Un libro vero, una disamina psicologica dei tormenti dell’adolescenza è “Tu salvati” di Paolo Valentino. Attraverso un approccio e uno snodarsi mimetico, si può vivere o rivivere questo critico periodo della nostra vita, per il quale tutti transitiamo o rimaniamo come eterni adolescenti, avviluppati, irretiti, sofferenti da domande di senso, relative alla nostra reale essenza, alla dimensione della vita e della morte.
Non mi soffermo qui sulla sinossi che troverete nella bandella del libro, ma su tutte quelle emozioni che ho avvertito nel mio animo inquieto, credo quanto quello di Valentino, che con stile semplice ha voluto attraversare e penetrare con sicuro effetto quel glomerio magmatico di contorcimenti mentali che caratterizzano la fase più dolorosa e più decisiva della nostra vita: l’adolescenza. Qui il rapporto con se stessi, con le figure genitoriali, con gli amici, con la scuola, gettano gli individui in una congerie di domande di senso, in un diffuso disagio che può durare una vita intera. Un libro che riguarda tutti, nessuno escluso, che tormenta tutti attraverso un procedimento di immedesimazione che nasce vivo e ineludibile. Ditemi, infatti, chi non ha mai provato a vivere con difficoltà col suo corpo, questa prigione in cui un culo troppo grosso, come quello di Arianna, può produrre una sofferenza senza confini? O chi non si è mai sentito, nel mondo degli insegnanti, cui appartengo, demotivato e abbandonato a se stesso, in uno stato che latita? Quanto è vera, infatti, Bice, la professoressa che non ha più voglia di insegnare e che da tempo ha rinunciato all’amore! Come è possibile per me, per noi insegnanti, un processo di identificazione, che è il sale di un romanzo degno di tal nome! Identificazione proiettiva con catarsi del malessere è quanto fa di un libro un’opera universale: questo è” Tu salvati”. Un opera che coinvolge tutti, adolescenti e adulti in un processo di ripensamento sul proprio sé; certo un libro che fa anche soffrire, ma, ditemi, chi non ha mai patito durante l’adolescenza, sentendosi inadeguato ad affrontare la vita, cercando nel trucco e nel mascheramento una soluzione al male di vivere? In quel periodo assistiamo ad uno sdoppiamento di personalità: c’è una parte che indaga in modo inflessibile il proprio tumulto interiore e un’altra che ci soccorre e ci dice: Tu salvati! Ma non tutti si salvano, perché “ci vuole una grande fiducia per affidarsi alle mani di qualcun altro. Una grande fiducia, oppure una grande disperazione”. E nell’adolescenza si avverte nitido e netto questo bisogno di affidamento, ad un amico, un maestro, un genitore; ma, nel libro di Valentino, vero più che mai, i genitori sono spesso assenti e poco inclini a cogliere il disagio giovanile. Come avverte lo psicanalista lacaniano Recalcati, in questo periodo manca l’eros delle relazioni costruttive; i ragazzi sono soli e soli si macerano in un processo che dura anche una vita. La penna felice di Valentino non risparmia, pur in uno stile semplice e scorrevolmente dialogico, nulla a questa sofferenza, e credo che molto abbia sofferto nella composizione, perché chi è scrittore in senso pieno patisce in un procedimento di dolore/apprendimento. Ci troviamo anche di fronte al dramma della morte con il suicidio di Galdina Castaldi, che tutti conoscevano come Miss Cesso del Liceo; cosa l’ha indotta a togliersi la vita? Solo il mero fatto di essere brutta e sfortunata? Di fronte a questa morte, con connessi interrogativi, tutti i personaggi del romanzo si trovano a dover fronteggiare i propri fantasmi, nella fattispecie Arianna, che ha assistito suo malgrado al suicidio, e la professoressa Bice che l’ha incontrata poco prima che si facesse fuori. Questa professoressa ribolle come una pentola a pressione; la classe docente scoppia; lì si annidano grandi sofferenze quando ci si accorge che i valori non transitano, che i contenuti non interessano, che il buio della coscienza e il nichilismo strisciante sono i nemici del nostro secolo. Bice con la sua disillusione mi sembra la figura centrale del romanzo che fa da ponte tra tutte le figure adolescenziali che compaiono nel romanzo psicologico e di formazione, anche se un vero esito non c’è perché mi sembra di capire che il processo dell’adolescenza permane ad infinitum e tutti, giovani e meno giovani, rimaniamo imbrigliati dentro le dinamiche adolescenziali, che ci accorano, ma esprimono anche la nostra forza vitale. Rimanere eterni adolescenti significa aver la forza e la voglia di cambiare sotto l’impulso vitalistico; chi disconosce le sofferenze adolescenziali è, altresì, condannato a chiudere gli occhi sulla più intima essenza umana.