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Un paese di santi, navigatori e segaioli

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Un paese di santi, navigatori e segaioli

(leggere Graphic Novel is Back di Davide Toffolo e Saggezza di Eugenio Borgna)

 

Un paese di santi, navigatori e segaioli. Piange il cuore collegarsi a Periscope, la App da cui puoi fare dirette da tutto il mondo, e vedere che in Cile il popolo combatte e manifesta, in Russia fanno parate militari con anziani veterani in divisa, arabi in Rolls Royce con a fianco un rapace, e poi vedere scritto sullo scroll «Federico da Napoli: “Esco il cazzo”», oppure H3RO da Catania che, in diretta, chiede: “Qualche porca in webcam????????”, coi suoi infiniti punti esclamativi già di per sé lampanti nella loro vacuità.

In queste settimane ci ho passato parecchio tempo su Periscope, con l’intenzione di provare a fare brevi incontri letterari in diretta con estranei da tutta Italia. Parlare di cultura, di Zosimo di Panopoli, di Benedetto Croce e Wittgenstein. Ma le persone usano Periscope per fare vedere tette e farsi seghe. Nel resto del mondo non mi pare così sviluppato questo onanismo narcisistico, e la cosa mi fa pensare. Perché l’Italia del “chiagne e fotte” si è trasformata in “Chiagne&masturbati”?

Nel suo Graphic Novel is Back (Rizzoli-Lizard), Davide Toffolo in qualche modo racconta il disagio che pervade il suo personaggio: una sorta di alter ego dalle sembianze dello stesso Toffolo, sempre in lotta con Milano, Pordenone, la provincia, la musica, la sessualità, il rapporto uomo-donna, il sé. Toffolo racconta, fino allo sfinimento, attraverso la graphic novel, la difficoltà di essere centrati trenta-quaranta-cinquantenni un po’ famosi e un po’ no, un po’ inutili e un po’ no, un po’ incazzati e un po’ disillusi. Lo fa egregiamente con un’attitudine pop punk che non ha eguali nella narrativa contemporanea che va sotto l’etichetta «Autofiction». Federico da Napoli e H3RO sono solo vittime, all’interno di questo immaginario collettivo fatto di seghe, spasmodiche ricerche di altrettanto narcisistiche figure femminili che preferiscono masturbarsi in Cam, tirare fuori le tette, piuttosto di farsi una sana e vera scopata come ai vecchi tempi. Invece no. Tutti a presentarsi “solari”, “amanti dei viaggi”, tutti “amo la vita”, “mi piace ridere”. Poi li incontri e sono imbottiti di Xanax fin sulla punta dei capelli oppure li vedi ingozzarsi di carboidrati e farinacei provenienti da paesi sottosviluppati.

Toffolo lo racconta bene il malessere di chi, come il suo personaggio, è una punk star in pubblico, un fallito nella vita sentimentale, un disilluso che vuole continuamente cambiare umore perché non gli va di essere così cinico e realista.

L’immaginario collettivo, se dovessi basarmi su Periscope, non se la passa molto bene. Verrebbe da pensare che qui in Italia tutto sia ammantato dall’ipocrisia, dalla falsità. I vizi privati sono impoveriti, mediocri. Basta un collegamento on-line e uno smartphone. I vizi privati si esauriscono tutti nella tristezza solitaria di una sega in diretta mondiale. Le pubbliche virtù si esauriscono nei social. Questa considerazione mi mette una tristezza inenarrabile. La stessa tristezza di chi posta su Facebook la foto del nonno morto con la scritta: “Eri un grande uomo”. Ogni volta penso a quanta inettitudine e furbizia, ipocrisia e doppiezza è ammantata la vita di ognuno e quei volti anonimi, di nonni e zii morti, sono il correlativo oggettivo di tutta questa falsità. Mi spiace tanto. Provo dispiacere per tutti questi progenitori falsi, per questi nipoti che, morto nonno, lo elogiano su Facebook mentre la realtà se la ride alle loro spalle. Se questa è “la pancia del Paese”, questa panza è piena di peti e materia fecale.

Ha ragione lo psichiatra Eugenio Borgna, nel suo libro Saggezza (Il Mulino) a dire che il termine «saggezza», la prudenza, la sapienza, sono modi di vivere che sembrano ormai superati, e anzi temuti, perché estranei ai modelli oggi dominanti: la fretta, l’accelerazione, la tendenza a mettere tra parentesi i valori, il sacrificio, l’interiorità, la gentilezza, la generosità. Le fondazioni etiche della vita e dell’agire non sono più up-to-date, se mai lo fossero state. Ora vige la fragilità, l’incoerenza, l’ipocrisia. Persone piene di rancore, permalose. Qualcuno sbaglia casualmente un termine, posta la foto “sbagliata” e viene attaccato, isolato come un appestato. Questa la Weltalschuung del nostro mondo, italiano, contemporaneo. Dietro a un nickname c’è sempre il classico mister Hyde. In società c’è il caro e vecchio Dr. Jekyll che chiede sempre, simbolicamente, il reddito di cittadinanza (leggetelo come metafora, se riuscite a capirlo).

Mi ricollego a Periscope ora, prima di terminare il pezzo, sperando che questa mia analisi sia tutta sbagliata. Punto verso la Francia, vedo che da Lione un gruppo di ragazzi ha come nickname La citeee. Stanno facendo una diretta dall’auto e riprendono la strada, di notte, mentre parlano e ridono. A Lione sta piovendo. Dicono che vogliono andare da Auchan al Mac per mangiare qualcosa. Arrivano. Fine della trasmissione. Entro in Italia, guardo chi c’è in diretta. LOL sta trasmettendo da Martina Franca. Non si capisce se, dietro allo schermo, c’è un uomo o una donna, perché è tutto buio. Sento qualcuno respirare. Forse fuma. Scrivo sul monitor: “Ciao, che fai?” Una voce dietro al buio risponde:

“Sto riposando”. E’ una voce da uomo.

“Sei italiano?”

“No. Sono Armeno…”

“Va bene, scusa il disturbo.”

“No te preocupare” risponde tranquillo il tabagista.

Faccio un giro verso Roma perché vedo che c’è una diretta dalla città eterna. Beby Ice sta filmando la sua live con la scritta «Donne Gay e Trans 25 cm di puro merluzzo dell Alaska». Poi c’è l’emoticon della faccina sorridente. Beby Ice ha il cappuccio verde della felpa sul viso. Sta facendo vedere i suoi tatuaggi sullo stinco. Ha una corona tatuata sulla gamba e un piercing tra le narici. Un anonimo gli scrive: “Gambe piccole…”. Beby Ice risponde con accento romano: “Gambe piccole, merluzzo grande”. Poi lo sento bestemmiare e provare a parlare spagnolo “Tunoabbla italiano?”.

Mi scollego dalla App e la cancello dal mio tablet.

 

Leggi anche Il dattiloscritto del re dell’universo e altri scritti di Davide Bregola.

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