Irriverente, trasgressivo, divertente, innovativo, folle, coraggioso, indipendente sono solo alcuni degli aggettivi per raccontare il mio amico Vasco Rialzo. Una vera scoperta. Vasco, pseudonimo di Emanuele Cimatti, nato a Bologna, irrompe sulla scena come un Arlecchino a viso scoperto. Una piroetta, una battuta sagace con accento emiliano e fa subito simpatia. Io ed Emanuele ci siamo conosciuti qualche mese fa a Un Po Diverso, Un Po di Eros, festival della letteratura e arte erotica che, da dieci anni, si tiene a Zibello (PR). Entrambi presentavamo i nostri ultimi lavori: io portavo il mio Diario erotico sentimentale di una signora perbene (edizioni Pizzo Nero) e Vasco il suo Materiale fragile, libro indipendente e rocambolesco come il suo autore. Emanuele è infatti un guascone senza macchia e senza paura. Cresciuto all’ombra delle due torri, ama Bologna come si ama un’amica di letto, senza pretese o troppe aspettative. E nei suoi scritti il profumo dei portici che portano a San Luca è palese nonostante abbia vissuto a Barcellona. Cimatti/Rialzo è arrivato alla scrittura tardivamente: “a 38 anni, dopo una vita spesa tra rettili e tartarughe. Ero impegnato infatti nella ricerca universitaria” si è trattata di pura casualità: scriveva lunghe email agli amici perduti nelle ramblas di Barcellona dove raccontava avventure erotiche sentimentali un po’ vere e un po’ inventate, così, per farli divertire. E, dal reportage tecnico scientifico, il passo a scrivere seriamente è stato breve. “Ho scelto uno pseudonimo. Vasco in omaggio al grande cantante e Rialzo ad una storia che negli anni novanta circolava a Bologna su uno strano virus che procurava un’erezione permanente. E visto che mi piaceva scrivere racconti a tema erotico, mi sembrava un abbinamento perfetto”.
Un’amica lo esorta a pubblicare i suoi scritti. Così esce nel 2008 con Chilliens (edizioni Uni Service). Questo romanzo definito hardcore, ripubblicato poi con l’editore Il Faro nel 2014, ha un titolo che desta molta curiosità in quanto si tratta di un neologismo inventato per indicare le donne. Nonostante l’erotismo sia la sua cifra, con Danilo Masotti scrive Bologna senza via di mezzo e l’anno dopo Barcellona senza vie di mezzo, due inconsuete e pazze guide Pendragon per chi vuole vivere la città fuori dai soliti circuiti turistici.
Nel 2012 esce Adeu. Romanzo techno e underground, vede protagonista Olindo, un personaggio atipico con tratti che ricordano per l’irriverenza certi caratteri di Pier Vittorio Tondelli. Si tratta, infatti, di un dj bolognese sgarrupato, completamente privo di pudore che vive alla giornata, lasciandosi trasportare dagli eventi. Dopo aver accettato un ingaggio di lavoro improvviso, si trova immerso nella vita notturna di Barcellona tra feste, tapas, donne facili e locali. Olindo è un antieroe dai tratti decadenti, un inetto che aspira a una vita inimitabile senza avere la forza del superuomo: rifugge l’impegno, scappa davanti alla responsabilità e si nega la felicità. Pertanto, nonostante il ritmo incalzante di serate alcoliche e sfacciate, si trova a venire a patti con la sua umana debolezza. Olindo, se per la sua goffaggine, mi ricorda anche Coliandro, il detective nato dalla penna di Lucarelli e diventato protagonista di una nota serie tv, non è un uomo banale è solo nichilista e non nutre speranze “penso alla morte. Alla mancanza di senso di tutto”. Come alcuni personaggi di Welsh non è nato con la camicia, non guarda mai l’orologio e va a letto quando la gente normale si sveglia per andare in ufficio. Prende la vita come viene. Ma alla fine si è comprensivi con Olindo, gli si perdona tutto: l’arroganza, la superficialità e la mancanza di savoir faire, perché essere Pan in fondo è un’altra via alla rivolta. Adeu è un romanzo dove indubbiamente la fisicità è strabordante tanto che il corpo diventa protagonista assoluto con i suoi umori, sapori e odori. Il sesso è selvaggio, sudato e sporco. Non c’è spazio per il romanticismo come per la riflessione. Se il protagonista indugia, infatti, rischia di dover venire a patti con la sua inconsistenza. Pensare, infatti è un atto doloroso: “la luce mi invita a brevi riflessioni. Difficile che siano lunghe. Ho paura di me stesso, in questi momenti. Perciò sono effimere”. Lo stile di Vasco, accostato da alcuni critici al grande Bukowski, sia in Adeu sia in Materiale fragile è ritmato come un brano techno. Nelle opere di Rialzo la prosa procede con periodi brevi e paratattici, dove la parola risalta scarnificata e isolata. Emerge nella sua essenzialità. L’ambientazione dei romanzi è quella della scena elettronica, dei suoni undreground e della sperimentazione dove tra luci e penombre ci si dimentica di esistere. I letti sono quelli anonimi di un albergo e poco importa se si confonde il giorno con la notte in una casa spoglia.
