stesso modo Alicia si troverà a visitare, volente o nolente, tutti i gironi della struttura in cui si trova rinchiusa. Partendo dalla Dogana, passando alla Sala dei reietti, per finire alla temuta Gabbia dei leoni, luogo di supplizi e trattamenti riservati ai reietti umani più disperati, il parterre di location e comprimari imbastito dall’autore è un freak show in grado di sconvolgere, affascinare, indignare e sconcertare (basti pensare alle agghiaccianti pagine dedicate alla Donna fisarmonica o alla Donna Gruccia).

Schizofrenici, dementi, maniaci, fobici, violenti… di personaggi iconici, la Sala dei reietti è colma. Ognuno con i propri traumi, i propri fantasmi, le proprie condanne: l’Ortolano, lo Gnomo, la Ragazza dondolante, il Triste cronico, l’Astronomo, la Statua di cera, la Scorbutica, il Finto muto, l’Uomo piangente, sono solo alcune delle anime smarrite che interagiranno con la protagonista lungo queste quattrocento pagine che si ha il piacere e la curiosità di leggere perché, oltre a imbastire una struttura investigativa solida e articolata, ci portano a contatto con una realtà istituzionalizzata che per anni ha concepito l’”anormalità” umana come una sventura, una condanna, il semplice errore ortografico di un Dio troppo sbadato.

A quarant’anni di distanza, il romanzo di Torcuato Luca de Tena brilla di un’attualità che non ha perso in potenza narrativa e comunicativa, sollevando quesiti, indignando per ciò che espone, aprendo riflessioni che sembrano voler tornare continuamente a quella frase in esergo di Heinrich Heine in cui ci si chiede “se la vera follia non sia altro che la saggezza, la quale, stanca di imbattersi nelle vergogne del mondo, ha preso la saggia decisione di impazzire”.

Qui forse sta tutto il senso dell’opera, il suggerimento ultimo.

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Stefano Bonazzi

Le linee storte di Dio

Torcuato Luca de Tena

Vallecchi Firenze

20,00 euro — 448 pagine

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