Benvenuto su Satisfiction   Click to listen highlighted text! Benvenuto su Satisfiction

Vinicio Capossela 52

Home / Spike / Vinicio Capossela 52

Oggi è il 14 Dicembre 2017. Sono sveglia dalle sei, in generale dormo poco e mi alzo sempre con una volontà nella testa o con l’esigenza fisica di ascoltare qualcosa. E’ passato qualche giorno dal concerto di Vinicio Capossela a Roma, che volevo recensire come ho sempre fatto del resto. Poi ho pensato che oggi era il suo compleanno e quindi mi sono detta che forse più che una banalissima mia recensione avrei potuto scrivere una mia banalissima serie di ricordi legati alla sua figura. Alla domanda -cosa fai nella vita- è sempre bello rispondere sorridendo e potendo dire ” ah beh scrivo di musica sul Manifesto, su Rockon, Satisfiction, etc etc. Mi occupo di musica insomma, quando nella mia testa lo so benissimo che è la musica ad occuparsi di me.

Il primo ricordo su Vinicio Capossela risale agli anni 2000, in quella ridente e cupa cittadina di Forlì. Io arrivo, l’Università, la fuga dalla propria terra. Tenevo il mio cappotto lungo, più o meno mi trascinavo come Tom Waits. Ero pazza di Tom Waits, lo sono ancora e quell’andamento me lo porto ancora dietro, come mi venne detto allora “tu sei una Tom Waits donna” e ripetuto ieri tra l’altro da un mio amico. Capossela non lo sopportavo, mi sembrava troppo simile a Tom Waits. Questa cosa mi portava ad avere un rifiuto fisico nei confronti della sua musica. Ma la mia amica Valentina insisteva, insisteva. Nell’insistere andai dal mio spacciatore di dischi dei tempi, un piccolo negozietto, una fabbrica dei sogni musicali, in Via Roma a Forlì e lì comprai un po’ di roba di Vinicio. Restavamo senza soldi pur di comprare un cd ed era tutto bellissimo. Ai tempi c’era quella foga , quel momento sistematico dove entravo lì, compravo musica, tornavo a casa e nella stanza di Valentina ascoltavamo sempre con grande emozione. Era tutto bellissimo. Iniziarono ad esserlo anche gli album di Capossela. Non sono però mai diventata una “caposseliana” negli anni. Non andavo ai suoi concerti, e mi lasciavo indietro tante cose. Però l’ho seguito nel suo percorso musicale, gli anni mi sono passati addosso insieme alla sua musica e l’altra sera all’auditorium conciliazione me li sono ritrovati proprio sulla spalla, gli anni. La giornata non era iniziata benissimo. Un freddo che odio, non sapere cosa mettere,l’estetica è importante sempre. Non vi fidate di quelli che fanno finta di uscire di casa come se fossero scappati da uno zoo. Prima di vestirmi però nel mio palazzo c’è stato un black out. Niente luce, niente caffè, niente. Non potersi guardare allo

specchio per una vanitosa come me fu un brutto schiaffone prima di un evento a cui tenevo molto. Ho fatto a piedi dal gianicolo a San Pietro e nel camminare mi dicevo per non morire dal freddo ” vedi Vinicio che mi sto gelando solo per venirti a sentire” . Ho la fortuna di avere sempre bambini accanto a me al concerto di Vinicio. Questa volta c’era una bimba, ricciolina biondissima, sei anni al massimo con il suo papà. Mi guardava strano, forse per via del cappello e ha iniziato a fissare il nome di L. Cohen sul mio braccio sinistro. Io di tanto in tanto le sorridevo, e poi mi chiedevo chissà perchè una bambina così piccola si diverte così tanto ad un concerto di Capossela. E lei si divertiva, era evidente. Io ero un pò pietrificata all’inizio, dopo il concerto di Nick Cave non riesco più a stare ad un concerto senza annoiarmi. Poi ho pensato che se anche quello di Vinicio mi avrebbe annoiata, per me sarebbe stata la fine più o meno. Mi sono sempre divertita come una pazza, non so se i pazzi si divertono, ma è un espressione che sento sempre dire, che poi se i pazzi li chiudono vuol dire che non sono poi così felici o ai normali piace la tristezza? Bu non lo so.