Con Real Doll (edizioni Epika 2015), invece, offre ai lettori una raccolta di racconti nati dopo un periodo complesso “in quanto stavo modificando assetti affettivi”. La raccolta che si presenta come “un viaggio dentro le relazioni” racconta impietosamente quanto siano effimeri i rapporti umani. La relazione tra uomo e donna è presentata senza orpelli e fronzoli. Effettivamente non c’è spazio per il sentimentalismo, per la progettualità e la condivisione. La coppia scoppia o resta un incontro di due solitudini. Anche i titoli sono categorici, lapidari: Cuba, Orco, Boia, Piattola, Pozza di sangue, Real Doll… termini duri, privi di tenerezza, essenziali che rimandano semanticamente a un orizzonte desolato. Il sesso, senza filtri e privo di pudore e l’abile utilizzo della punteggiatura spezzano il respiro. “Sicuramente è una scrittura scomoda, pornografica”, sottolinea l’autore. Pornografica forse perché è vera, aggiungo io. Il sesso fa parte della vita, come mangiare bere e respirare. Si tratta di una scrittura iper realista, dove le persone vestono l’abito della normalità e tutti nell’amplesso trovano momentaneo conforto alla loro disperazione. Se in Real Doll noto un profondo pessimismo per cui non c’è scampo per l’amore e le relazioni sono destinate a naufragare, in Materiale Fragile (auto pubblicato con Amazon nel 2020) invece fa capolino un segnale di riscatto e di speranza. Vasco Rialzo è un autore coraggioso perché non solo ci mostra che forse è possibile seguire altri circuiti fuori dal tradizionale mondo editoriale, ma innova il modo di fare presentazioni letterarie creando un rapporto dialogico con forme artistiche quali il teatro e le performance musicali. Per lui, infatti, il libro è un’esperienza viva. Per questo ha scelto la formula proposta dalla libreria bolognese Modoinfoshop di via Mascarella. Questa, infatti, ha avuto l’idea di pubblicare piccoli libri di 40 mila battute da vendere senza copyright. Così Il diavolo beve spritz presenta una forma smart e, grazie alla traduzione in spagnolo, è felicemente sbarcato nella Penisola Iberica dove lo stile sincero e insolente di Rialzo è particolarmente apprezzato. In Italia non è facile per un’autrice o un autore affrontare il tema della sessualità. Concordo con lui quando dice “Nel nostro paese prevale un forte senso di ipocrisia e persiste una non cultura. Il sesso, che dovrebbe essere la cosa più spontanea e naturale, fa paura”. Vasco però mi rivela che il suo pubblico di riferimento sono soprattutto donne. “Gli uomini, dice, sono ancorati ad un modello machista e non accettano di vedersi raccontati nelle loro défaillance durante l’atto sessuale. Hanno sorprendentemente pudore.” Nietzsche in Umano troppo Umano scriveva non a caso “gli uomini non si vergognano quando pensano qualcosa di sporco, bensì quando immaginano che si attribuiscano loro questi pensieri sporchi”.
Ilaria Cerioli