Carlo Sperduti con Resli Tale, Un tebbirile intanchesimo, Piè di Mosca edizioni, 2023.
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Un tebbirile intanchesimo è un leporello, cioè un opuscolo che si apre a fisarmonica, scritto da Carlo Sperduti e illustrato da Resli Tale. È una fiaba, ma una fiaba dislessica che lavora sull’errore del suono, sull’inversione e gli scambi di lettere. La scrittura, sembra innata e non prestabilita, alla casualità è offerto un margine ampio di creazione, il produttore, o meglio il processore della storia, si situa nel minoritario, nella falla linguistica, nell’errore (l’errore permane tale, però, non si fa dogma e ulteriore norma). La fiaba e la sua faiba sono questo galateo impossibile nel bosco categorico dei generi letterari. Carlo Sperduti, oltrepassando la sua scrittura medesima, risponde alle domande chiedendoci il senso di, spalancare finestre e non chiudersi in, e lo fa rendendo forma desiderante la scrittura stessa, tra le risposte, anzi, ripone altre scritture…
Gianluca Garrapa
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Genesi e desiderio del tuo libro.
Genesi
Costruire una macchina con pezzi poco familiari. La macchina ha uno scopo parzialmente o totalmente ignoto, non si sa o non si sa del tutto cosa produrrà, se produrrà qualcosa: costruirla con rigore scientifico, poi azionarla e stare a guardare: tutto sembra funzionare e in effetti funziona: a qualcosa la macchina porta.
E però certi pezzi sono stati montati male o non erano quelli, non li avevo capiti. Tutto procede, non si sganghera almeno in apparenza, fa alcune cose che potevo aspettarmi altre no.
Desiderio
Altre no pure in chi legge, magari tutte o almeno la maggioranza.
Desiderio realizzato (bonus track)
Mostrare la macchina a Resli Tale, chiederle di costruirne un’altra: le due macchine appaiate fanno una terza macchina: se ne ottengono altre cose che non ci aspettiamo o sì.
Per Resli un treno è nonono.
Quando scrivi, godi?
Nelle falle della lingua, depressioni e malfunzionamenti, deragliamenti, la sensazione di trovarmi dall’altra parte a guardare ed essere il guardato, non orientarmi, le finestre dove c’è solo un muro, la ricerca a patto di non trovare. Infilarmi in queste cose.
Non capita sempre sempre sempre: ad esempio possono farmi male gli occhi e allora non godo, tipo strofinio di peperoncino, capsaicina diffusa: ma pure quello è utile, pure da lì magari altre finestre, si fanno giri larghi oppure il muro non lo vedo e vado dritto.
Non è sempre necessario rimontare i pezzi. Anzi.
Un estratto dal libro che è risultato più difficile o particolarmente importante: perché?
Estraggo due parole, entrambe riferite alla protagonista. Una è la più facile una tra le più difficili entrambi importanti.
La più facile il nome proprio: Fabia genera il genere dalla sua difficoltà linguistica: è Fiaba per definizione.
Il suo ruolo è invece controverso: è una strage o una sgreta, essendo strega? Basandomi principalmente sul suono per questo racconto ho infine optato per sgreta: la tentazione di farne una strage però è stata forte lunghissima quasi vincente quasi invincibile in prima stesura era proprio una strage e invece è una strage evitata.
Se non fosse scrittura, cosa potrebbe essere il tuo libro?
Manca il pentagramma: scrittura lo è, immagine lo è diventato grazie a Resli: ci sarebbe da inventare la sumica atadda. Oppure una costruzione, mi piacerebbe un tebbirile lapazzo a inversione.
Che rapporto hai con la censura?
Un rapporto fortunato cioè nessuno, tranne l’auto in certi casi ma non ho la patente.
La censura dall’esterno l’affronto a finestre spalancate: ho installato censuriere su ogni soglia, non ci incontriamo.
Per te scrivere è un mestiere o un modo di contestare lo status quo?
La non contraddizione sarebbe l’ideale. Che fai di mestiere? Sbrindello status quo. Pagano bene? Si campicchia, poi le soddisfazioni signora mia…
In mancanza di, mi colloco in contestazione. All’editoria preferisco la scrittura: in questo momento le due cose non sembrano potersi (felicemente) incontrare, se non in rarissimi casi e ricercati (almeno da me, che ne trovo alcuni ma ci sono troppi ma, allora cerco di crearne io stesso e qui ti voglio, ariecco i ma: si muovono in branchi e predatori).