Da Capossela mi sono sempre ritrovata in un altro mondo, un’altra fantasia, una specie di giostra su cui sali una volta ogni tanto, fai un giro velocissimo a testa in giù, risali non vomiti e scendi di corsa. Nella realtà sono terrorizzata dalle giostre. Quindi questa immagine che accosto ad un concerto di Capossela per me è molto significativa. Non mi sono annoiata, per fortuna. Vinicio è una specie di mago. Un prestigiatore di note musicali. Sono terrorizzata nel salire su una giostra, ma amo molto i Luna Park vuoti. Le giostre ferme, il silenzio, piccole cose che si muovono per terra. Mi piace il bianco e nero di un Luna Park. Se devo paragonare Vinicio Capossela ad una canzone che io amo tantissimo, che mi riporta alla dimensione del bambino, del Luna Park vuoto, del sogno costante beh credo che lui sia la mia ” cold cold ground” di Tom Waits. Non è una canzone che ascolta spessissimo ma è una di quelle di cui ho bisogno . Ci sono quelle canzoni di cui hai proprio bisogno quando ti devi sforzare di accumulare ricordi che siano solo belli. Accade nel momento in cui ti rendi conto che qualcuno o qualcosa ti strappa un pezzo di carne e per ricucire hai bisogno di sogni, ricordi, immagini disegnate nella propria mente che siano pure e non c’è cosa più pura della dimensione del gioco del bambino, anche se in bianco e nero.

Crescendo poi negli anni, avendo la malsana fortuna di fare questo mestiere, ovviamente ti ritrovi in mezzo ad un baraccone infinito di gente e spettacoli, dove sai benissimo che ad una certa ora tutto finisce e si torna a casa. E invece no. Se proprio ho deciso di fare questo mestiere, che di fondo economicamente non è uno spettacolo d’arti almeno decido in alcuni momenti che le luci devo spegnerle io. Ad un Primo Maggio, mi pare di due anni fa, mi ero un pò fissata che dovevo per forza di cose abbracciare Vinicio. Ero con una mia amica nella zona stampa, ovviamente qualche cosa di vino in corpo c’era. Però quando avevo visto arrivare Vinicio mi sembrava bellissimo, con questo cappelo nero in testa, quella camicia bianca. Insomma alla fine credo l’una di notte ho fatto di tutto pur di salutarlo. Certo, da giornalisti non si fanno queste cose, in questo Paese devi darti un contegno, non sei mica una fan. Si, va bene. Come dite voi, quando lo dite voi, ma nelle vostre vite. Grazie. Credo di averlo tirato verso di me Vinicio, gli ho detto grazie, l’ho abbracciato. Lui fu gentilissimo. Mi avevano detto sempre che non era proprio un amante di queste cose, che di carattere non fosse docilissimo. In questi casi poi mi intestardisco ancora di più. Quindi quella sera fu il primo episodio di incontro con Capossela. Certo il vino mi aveva levato quella timidezza che in condizioni normali mi sarei caricata addosso come un sacco di patate pieno.

E invece andò bene così. Il mattino dopo un po’ mi sono vergognata. Mi dicevo -ma non avrò esagerato? Quindi mi sono fatta mandare ad una trasmissione in radio, dove lui era presente e io in mezzo al pubblico. Non mi chiedete cosa sono andata a fare, ovvero in realtà volevo un attimo presentarmi e chiedergli magari scusa, non lo so. Insomma sono andata lì, poi alla fine gli ho chiesto una foto. Ho una bella foto con Vinicio, io sorrido come un uovo di Pasqua, onestamente non ho mai visto un uovo di Pasqua sorridere però ero tonda in viso , e lui non era infastidito. Ovviamente non mi sono presentata, non ho detto nulla. Mi piace fare la fan cretina ignorante che non sa niente. In realtà non mi piace parlare, quindi va bene così. Poi sono andata ad un suo concerto, l’anno scorso. E’ lì ho capito perché Capossela è la mia cold cold ground. Finito il concerto ho fatto a piedi da sola dall’auditorium a casa mia. Più o meno due ore di cammino, una della notte. L’ho fatto perché lo sapevo che camminando non avrei perso tutta quella serie di sensazioni e sogni che il concerto mi aveva lasciato. Mi era sembrato in quel momento che Roma fosse il mio Luna Park gigante, senza nessuno. Ed avevo la testa piena di cose da scrivere. Tutti sanno che io sono ossessionata da L. Cohen, la figura più importante della mia vita, come si sa che amo De Gregori.

