Al redattore del supplemento culturale da qualche anno non andava giù la politica del suo giornale. Che razza di supplemento culturale era un giornale che privilegiava la cultura bestsellerista, aveva tra i suoi collaboratori autori da classifica definiti “grande firme”, sbatteva scrittori di gialletti in copertina, intervistava scrittori cani sui massimi sistemi, Amore e Morte e Dio.
“Altro che supplemento, bisognerebbe chiamarlo detrimento culturale!” era solito lagnarsi il redattore, perché a guardarlo bene quell’allegato dava proprio l’idea di una sottrazione di cultura, invece di darne di più ne dava di meno. Di settimana in settimana le pagine si componevano davanti agli occhi del redattore come un puzzle beffardo, restituendogli l’immagine di un paese culturalmente annichilito. Se quel supplemento non era nulla, al massimo un’aggiunta di pagine in linea con le tendenze egemoniche dell’editoria, una cassa di risonanza per quei titoli e scritture poco meritevoli di cui già si parlava alla nausea, uno spazio per libri già chiacchierati e premiati, allora figuriamoci cos’era tutto il resto…
Poi un giorno al redattore venne l’idea. Come aveva fatto a non pensarci prima? Per rimettere a posto le cose sarebbe bastato fare il supplemento del supplemento. Un giornale ancora più piccolo, come formato e numero di pagine, una cosa minuscola, un foglietto da posologia di medicinale, da sorpresa di Ovetto Kinder, destinata a quella parte dei lettori più esigente e curiosa, colta e appassionata.
“Poco più di un petalo di rosa”, lo definì con un ghigno felice il redattore.
“Lo vorrebbe allegare all’allegato?” chiese abbastanza perplesso il direttore.
“Sì, è esatto. Solo poche pagine, potrebbe occuparsene la redazione”.
“Lei dice che in questo paese c’è voglia di cultura?”
“Abbiamo diseducato la gente, ma penso che una piccola porzione dei nostri lettori ne abbia ancora voglia, sì”.
Il direttore, un po’ a malincuore, acconsentì a un numero di prova. Il supplemento del supplemento nell’idea del redattore avrebbe dovuto aprirsi con una sorta di editoriale che ne spiegava le ragioni.
“Oggi allegato al supplemento troverete un altro supplemento, si tratta di un giornale davvero speciale, senza marchette, senza regolamenti di conti tra gruppi di potere, senza pubblicità e senza classifiche, una cosa nuova, diversa, dedicata a chi non si accontenta”, scrisse il redattore, prima di interrompersi e cominciare a fissare il vuoto. Improvvisamente si rese conto che quell’operazione, negli intenti così nobile, forse era impossibile.
Il numero di prova comunque uscì, anche se la maggior parte delle persone non se ne accorse. A dirla tutta non se ne accorse nessuno, neanche il direttore. Solo lui, il redattore, con un brivido inquieto e una punta di sincero turbamento raggiunse l’edicola per comprarlo.
“Oggi c’è anche il supplemento, vero?” farfugliò all’edicolante che gli passava il giornale.
“Certo, come ogni settimana”, gli rispose, come se fosse una cosa da nulla.
Eh no, pensò tra sé il redattore, quella settimana non sarebbe stata uguale alle altre. Aprì il giornale, sfogliò le pagine con mani tremanti. Alla fine arrivò al punto, trovò la sua microscopica oasi utopica. Dentro il supplemento c’era come un’ostia di pagina, pronta a sbriciolarsi. Il redattore riuscì a vederla solo perché sapeva che c’era. Era completamente bianca.
Luca Ricci