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Una rivolta. Intervista a Enrico Prevedello

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Per Le Tre Domande del Libraio su Satisfiction questa settimana incontriamo lo scrittore padovano Enrico Prevedello, dal 27 settembre in libreria con un nuovo romanzo dal titolo “Una rivolta. Orizzonti e confini del Nord-Est”, pubblicato da Nottetempo.  L’autore è cresciuto in provincia di Padova e ha pubblicato racconti in varie riviste, un reportage narrativo nel volume Gli estinti della Trilogia normalissima di CTRL Magazine (2021) e un romanzo, Le stelle mobili del sottosuolo (NEO, 2022).

Enrico, ci vuoi raccontare il tuo percorso nel mondo della scrittura e come sei arrivato a Nottetempo e, poi, soprattutto da dove nasce l’idea iniziale e l’urgenza di raccontare un “romanzo verità ” e questa vicenda di cronaca che, in una certa maniera, ti ha toccato in prima persona ?

Nel corso degli anni ho scritto inseguendo illusioni diverse fra loro. Adesso credo che siano le illusioni a essere evocate dalla scrittura, e che stia tutto lì: abitare in un mondo in costruzione, portare l’attenzione a ciò che è in divenire e ancora non ha una forma, pensare l’inconcepito, percepire relazioni che prima non esistevano e stare in questo incanto più tempo possibile.
Scrivo per due motivi: fiction per inventare spiriti e poi invitarli nel mondo che calpestiamo; non-fiction per tuffarmi nei limiti che danno forma alla realtà e sondarli come un palombaro si calerebbe in una linea, giù verso l’infinito fino a dove arriva il cavo.
Ho scritto questo libro come si lavora a una contrattura, con forza, pazienza e fiducia. Parlo di qualcosa che è capitato al papà di un mio amico, ma anche alla sua famiglia e a tutte le famiglie coinvolte nella storia, a tutti noi, al nostro tempo, al nostro territorio che è un paese ma è anche un pezzo d’Italia, un pezzo di tutte le terre in cui ci sono persone che si chiedono (oppure no) se sono un popolo o solo gente che per caso si abita vicino.
Qualche anno dopo il mero fatto di cronaca ho accettato che quello che accade in una relazione resta lì fino a quando non lo affrontiamo, anche se ad aver agito non siamo stati direttamente noi.
Sono arrivato a Nottetempo dopo aver capito che per scrivere questa storia avrei dovuto mettermici dentro anche io, come narratore e personaggio che partecipa a creare quel mondo, così da raccontare le relazioni mentre queste vibrano.

Nel libro si racconta la storia degli indipendentisti veneti e la biografia di uno di loro, Luciano Franceschi, che, nel febbraio del 2013, sparò ad un direttore di banca, Pier Luigi Gambarotto, ferendolo gravemente. Enrico, ti va di spiegare ai nostri amici lettori forti, che ci leggono su Satisfiction, la Storia nel dettaglio e i personaggi e i luoghi che caratterizzano questa tua narrazione particolarissima?

Luciano Franceschi è prima di tutto il padre di Arturo, di cui sono amico fin dall’asilo. Assieme abbiamo passato l’infanzia e l’adolescenza, durante le quali ho conosciuto Luciano con uno sguardo neutro, di uno che sta solo osservando quello che fanno i grandi.
È stato il bottegaio di Borgoricco, un piccolo paese della provincia di Padova in cui siamo cresciuti, perso tra campi e fabbriche, imbrigliato in una centuriazione romana che dopo quasi duemila anni ancora lo fa somigliare a qualcosa di ordinato e prevedibile.
Faceva altri due lavori, Luciano: era presente ai mercati col suo furgone dei freschi, la sera si dedicava a un allevamento di maiali – a turno col fratello Enzo, proprietario del caseificio adiacente alla bottega. Tutte queste attività imprenditoriali sono state avviate negli anni Cinquanta dalla mamma di Luciano ed Enzo, Antonia. Dalla lei poi Luciano ci è tornato, dopo aver sparato al direttore della sua banca, ai domiciliari.
Nel libro cerco di capire come sia arrivato a trovarsi nell’ufficio con la pistola in mano, e nella ricerca metto in dubbio la possibilità di trovare una risposta unica e definita, ovvero una sagoma prestampata e morta.
Il fatto che sia stato un indipendentista veneto spiega solo una parte, o forse non spiega nulla. Ma lo racconto, racconto la nascita dell’autogoverno veneto assieme ad altri venetisti, racconto il rapporto e il litigio con la Lega Nord, la differenza tra autonomia e indipendenza, e racconto le rivolte che Luciano ha fatto da bambino agli anni passati in carcere, fino alla fine, fino a quando ha avuto voce. Racconto le nostre famiglie, i nostri lavori, il nostro sognare e quello che è accaduto quando si è smesso di farlo. Parlarne trasforma una terra in un territorio.

Una rivolta si insinua tra le pagine della cronaca dei movimenti indipendentisti del Nord Italia con il preciso intento di raccontare territori che conosci molto bene e tracciare una mappa affettiva e sociale del Veneto. Ci vuoi dettagliare come è stato lavorare a questo testo dal punto di vista formale per rendere il tuo proposito così credibile ?

Sono partito dalla ricerca e dallo studio: le leggi, gli statuti e le dichiarazioni emanati dall’autogoverno veneto, il diario che Luciano ha scritto in carcere, le sue lettere, le mie interviste a lui, a sua madre e ad Arturo; i libri scritti da altri venetisti, altri libri scritti da non venetisti sugli stessi argomenti, storici e politici. Poi ho fatto un passo dentro anche io, ho messo il mio punto di vista e i miei ricordi, cercando di portare chi legge assieme a me in questa che per me è stata una ricerca, un’avventura, la storia di una scoperta e assieme la perdita di un vecchio modo di capire il mondo.
Ho cercato di non usare il giudizio nel mio procedere, perché giudicare è il contrario di scoprire, lo si fa da fermi e io avevo bisogno di procedere, scendere il più possibile.
Alla fine ho capito qualcosa che porterò con me nei prossimi viaggi, e che spero di aver saputo condividere anche con chi mi accompagna attraverso la lettura.

Buona Lettura di “Una Rivolta. Orizzonti e confini del Nord-Est ” di Enrico Prevedello

Antonello Saiz

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