Ma attraverso la musica di Vinicio mi capita di avere un flusso immediato o una specie di fuoco che mi porta a scrivere per forza. Ogni volta che esco da un suo concerto devo scrivere. Questa per chi scrive è una delle sensazioni più importanti perché scrivere ti toglie la rabbia, il rancore, ti leva quella parte di pelle che difficilmente strapperesti con le tue mani. E invece la scrittura si. Sono tornata a casa, dalle 2 fino alle tre ho dormito. Poi avevo puntato la sveglia alle 4 e ho iniziato a scrivere la recensione. Poi l’ho rivisto a Più libri più liberi. Mi sono fatta autografare un libro di Cohen, scomparso da un mese. E lo tengo stretto quel ricordo. A Luglio invece, io ero già in Calabria, mio fratello il 7 doveva sposarsi ma mi arrivò un comunicato stampa della presentazione dello Sponz Fest a Roma il 5 Luglio. Ovviamente sono risalita. Volevo vedere Capossela, boh capire un po’ lo Sponz. Certo alle conferenze stampe non capisco mai niente o almeno faccio finta di essere lì così per caso. Quindi non faccio mai domande, in realtà memorizzo tutto, vedo i volti, gli occhi, chi fa finta di essere chi e di sapere cosa. A me onestamente non me ne frega niente, né di salutare uffici stampa, né di fare finta che tutto sia bellissimo, né di fare finta di avvicinarmi e dire “che bello anche tu qui, come stai”. La mia indole mi porterà sempre a stare in disparte, non ci posso fare niente, non ce l’ho con nessuno e non è un sentirsi superiori o forme di arroganza è che davvero trovo tutto inutile. Quelle che comunemente vengono definite pubbliche relazioni le ho sempre trovate aberranti…già l’accostamento delle due parole pubbliche e relazioni per me non ha un senso.

Quindi durante la conferenza c’era il vino, il cibo e io lì che mi muovevo. Però in mezzo a quelli dello Sponz c’era una persona che ho quasi sentito subito amica, non so per quale motivo, quelle affinità immediate. Uno di quelli che non si avvicina per finta, o che fa finta di darti un abbraccio. Quindi mi sono fidata di Michele Maffucci, uno dei pochi gentiluomini che io abbia incrociato. Lui mi ha presentato Vinicio e ovviamente io ho detto poco e nulla. Ripeto non amo proprio parlare. Poi quando è finito tutto stavo tornando a casa e alla fine invece grazie a Michele sono rimasta a pranzo con loro. Devo dirvi la verità credo di non aver mai bevuto così tanto vino in vita mia ma non per colpa o merito suo eh. Avevo Capossela accanto a me, l’ho osservato mentre mangiava, cercavo di dire qualcosa di intelligente ma niente. Ho solo bevuto. Però lo ascoltavo mentre parlava e devo dire la verità dei tanti che io ho conosciuto e avuto il piacere di intervistare, credo che mi sia rimasto impresso per l’intelligenza e il modo con cui spiegava le cose. Solo un altro artista che ho avuto il piacere di intervistare e conoscere mi aveva lasciato questa immagine di intelligenza stupefacente, ovvero Giovanni Lindo Ferretti. L’intelligenza è veramente rara oggi. Quindi non è una cosa banale questa. Non l’ho mai intervistato però , perchè non lo so. Alla fine questo scritto per cosa?

Perchè oggi è il compleanno di Vinicio Capossela, 52 meraviglie. E’ un modo per augurargli il meglio non lo so,il meglio di questo mondo non so proprio dove trovarlo, augurargli tutto sicuramente e in fondo per ringraziarlo anche. C’è bisogno di artisti intelligenti e forse Vinicio è quello più intelligente del panorama musicale italiano. Non c’è un altro Vinicio e non credo che ci sarà, onestamente. Sono certa che non diventerà mai un baraccone, ma che rimarrà sempre un Luna Park strepitoso . Un giro sulle giostre nella vita va fatto sempre, di tanto di tanto ma va fatto. Ah dimenticavo ho la copertina del suo ultimo album che mi feci autografare in una Feltrinelli. Quel giorno avevo aperto tutta la copertina e l’avevo portata stesa davanti a Vinicio. Mi ricordo che disse ” l’hai stesa come una tovaglia da tavola” . Ovviamente io non dissi niente, però mi fa sorridere ora a pensare che poi proprio a tavola ho potuto apprezzarlo. Quella copertina in bianco e nero, di lui che scende per le colline della cupa e nella polvere, è appesa nella mia stanza , accanto a due immagini di Cohen in bianco e nero. Sono le prime immagini che si vedono entrando , che guardo prima di dormire e quando mi sveglio. Rappresentano il sogno e la realtà. Se Cohen è la sola realtà che conosco, Capossela rappresenta quella parte di sogno vissuto, avuto da bambina, la mia cold cold ground, il mio Luna Park. La casualità ha voluto che oggi fosse il suo compleanno e che io avessi bisogno di un giro di giostra.

Auguri a Vinicio Capossela, anche questa notte se n’è andata come una fucilata.

Click to listen highlighted text!